domenica 31 maggio 2015

All'origine c'è un legame d'amore





Santissima Trinità - Anno B

In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

Sulla teologia della Trinità il Vangelo non offre formule o teorie, ma il racconto del monte anonimo di Galilea e dell'ultima missione affidata da Gesù agli apostoli.
Tra i quali però alcuni ancora dubitavano. E la reazione di Gesù alla difficoltà, alla fatica dei suoi è bellissima: non li rimprovera, non li riprende, ma, letteralmente, si fa vicino. Dice Matteo: «Gesù avvicinatosi a loro…». Ancora non è stanco di avvicinarsi, di farsi incontro. Eternamente incamminato verso di me, bussa ancora alla mia porta. E affida anche a me, nonostante le mie incertezze, il Vangelo.
Battezzate ogni creatura nel nome del Padre, del Figlio, dello Spirito. I nomi che Gesù sceglie per mostrare il volto di Dio, sono nomi che vibrano d'affetto, di famiglia, di legami. Padre e Figlio, sono nomi che l'uno senza l'altro non esistono: figlio non c'è senza padre, né il padre è tale se non ha figli. Per dire Dio, Gesù scegli nomi che abbracciano, che si abbracciano, che vivono l'uno dell'altro.
Il terzo nome, Spirito Santo, significa alito, respiro, anima. Dice che la vita, ogni vita, respira pienamente quando si sa accolta, presa in carico, abbracciata.
Padre, Figlio, Respiro santo: Dio non è in se stesso solitudine, l'oceano della sua essenza vibra di un infinito movimento d'amore. Alla sorgente di tutto, è posta la relazione. In principio a tutto, il legame. E qui scopro la sapienza del vivere, intuisco come il dogma della Trinità mi riguardi, sia parte di me, elemento costitutivo di Adamo, creato da principio «a sua immagine e somiglianza». In questa frase, decisiva per ogni antropologia cristiana, mi è rivelato che Adamo non è creato semplicemente ad immagine di Dio, Creatore o Verbo o Spirito, ma più esattamente, e più profondamente, a somiglianza della Trinità. A immagine di un Padre che è la fonte della vita, a immagine di un Figlio che mi innamora ancora, di uno Spirito che accende di comunione tutte le nostre solitudini.
La natura ultima dell'uomo è di essere legame d'amore. Io sono uomo quanto più sono simile all'amore.
Fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli... Il termine battezzare nella sua radice significa immergere. Immergete, dice Gesù, ogni creatura dentro l'oceano dell'amore di Dio, rendetela consapevole che in esso siamo, ci muoviamo, respiriamo.
Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo. Non dimentichiamo mai questa frase, non lasciamola dissolversi, impolverarsi. Sono con voi, senza condizioni, dentro le vostre solitudini, dentro gli abbandoni e le cadute, dentro la morte. Nei giorni in cui credi e in quelli in cui dubiti; quando ti sfiora la morte, quando ti pare di volare. Nulla, mai, ti separerà dall'amore.

Ermes Ronchi

sabato 23 maggio 2015

Lo Spirito ci fa liberi, è vento nel mare di Dio




Domenica di Pentecoste - Anno B

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio.
Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».



