lunedì 13 maggio 2013

LA GRANDE SVOLTA


La grande svolta che realizzò S. Domenico fu di pensare un ordine religioso inserito nella città, anzi nel cuore delle grandi città in piena crescita come quelle universitarie dell’inizio del XIII sec. La vita religiosa fino a quel momento rappresentava un movimento di distacco dal mondo. Certo, dalla loro fioritura in Occidente, i monasteri furono grandi centri di cultura intorno ai quali si svilupparono piccole città. Ma il movimento religioso dell’età d’oro del medioevo era più in favore di un ritorno all’essenziale: alla preghiera, a una vita cristiana vissuta con radicalità evangelica e dunque più libera dalle preoccupazioni del mondo. Sorgevano così nuovi ordini, a volte frutti di riforme di ordini preesistenti: Certosini, Cistercensi…

Questo ideale di ritorno al Vangelo, Domenico lo perseguiva con ardore, come tanti. Ma ne vedeva la realizzazione in modo molto diverso: il secolo precedente aveva assistito alla nascita delle prime università. Le città universitarie erano diventate i nuovi centri di cultura ma anche di convergenza umana perché ci arrivava una popolazione soprattutto giovane, istruita o desiderosa di esserlo, venuta da varie regioni dell’Europa. Nel cuore di queste metropoli piene di vita e di scienza Domenico voleva seminare le comunità dell’Ordine. Perché? Perché i suoi studiassero e predicassero, ma anche fondassero nuove comunità. Ne fondarono tante e molti studenti e anche professori si aggiunsero ai Frati.

Visto con i nostri occhi, si può dire che fu proprio questo il gesto innovatore di Domenico: cercare, nelle università, nuovi operai del Vangelo. A pensarci bene, ci vorrebbe oggi un San Domenico per avere il coraggio di parlare di vita religiosa ai giovani durante una pausa, in un corridoio dell’università di Bologna o di Torino. Quanto si osa parlare ancora di vita religiosa come scelta di vita? Se ne parla sempre meno, spesso con un po’ di disagio. “Agli universitari no, perché ormai non ci pensano più”. “Ai ragazzini pure no, sono ancora troppo giovani”. Oggi, certo, non siamo più ai tempi di Domenico. Egli non fu un malinconico desideroso di ritornare al passato ma un appassionato del Vangelo che lo visse nelle sfide del suo tempo. Ma non è forse una sfida per i nostri tempi ridare la presenza di una vita religiosa gioiosa di Dio e di fraternità, che sappia anche dire ai giovani: “Vieni e vedi”?

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