mercoledì 29 gennaio 2014

Beato Enrico Susone


Il 16 aprile 1831 papa Gregorio XVI confermò con decreto, l’approvazione del culto del beato Enrico Suso (Seuse) da secoli considerato tale dall’Ordine Domenicano, da filosofi, teologi e dalla Chiesa tedesca.
Nacque il 21 marzo di un anno tra il 1293 e il 1303 a Costanza e secondo notizie pervenutaci del 1512, ebbe come padre il nobile von Berg commerciante, di sentimenti non religiosi e come madre una Seuse di Uberlingen donna piissima, Enrico prese il nome della madre.
A 13 anni entrò nel monastero dei domenicani di s. Nicola sull’isola di Costanza, dove perfezionò gli studi umanistici e seguì la vita regolare del monastero. A 18 anni ebbe una visione della Sapienza eterna di cui divenne fervente apostolo, fu chiamato per questo Amandus, cominciò così una vita d’intensa preghiera, penitenza e unione con Dio, volle incidersi sul petto il monogramma IHS quale segno di totale appartenenza a Cristo.
Studiò filosofia in vari conventi e teologia nella casa principale di Colonia dove ebbe occasione di ascoltare “le dolci dottrine del santo Maestro Eckhart”. Venne coinvolto nel processo per eresia che fu intentato contro Eckhart, fondatore della mistica speculativa tedesca, e dovette discolparsi anche lui davanti ad un capitolo dell’Ordine Domenicano tenutosi ad Anversa nel 1327.
Nel 1330 lasciò le sue pesanti penitenze e l’isolamento e si dedicò allo scrivere e al ministero delle anime, rivelando la sua dottrina e le sue esperienze spirituali. Si spostò da Costanza alla Svizzera, alla Renania, all’Alsazia; e nel monastero delle domenicane di Toss, trovò in Elisabetta Stagel di Zurigo, una pia e saggia raccoglitrice dei suoi racconti e insegnamenti.
A seguito della lotta fra il papa avignonese Giovanni XXII e Lodovico il Bavaro, una parte dei domenicani lasciò Costanza e con essi Enrico Suso, era ancora esule quando nel 1343 imperversò la carestia e lui come priore dei frati esuli, dovette provvedere al necessario per tutti.
Nel 1348 rientrò a Costanza dove fu gravemente calunniato da una giovane donna, dovette trasferirsi in un altro convento e se pur gli fu riconosciuta la sua innocenza, non tornò più a Costanza. Dal 1348 a Ulma continuò il suo ministero delle anime, nel 1362-63 redasse l’Exemplar che contiene la gran parte dei suoi scritti in tedesco. Morì il 25 gennaio 1366.
Grande filosofo tedesco, fu il discepolo più fedele del Maestro Eckhart, è considerato il più amabile dei mistici germanici e forse di tutti i mistici, dote che corrispondeva al suo carattere, egli vuole essere compreso dal cuore, Enrico Suso dice che l’altissimo grado di vita spirituale consiste nell’unione con Dio in visione, amore e gaudio inesprimibile, e compendia così l’unica via che conduce a Dio: deporre la forma creata, formarsi con Cristo, trasformarsi in Dio.
Scrisse il “Libriccino della verità”, il “Libriccino della Sapienza eterna”, l’”Horologium sapientae”, il “Libro delle lettere” con 11 epistole e altre opere ascetiche e religiose. Fu nei Paesi d’Oltrealpe l’autore più letto prima dell’avvento dell’”Imitazione di Cristo”.
Il beato non fu sepolto nella comune fossa dei frati, ma deposto nella chiesa del convento di Ulma; fino al 1531 davanti alla sua tomba ardeva da secoli una lampada e una lapide attestava il culto a lui dedicato.
Tanti santi si sono a lui ispirati nella ricerca della spiritualità eletta; è rappresentato in tantissime opere d’arte di artisti insigni, una sua statua fa parte del gruppo della Madonna del Rosario col Bambino posto sul campanile della Suso-Kirche in Ulma.
Da “Il libretto della vita perfetta”
Prologo: Sull’abbandono interiore e sulla buona distinzione che si deve avere nella ragione

Ecce enim veritatem dilexisti, incerta et
occulta sapientiae tuae manifestasti mihi.
Ecco, tu ami sincerità di cuore e
nell'intimo mi hai manifestato la tua sapienza.