Gli Atti degli apostoli raccontano la Pentecoste con i colori dei simboli: il primo è la casa. Mentre si trovavano tutti insieme... un vento riempì la casa.
Un gruppo di uomini e donne dentro una casa qualunque: »la gioia che nessun tempio /ti contiene /o nessuna chiesa /t'incatena:/Cristo sparpagliato/ per tutta la terra,/ Dio vestito di umanità». (Turoldo).
Le case, le creature non sono sante perché ricevono l'acqua benedetta, ma sono degne di ricevere l'acqua benedetta perché sono sante.
Venne dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, che scuote la casa, la riempie, dilaga e passa oltre; un vento che porta pollini di primavera e «non lascia dormire la polvere» (Turoldo). Che è, al tempo stesso, brezza e uragano, che conforta e incalza.
«Lo Spirito santo è il vento che fa nascere i cercatori d'oro» (Vannucci), che apre respiri ed orizzonti, che riempie le forme, le abbandona e passa oltre.
Apparvero lingue come di fuoco che si posarono su ciascuno. Il fuoco è il simbolo di Dio e della nostra vita accesa.
Gli uomini, i bambini, nascono accesi, poi i colpi della vita possono spegnerci. E lo Spirito Santo, vento sugli abissi, Amore in ogni amore, viene a sostenerci nel compito di non lasciarci invadere dal freddo delle relazioni, il rischio che Gesù denuncia: «L'amore di molti si raffredderà in quei giorni» (Mt 24,12).
Nel vangelo Gesù sembra ritrarsi e aprire l'era dello Spirito: Molte cose ho ancora da dirvi. Lo fa con umiltà: non pretende di aver risolto o detto tutto, molte cose restano non dette, molti problemi nuovi sorgeranno lungo il cammino e dovranno avere risposte nuove!
Ma per ora non potete portarne il peso: la sua pazienza per la nostra povera misura, per noi che capiamo a poco a poco le cose. I discepoli sono "quelli della via", secondo gli Atti degli apostoli; quelli che sono in viaggio, vele che fremono sotto il vento dello Spirito "lui vi guiderà alla verità tutta intera". I discepoli di Gesù non sono stanziali, camminano verso le "molte cose" ancora da scoprire, verso profondità e intuizioni inattese. La nostra vita è un albeggiare continuo, non un ripetere pensieri già pensati da altri.
La Bibbia risuona da un capo all'altro di un imperativo: alzati e va'! Il verbo più caratteristico dell'uomo di Dio è camminare, avanzare, Gesù stesso dice di sé: Io sono la via.
La sua pedagogia non è arrivare o concludere ma avviare percorsi, iniziare processi: la verità completa è avanti, una scoperta progressiva, un fiorire perenne.
Lo Spirito ci fa liberi e creativi, ci manda al largo nel mare della storia e di Dio, a scoprire nuovi mari quanto più si naviga: noi la vela e lo Spirito il vento.
(Letture: Atti 2,1-11; Salmo 103; Galati 5,16-25; Giovanni 15,26-27;16,12-15).

Padre Ermes Ronchi

martedì 19 maggio 2015

Il Papa parla con giovani di nozze e dei silenzi di Dio


ùSul lungomare Caracciolo  (Napoli) ultimo appuntamento prima di tornare a Roma: la teoria del gender, i matrimoni senza fede, il sinodo sulla famiglia. E scherza con una 95enne: «Lei ha quell'età? E io sono Napoleone»


«Scusate se sono seduto, ma sono stanco… ma voi napoletani, eh? Mi fate muovere!». Ultimo appuntamento di una giornata molto intensa per Papa Francesco a Napoli. Prima di riprendere l’elicottero che per le 19 lo riporta in Vaticano, Jorge Mario Bergoglio si ferma sul lungomare Caracciolo per incontrare i giovani del capoluogo campano. Mette da parte il discorso preparato e risponde a tre domande – poste da una ragazza, da un’anziana e da una coppia di sposi – sui temi più disparati, dalle nozze alla crisi della famiglia, dalla teoria del gender ai silenzi di Dio.

«Il nostro Dio è il Dio delle parole, dei gesti, dei silenzi», ha detto il Papa ad una ragazza che gli aveva chiesto ragione del dolore innocente che c’è nel mondo. «Il più grande silenzio di Dio è la croce: Gesù ha sentito il silenzio del padre fino a chiamarlo abbandono: “Padre perché mi hai abbandonato?” E poi è successo quel miracolo, quella parola, quel gesto grandioso che è stata la risurrezione. Ma il nostro Dio è anche Dio dei silenzi, e sono silenzi che non puoi spiegare se non parli con il crocifisso. Per esempio, perché soffrono i bambini? Come mi spieghi questo? Dove trovi una parola di Dio che lo spieghi? E' uno dei grandi silenzi di Dio. Il silenzio di Dio non dico che si possa capire, possiamo avvicinarci guardando il Cristo crocifisso, Cristo che muore, Cristo abbandonato. E’ questa la verità», ha proseguito il Papa. «Io non posso ingannarti dicendo: andrà tutto bene, sarai felice, avrai una buona fortuna, soldi. No, il nostro Dio fa anche i silenzi. Parole, gesti e silenzi, queste tre cose devi unirle nella tua vita. Questo mi viene da dirti: scusami, non ho un'altra ricetta».

