sabato 25 gennaio 2014

SALMO 15 (14)

Questo breve salmo fa parte delle “liturgie d’ingresso”, dove c’è sempre un aspetto penitenziale.
C’è il richiamo a un culto non formalistico, il culto deve esprimere il legame della preghiera con la vita. Troviamo tale richiamo anche in altri luoghi biblici, in particolare in Michea (6,6-8) e Isaia (33,14-16).
Nella sua forma poetica il testo presenta una linearità che fa pensare a un testo ufficiale e impegnativo. La domanda iniziale viene probabilmente rivolta da un fedele al sacerdote in servizio alle porte del tempio (tenda). La risposta contiene le norme fondamentali dell’etica, della sociologia e del diritto d’Israele. Più che una norma legalista, il salmo fa riferimento a un atteggiamento permanente di vita.
“Non far del male al prossimo” è la regola d’oro che troviamo in Tobia, in Gesù stesso, ma anche nel buddismo e in altri sapienti orientali. Questo cammino di giustizia e di carità porta alla stabilità di chi confida nella roccia di Jahweh, di cui è simbolo il colle Sion, altura su cui fu costruito il tempio di Gerusalemme.



Signore, chi abiterà nella tua tenda?
Chi dimorerà sul tuo santo monte?

Colui che cammina senza colpa,
agisce con giustizia e parla lealmente,
non dice calunnia con la lingua,
non fa danno al suo prossimo
e non lancia insulto al suo vicino.

Ai suoi occhi è spregevole il malvagio,
ma onora chi teme il Signore.
Anche se giura a suo danno, non cambia;
presta denaro senza fare usura,
e non accetta doni contro l'innocente.
Colui che agisce in questo modo
resterà saldo per sempre.

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