martedì 3 dicembre 2013

POVERTA' COME LIBERTA' E CONDIVISIONE



S. Domenico scelse la povertà a imitazione degli Apostoli come elemento non marginale della predicazione. Voleva ridare ai cristiani una Chiesa libera, semplice e vicina. E si fece povero, realmente, per predicare il Vangelo.
“Chi incontra Cristo che predica la verità e converte i peccatori, sarà trascinato nel suo stesso servizio, e vivrà la povertà innanzitutto come libertà di fronte a tutto e di fronte a tutti.” (A.Pigna) 
La povertà, come la vede Domenico, è libertà nell’annunciare il Vangelo, nel difendere il povero e denunciare la menzogna. Vivere la povertà, come domenicani, implica dunque lo studio, cioè la ricerca umile della verità.
Il voto di povertà abbraccia, come gli altri voti, tutto l’essere del religioso. E’ povertà teologale, ossia della nostra vita spirituale, che ha bisogno di Dio, che sarà sempre fragile. E’ la povertà di un cuore che impara ad amare senza possedere nulla e nessuno. E’ anche, e deve esserlo, povertà materiale.
Il voto di povertà non è non possedere niente, ma neppure semplice distacco morale dalle tante ricchezze possedute. Se non guardiamo all’umanità e concretamente ai poveri, ai sofferenti, non possiamo vivere il voto di povertà. La contemplazione ci preserva dalla fuga e dall’orgoglio: cioè ci spinge alla solidarietà che rifiuta l’indifferenza e che accetta la condivisione. I poveri ci aiutano a fare teologia nel mondo e non fuori, con la nostra vita e non con i soli libri. 

Dunque, due aspetti importanti. Il primo, essere poveri con i poveri, accettare la sfida di una vita semplice, di una sobrietà, e questa è una sfida ben attuale e concreta. Questa accettazione è anche un riconoscere che non possiamo tutto e che senza condividere la vita dei poveri, senza essere dalla loro parte, non possiamo capirli, amarli, aiutarli come fratelli, riconoscere la loro dignità e la loro forza. 
“La povertà accetta di guardare l’uomo per se spesso, senza nulla di ciò di cui lo coprono tutti i modi di possedere.” (Sylvie Robert)
L’altro aspetto della condivisione, è quello di riconoscere che abbiamo delle ricchezze che altri non hanno e dobbiamo metterle a servizio. Farlo in modo coraggioso, come S. Domenico che vendette i suoi preziosi libri durante una carestia, perché non voleva studiare su quelle pelli morte mentre altri morivano di fame. E’ un aspetto che ci fa capire il valore positivo delle ricchezze: possibilità offerte per condividere. La più grande ingiustizia fatta ai poveri, oggi, è l’accumulazione di beni. Condividere è il segreto per non cadere in questo peccato, per cui la condivisione non è più carità: è l’altro nome della giustizia.

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