Continuiamo la
pubblicazione dell’intervento di p. Timothy Radcliffe (9).
Suggerirei tre passi. Dobbiamo imparare ad aprire gli occhi e a
vedere i volti di quelli che ci stanno davanti. Con quale frequenza apriamo
realmente gli occhi per guardare il volto delle persone e vederle per come
sono? Brian Pierce, un domenicano degli Stati Uniti, sta per pubblicare un
libro che paragona il pensiero di Meister Eckhart, il mistico domenicano del
XIV secolo, con quello di Thich Nhat Hanh, un buddista del XX secolo. Per
entrambi l’inizio della vita contemplativa è stare nel momento presente, quello
che il buddista chiama «coscienza». È reale solo il momento presente. Sono vivo
in questo momento, e pertanto è in questo momento che posso incontrarmi con
Dio. Devo imparare la serenità di smetterla di essere inquieto per il passato e
per il futuro. Ora, il momento presente, è quando comincia l’eternità. Eckhart
chiede, «Cosa è oggi?». E lui risponde «eternità».
Nell’Ultima Cena Gesù afferrò il
momento presente. Invece di inquietarsi per quello che aveva fatto Giuda, o
perché i soldati si stavano avvicinando, egli visse il momento presente, prese
il pane e lo spezzò e lo offrì ai discepoli dicendo, «questo è il mio corpo,
offerto per voi».
Ogni eucarestia ci immerge in
questo presente eterno. È in questo momento che possiamo farci presenti
all’altra persona, silenziosi e quieti in sua presenza. Ora è il momento in cui
posso aprire gli occhi e guardarla.
È perché sono tanto occupato
correndo da tutte le parti, pensando a quello che succederà dopo, che può
capitare che non veda il volto che ho di fronte, la sua bellezza e le sue
ferite, le sue gioie e le sue pene. La castità, insomma, implica aprire gli
occhi!
In secondo luogo, posso
apprendere l’arte di star solo. Non posso star bene con la gente a meno che non
sia capace di starci bene solo alcune volte. Se la solitudine mi fa paura,
allora accoglierò altra gente non perché mi diletti in essa ma come soluzione al
mio problema. Vedrò la gente semplicemente come un modo per riempire il mio vuoto,
la mia spaventosa solitudine. Pertanto non sarò capace di rallegrarmi con loro per
il loro stesso bene.
Perciò è quando uno sta con
un’altra persona, che è veramente presente, e quando sta solo che s’impara ad
amare la solitudine. Se non è così, quando uno sta con un’altra persona, si
attaccherà a lei e la soffocherà!
Infine, ogni società vive delle
sue storie. La nostra società ha le sue storie tipiche. Spesso sono storie
romantiche. Il ragazzo conosce la ragazza (o a volte il ragazzo conosce il
ragazzo), si innamorano e vivono felici per sempre. È una bella storia che capita
di frequente. Però se pensiamo che è l’unica storia possibile vivremo con possibilità
molto ridotte.
La nostra immaginazione ha
bisogno di essere alimentata con altre storie che ci parlino di modi di vivere
e amare. Abbiamo bisogno di aprire ai giovani l’enorme diversità di forme nelle
quali possiamo trovare significato e amore.
Per questo erano tanto importanti
le vite dei santi. Ci mostravano che c’erano diversi modi di amare eroicamente.
Come persone sposate o singole, come religiosi o laici. Mi sono commosso molto
per la biografia di Nelson Mandela, The long road to freedom. È un uomo
che ha dato tutta la sua vita per la causa della giustizia e dell’abbattimento dell’apartheid,
e questo ha significato che non ha avuto la parte di vita matrimoniale che
anelava, visto che ha passato anni in carcere.
Così il primo passo della castità
è scendere dalle nuvole.
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