C’era un uomo in Cristo che s’era esercitato, nei suoi tempi giovanili, secondo l’uomo esteriore, su tutti i punti in cui sono soliti esercitarsi i principianti, ma restava inesperto l’uomo interiore quanto al suo più alto abbandono, e lui sentiva bene che qualcosa gli mancava, ma non sapeva che cosa. Avendo trascorso così lungo tempo, molti anni, ebbe una volta un raccoglimento, nel quale fu tratto in se stesso e gli fu detto così internamente: «Devi sapere che l’abbandono interiore porta l’uomo alla più alta verità». Però quella nobile parola gli era allora barbara e sconosciuta, e aveva tuttavia molto amore per tale cosa, ed era spinto assai fortemente verso questa stessa cosa [pensando] se prima della morte potesse arrivare a conoscerla chiaramente e conseguirla a fondo. Così giunse a essere avvertito e ispirato che nello splendore di quella medesima immagine vi stesse nascosto un falso fondo di disordinata libertà, e vi stesse ricoperto un grave danno per la santa cristianità. Egli se ne spaventò e sentì per qualche tempo in se stesso una ripugnanza verso la chiamata interiore. E una volta ebbe in se stesso un forte rapimento, e gli si fece lume da parte della divina Verità, che non doveva avervi nessun abbattimento; perché è sempre stato e dovrà essere sempre che il male si celi dietro il bene, e non si deve perciò rigettare il bene a causa del male. E intese dire che nell’Antico Testamento, quando Dio per mezzo di Mosè operò i suoi veri miracoli, i maghi vi mischiarono i loro falsi; e quando venne Cristo, vero Messia, vennero alcuni altri e dimostrarono falsamente di esserlo ugualmente. Ed è così dovunque, in ogni cosa, e perciò il bene non si
deve rigettare con il male, ma si deve scegliere mediante una buona distinzione, come fece la bocca divina. E spiegò che non fossero da rigettare le buone immagini ragionevoli, che tengono sottomessa la loro chiara ragionevolezza al pensiero della santa cristianità, né che fossero da temersi le massime ragionevoli che contengono una buona verità riguardo a una vita perfetta; perché esse dirozzano l’uomo e gli mostrano la sua nobiltà, l’eccellenza dell’Essere divino e la nullità di tutte le altre cose, ciò che giustamente, al di sopra di ogni cosa, incita l’uomo al vero abbandono. E così tornò al precedente modo di vivere di un vero abbandono, verso cui era stato esortato. Ora desiderò dall’eterna Verità che gli desse una buona distinzione, per
quanto fosse possibile, tra gli uomini che hanno di mira un’ordinata semplicità, e alcuni che hanno per scopo, come si dice, una libertà disordinata, e gli insegnasse quale fosse il retto abbandono, per mezzo del quale potesse giungere dove doveva. Gli fu risposto in maniera luminosa che tutto ciò doveva avvenire secondo il modo di una spiegazione per similitudini, come se il discepolo domandasse e la Verità rispondesse. E fu anzitutto rinviato al nocciolo della Santa Scrittura, da dove parla l’eterna Verità, perché vi cercasse e vedesse ciò che ne avessero detto i più dotti e i più sperimentati, ai quali Dio ha

aperto la sua Sapienza nascosta, com’è indicato qui sopra in latino, o che cosa ne ritenesse la santa cristianità, in modo che restasse nella verità certa. E gli si fece luce così.

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