Il Papa ha poi risposto a Erminia, una vedova di 95 anni che ha trovato il sostegno di una «comunità cristiana», iniziando da una battuta: «Si accomodi… perché quando io sento dire che lei ha 95 anni, ho voglia di dirle: se lei ha 95 anni, io sono Napoleone!». Il Papa ha ripreso il concetto di «cultura dello scarto», evocato dalla signora, denunciando lo scarto di anziani e bambini nella società odierna, «usa e getta». E, rievocando quanto già detto in una recente udienza generale del mercoledì, sui genitori anziani abbandonati nelle case di riposto dai figli, ha sottolineato che «l’affetto è la migliore medicina», soprattutto per gli anziani, mentre, senza «eufemismi», nella società di oggi a volte prevale la «eutanasia», non solo quando «ti danno una puntura e ti mandano dall'altra parte», ma anche la «eutanasia nascosta: non darti le medicine, non darti le cure, farti la vita triste e così si muore».

Ad una coppia di sposi che chiedeva della difficoltà della famiglia nel frangente attuale, il Papa ha detto che «la famiglia è in crisi, e non è una novità», ed ha elencato una serie di cause diverse: dalla mancanza di fede («Stiamo ancora cercando una chiesa in armonia con il vestito, e poi il ristornate vicino alla chiesa, e poi le bomboniere: ma dimmi, con che fede ti sposi, è un fatto sociale?») alle «colonizzazioni ideologiche» che ci sono in Europa e oltreoceano: «Modalità, proposte, anche quello sbaglio della mente umana che è la teoria del gender e che fa tanta confusione: la famiglia è sotto attacco». Bergoglio, che ha sottolineato di non avere «ricette», ha però indicato nella «testimonianza» e nella «preghiera» due concetti-chiave per affrontare in modo maturo l’amore («tiratevi pure i piatti, ma fate la pace prima di andare a dormire»), ed ha ricordato che proprio per questa crisi della famiglia «il Signore ha voluto il sinodo sulla famiglia». 

Il Papa, che prima del lungomare aveva incontrato i malati nella basilica del Gesù nuovo, ha concluso l’incontro con i giovani ricordando che il primo giorno di primavera è «giorno dei giovani» e sottolineando che «se noi vogliamo che il nostro popolo abbia futuro, abbiamo cura dei giovani, cercando per loro il lavoro e strade di uscita da questa crisi, dando loro i valori dell'educazione, e abbiamo cura degli anziani, che portano saggezza della vita». Infine il commiato: «A Maronna v’accompagne».


mercoledì 13 maggio 2015

Una vita alla grande non è una vita per forza felice. Gesù è gioia vera








Essere ragazzi che non voltano le spalle a Gesù come il "giovane ricco". O, anche se lontani come il "figliol prodigo", hanno "il coraggio di ritornare” per sentire da Lui “l’abbraccio della misericordia”. Ed essere ragazze capaci di donare al mondo ciò che è più tipicamente femminile, tenerezza e pace, a imitazione della Madre di Gesù. Sono inviti che Papa Francesco rivolge ai giovani di Buenos Aires, in un videomessaggio inviato in occasione della loro Giornata regionale della gioventù, svoltasi sabato scorso nella capitale argentina.

