mercoledì 8 maggio 2013

Mendicante

Mendicante resto
- prima che donatore - 
di amicali intese...

D.M. Montagna, Pistoia, 13 aprile 1986

Bella questa immagine del mendicante, dell'uomo mendicante amore. Un uomo che non può essere ciò che non ha. Un uomo che ha bisogno d'amicizia, d'affetto, di potersi riconoscere negli occhi di un suo simile. Un uomo debole, bisognoso di tenerezza...

Credo che dal profondo, che nell'intimo, chiunque possa riconoscersi in quest'atteggiamento. Allora come mai ci lasciamo così trasportare e confondere da messaggi sociali  che sotto ogni aspetto tendono a celebrare l'uomo diametralmente opposto?

Se non sei sicuro di te non vali nulla, se non hai le idee chiare sei un fallito, se hai bisogno di un abbraccio sei un perdente, un debole. 

Cosa c'è di sbagliato nel riconoscersi fragili, bisognosi degli altri? Cosa c'è di sbagliato nel constatare di non avere le risposte a tutti i problemi della vita? Eppure le mani di Dio da sempre ci avvolgono e sempre ci sostengono, ci rialzano e ci portano.



Tutta questa frustrazione che ci accompagna, tutta questa incertezza, soprattutto nelle giovani generazioni non è forse data dal non riconoscere questo nostro bisogno profondo d'amore e tenerezza? Tanti meccanismi sociali giocano su questa fatica creando inutili e falsi bisogni che ci danno l'illusione di essere meno soli. Abbiamo perso la capacità di stare da soli per ritrovarci proficuamente negli altri. 

Insisto: guardiamoci! Tutti di corsa, al telefono, con la musica nelle orecchie, a sballarci con gli amici al bar o in discoteca, sempre davanti a uno schermo, televisivo o del pc. Questo modo di stare al mondo non riguarda solo i giovani. Mi stupisco nel constatare questi atteggiamenti in adulti: padri e madri di famiglia impegnati ad occuparsi e ad occupare le ore ai loro figli nelle attività ludiche più disparate; pensionati palestrati che affollano i reparti del già pronto ai supermercati; religiosi e religiose iper tecnologizzati che non sanno usare a pieno le macchine super lusso che hanno a disposizione. Eccetera.

Rioccupiamo il silenzio, la solitudine, per saper riconoscere e vivere bene lo stare insieme, il bisogno di socialità dell'uomo, che oggi è frustrato e schizzofrenico, non s'accontenta più dell'essenziale, vuole ciò che non desidera.

Una vita che riconosce per sè tutto questo è una vita densa di mistero, umile, riconciliata a sè e al tempo. Non ci si affanna per niente, non si ha paura ... si attende con fiducia e disposizione, si affronta la vita mendicanti d'amore, deboli, ma non per questo sopraffatti.

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