Quando la Chiesa istituisce una giornata a tema, e per il
2015 addirittura un anno intero, vuol dire che ce n’è proprio bisogno. Stiamo
parlando della giornata e dell’anno per i consacrati e le consacrate. La
liturgia di questa domenica è davvero molto ricca e significativa, per questo
vi lasciamo qualche spunto di riflessione a partire dal Vangelo di Luca
2,22-40.
Questo brano non riguarda i consacrati in senso stretto come
siamo abituati a pensare (suore, sacerdoti, frati.. ecc), ma ciascuno di noi,
consacrato, cioè riconosciuto come figlio di Dio a partire dal battesimo. La
consacrazione quindi ci accomuna tutti, ci rende tutti figli di Dio.
Gesù nell’ottavo giorno, il giorno della circoncisione, viene accolto formalmente nella comunità di
Israele, vi appartiene giuridicamente. Il testo ci proietta subito, da questo
momento della circoncisione, all’adempimento delle promesse che costituiscono
l’essenza dell’alleanza tra Dio e Abramo, menzionando esplicitamente
l’imposizione del nome Gesù, cioè “Dio salva”.
Dal quarantesimo giorno si susseguono altri 3 avvenimenti
importanti dal punto di vista giuridico:
-
La purificazione di Maria
-
Il riscatto del figlio primogenito Gesù mediante
il sacrificio prescritto dalla Legge
-
La presentazione di Gesù al Tempio
Maria offre un sacrificio di purificazione, com’era
prescritto nel Levitico per i poveri: due colombe. Luca, il cui intero Vangelo
è pervaso da una teologia dei poveri e della povertà, ci fa capire che la
famiglia di Gesù era annoverata tra i poveri di Israele e proprio tra loro
matura l’adempimento della promessa. Maria non ha bisogno di essere purificata,
ma obbedisce alla Legge e serve così all’adempimento della promessa, alla
purificazione del mondo portata dalla nascita di Gesù.
Il secondo avvenimento tratta del riscatto del primogenito,
considerato proprietà incondizionata di Dio, che avveniva attraverso il
pagamento di una somma in denaro ad un sacerdote. Luca mette insieme il
riscatto con la presentazione, come a dire che questo bambino non “ritorna” proprietà dei genitori, ma viene “consegnato”
personalmente a Dio nel Tempio. La parola tradotta con “presentare” significa
anche “offrire”, quasi un richiamo agli elementi del sacerdozio e del sacrificio che avvengono nel Tempio. È
importante che tutto questo sia avvenuto nel Tempio di Gerusalemme, luogo dell’incontro tra Dio e il
suo popolo: diviene ora anche il luogo dell’offerta pubblica di Gesù a Dio suo
padre. Questo gesto in un certo senso lo ritroviamo oggi nei riti di
consacrazione all’interno della vita religiosa, atti nei quali “i consacrati”
offrono pubblicamente la loro vita a Dio: come a dire, ricordiamoci che siamo
tutti un dono di Dio da “riconsegnare” nelle sue mani.
Nel Vangelo di Luca segue poi una scena profetica. Simeone e
Anna, mossi dallo spirito di Dio, rappresentanti l’Israele credente, compaiono
nel tempio per salutare Gesù. Simeone attende la consolazione di Israele, vive
proteso verso la realtà redentrice di Colui che deve venire. La parola tradotta
con consolazione è quella attribuita allo Spirito Santo “Paraclito” in
Giovanni. Egli è l’uomo giusto e pio, che vive nella e della Parola di Dio.
Simeone è un uomo che spera e attende, è un uomo attento
alle chiamate di Dio, alla sua presenza e per questo anche profeta; così
dovrebbero essere anche i religiosi,
uomini e donne capaci di sperare perché attendono un incontro che verrà,
presenti nel luogo dove Dio abita (allora il Tempio, oggi?), pronti a
riconoscere in un povero bimbo la promessa attesa, profeti di salvezza per
tutta l’umanità, annunciatori di Gesù “luce per rivelare Dio alle genti.”
Siamo quindi tutti chiamati a “presentare, riconsegnare” la
nostra vita a Dio, sull’esempio di Gesù, Luce che rivela il volto del Padre, e
la vita religiosa diventa per l’umanità “offerta pubblica”, riconsegna a Dio di
se stessi per ricordare a tutti che apparteniamo a Dio, che siamo figli di Dio
nel Figlio. Il documento del Concilio
Vaticano II Perfectae caritatis, sul
rinnovamento della vita consacrata, chiedeva ai consacrati di vivere tale offerta
nella “fedeltà al Signore, alla Chiesa, al proprio carisma e all’uomo d’oggi”.
Ricordavamo poco sopra che il 2015 sarà un anno dedicato
alla Vita Consacrata: un tempo in cui Papa Francesco invita i religiosi a fare memoria grata del passato, ad abbracciare
il futuro con speranza e a vivere il presente con passione.
Fare memoria grata del passato è riconoscere e confessare la
propria debolezza, ma anche gridare con forza e gioia tutto il bene condiviso e
vissuto!
Abbracciare il futuro con speranza è vivere questo tempo di
crisi che opprime la società, le persone, la vita stessa come un momento
favorevole (il Kairòs) per crescere in profondità, per un di più d’amore.
E, infine, vivere il presente con passione, ossia
lasciandosi coinvolgere dalla vita di chi ci è accanto, entrando in comunione
profonda, condividendo gioie e sofferenze, è ciò che rende bella la vita di chi
anche oggi si pone al seguito di Gesù.
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