Il giovane ricco, quello furbo e il giovane morto. E le donne, maestre di tenerezza in una Chiesa che è “femminile” come loro, come Maria. Nel videomessaggio ai giovani argentini, sviluppato con una freschezza di linguaggio molto coinvolgente, Papa Francesco parte da alcuni esempi di giovani che nel Vangelo hanno incrociato la strada di Gesù e ne analizza il comportamento. Parlo di loro, spiega all’inizio ai ragazzi, “perché ‘fate chiasso’ ve l’ho già detto, di ‘non avere paura di niente’ ve l’ho già detto, di ‘essere liberi’ ve l’ho già detto “. Dunque, il discorso del Papa si impernia sul gioco di luci-ombre determinato dal confronto tra i “giovani Apostoli” di Gesù – alcuni di loro lo erano, dice – e altri, come ad esempio il “giovane ricco”, che con la sua “vita impeccabile” da “bravo ragazzo” rifiuta di donare i suoi averi ai poveri e di seguire il Maestro, perché "avvinghiato alla mondanità":
E quel ragazzo è andato via triste perché aveva un mucchio di soldi e non voleva rimetterci per Gesù. E se n’è andato con i suoi soldi e con la sua tristezza. I primi [cioè gli Apostoli - ndr] avevano la loro gioia, quella bella allegria che l’incontro con Gesù donava. Egli invece se n’è andato con la sua tristezza”.

Certo, riconosce Papa Francesco, anche gli Apostoli “cedettero” – “Pietro lo rinnegò, Giuda lo tradì, gli altri scapparono” – ma successivamente, sottolinea, “lottano per restare fedeli a quell’incontro, l’incontro con Gesù”. Non così il figliol prodigo della parabola, che Papa Francesco chiama il “giovane furbo” e che, sostiene, “ha voluto scrivere da solo la propria vita”, ha “voluto prendere a calci le regole della disciplina paterna”, “e se l’è spassata per bene” finché – lui, figlio del padrone – “che aveva una vita alla grande, ha conosciuto quello che mai aveva conosciuto prima: la fame”
Ma Dio è molto buono. Dio approfitta dei nostri fallimenti per parlarci al cuore. Dio non ha detto a questo giovane: ‘Sei un fallito, guarda cosa hai combinato!”’. Lo fa ragionare. Dice il Vangelo che il giovane ‘è rientrato in sé’: ‘Cosa me ne faccio di questa vita? La baldoria non mi è servita a nulla’. (...) Ed è tornato. La sua grande sorpresa – e gli prese un colpo – è stata che il padre lo stava aspettando da anni. (…) E questo grande peccatore, questo grande sperperatore di tutto il guadagno di suo padre, ha incontrato qualcosa che non aveva mai conosciuto: l’abbraccio di misericordia”.

Terzo esempio, il “giovane morto”, figlio unico di una madre vedova, che Gesù incontra uscendo dalla città di Naim, mentre il corteo funebre va a seppellirlo. In questo caso, nota Papa Francesco, “Gesù ebbe pietà della madre, non del ragazzo. Ma il ragazzo, grazie alla madre, ha ottenuto il miracolo ed è risorto”. Poi, il Papa si mette nei panni della ragazze che lo ascoltano e scherza sul fatto di aver preso esempi per “maschi”. E trova delle parole belle e delicate per parlare dell’essere donna in ottica cristiana, persone come Maria, capaci di portare tenerezza, pace, gioia:
La donna ha una capacità di dare vita e di dare tenerezza che noi maschi non abbiamo. Voi siete donne di Chiesa. Della Chiesa o ‘dello’ Chiesa? No, non è ‘il’ Chiesa, è 'la' Chiesa. La Chiesa è femminile, è come Maria. E’ quello il vostro posto. Essere Chiesa, conformare la Chiesa, essere insieme a Gesù, dare tenerezza, accompagnare, far crescere. Che Maria, la Signora della carezza, la Signora della tenerezza, la Signora della Prontezza nel servire, vi indichi il cammino”.


(28-04-2014 Radio Vaticana)