giovedì 29 agosto 2013

Eucaristia:segno di una Presenza!



Nel primo capitolo del libro “Dare la vita. Meditazioni sull’Eucaristia” Pierre Claverie introduce l’argomento dei suoi Esercizi: l’Eucaristia come segno di una Presenza.
“L’eucaristia ci pone nella prospet­tiva del regno di Dio, essa è «uno dei segni che permetto­no nel contempo di riconoscere il Regno e di disporsi a entrarvi ed entrarvi effettivamente». Essa c’introduce al­lo spirito di povertà, al dono di sé per amore, per acce­dere al Regno. Tutto quello che siamo chiamati a vivere e a incontrare, lo riceviamo in questo sacramento come un dono dell’amore di Dio, per convertirci e decentrarci da noi stessi.”
A volte rischiamo di non riuscire ad “entrare” in questo mistero perché ci fermiamo all’esteriorità dei riti, perché non ci poniamo nella prospettiva del Regno che “è interno a tutta la creazione: è là dove Parola e Spirito di Dio germogliano in una terra umana. Esso insemina tutte le realtà umane per fecondarle e far loro incarnare la stessa presenza di Dio”.
L’Eucaristia è appunto il segno principale del Regno, che si realizza in questo mondo e che è dono di Dio per “i poveri in Spirito (Mt 5,3); per  coloro che si fanno bambini (Mt 18,1-4); per coloro che cercano questo Regno e la sua giustizia (Mt 6,33) e non si lasciano irretire dai beni e dalle preoc­cupazioni di questo mondo, vale a dire da loro stessi e dai propri interessi, coloro, quindi, che sono pronti a sacrifica­re ciò che possiedono (Mt 13,44-45) per accedere a una per­fezione più grande di quella dei farisei (Mt 5,20); per  coloro che compiono la volontà del Padre (Mt 7,21), la cui prima e ul­tima parola è l’amore fraterno (Mt 25,34-36)”.
Siamo chiamati, quindi, a capovolgere la nostra vita, ad uscire da noi stessi, a divenire dono d’amore per l’altro, ad accorgerci che il mondo non è per noi un oggetto da possedere, ma la manifestazione di una Presenza, e l’Eucaristia ci pone proprio su questa strada.
“Accostarsi al mondo e accostarsi all'altro con l'atteggia­mento della povertà: di rispettosa attesa, d'ascolto gratuito e disinteressato, è mettersi in condizione di percepire, al di là delle apparenze, una presenza fraterna con cui si finisce per entrare in dialogo. Ed è così che arriva il Regno, questo mon­do nuovo della comunicazione, della comunione e della vita.”
Ma per passare dal possesso, dal dominio, alla gratuità, all’attesa disinteressata è necessario “mettersi in disposizione di dialogo (lett. «attraversato dalla Parola») mediante il segno o il sim­bolo (syn-bolos, lett. «radunare unificando»). Questo passaggio è lo stesso della Pasqua che conduce al regno di Dio e Gesù l'ha attraversato e superato, passando così dalla morte-separazione alla vita-comunione filiale mediante il dono di sé, con le mani aperte senza trattene­re nulla, per amore.”
Ecco dove l’Eucaristia ci introduce e conduce: a mettere la nostra vita sotto il segno della Pasqua, a vivere nella relazione, mediante la relazione, della relazione.
Lo sguardo della fede che ci dona il battesimo riconosce così nel destino umile e tragico di Gesù di Nazaret, la fac­cia nascosta della potenza e della gloria del Dio dell’amore e della vita. Solo questo sguardo penetrante può anche di­scernere la Presenza nel pane e nel vino di un’eucaristia o nel volto di un uomo o di una donna. Ma per accettare il passaggio e l'esproprio fiducioso (Ga­raudy) della fede che consente di uscire da se stessi, bisogna essere stati amati. Avere scoperto che cos’è l'amore: è questa la buona novella che permette poi la nuo­va nascita e l'entrata nel Regno.”
Ed è da lì che nasce l'Eucaristia, l'azione di grazie o l'A­men della riconoscenza che risponde all'azione di grazie o l'Amen della fiducia. “L'eucaristia è quest’azione di grazie che manifesta il mondo nuovo in mezzo a un mondo stre­mato, dove la paura, la diffidenza e la solitudine hanno in­vaso il cuore dell'uomo”.
Noi stessi siamo dono d’amore di Dio, chiamati “ad aprire le mani e le braccia nell'atteggiamento dell'orante che accoglie e dona a sua volta, senza trattenere nulla”.

mercoledì 28 agosto 2013

TUTTI CERCANO QUALCOSA


Tutti cercano qualcosa magari per vie infinite 
magari per vie difficili e misteriose 
a volte con arroganza e a volte senza pudore 
a volte senza speranza e ormai nemmeno più dolore 
soltanto per un po' di tempo o per la vita intera 
nel sole di mezzogiorno o nella polvere di questa lunga sera 

Tutti cercano qualcosa che non sanno più 
ma io di più... 
ma io di più... 

Mi manchi che fuori è freddo mi manchi che fuori piove 
che fuori c'è quest'aria scura che non si muove 
e manchi a tutta quanta la terra a tutta la gente del mondo 
mi manchi da tutto il tempo nel tempo di questo secondo 
e mancano le parole e manca il fiato 
e la voce diventa di vetro in questo tempo affilato 
tempo c he prende fuoco se manchi tu 
ma io di più... 
ma io di più... 

E sarà fuoco e sarà amore oppure non sarà 
e sarà amore da guardare finchè non ci vedrà 
e sarà amore da pregare finchè non tornerà 
sarà ricordo da bruciare finchè non scalderà 
sarà ricordo da portare finchè non peserà 

Tutti cercano qualcosa, la verità che non ha confini 
il nome della rosa e il nome degli assassini 
la verità che non ha colore e dorme sepolta dalle stagioni 
e come questo povero cuore non ha padroni 
e manca a tutta quanta la terra a tutta la gente del mondo 
e manca da tanto tempo in questo tempo di piombo 
e tutti vogliono qualcosa che non hanno più 
ma io di più... 
ma io di più... 

E sarà fuoco e sarà amore oppure non sarà 
e sarà amore da guardare finchè non ci vedrà 
e sarà amore da pregare finchè non tornerà 
sarà ricordo da bruciare finchè non scalderà 
sarà ricordo da portare finchè non peserà 



Abbiamo inserito questa canzone dopo una forte esperienza di fede e condivisione a Lourdes, dove abbiamo cercato, trovato e ripreso a cercare. Sarebbe bello leggere qualcosa di voi... cosa cercate? Cosa fa sobbalzare il vostro cuore?

domenica 25 agosto 2013

La porta stretta!



Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?».
Disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”. Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori. Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi».

 
Non riesco ad immaginarmi che un Dio che si lascia commuovere dalle preghiere di Abramo, che si preoccupa di “raccogliere tutti i fratelli tra tutte le genti”, che non si stanca delle continue infedeltà del suo popolo, che nel Figlio in croce apre le braccia per accogliere ancora una volta tutti gli uomini e le donne in un abbraccio d’amore, ecco.. non riesco ad immaginarmi che questo Dio abbia poi preparato una porta stretta stretta per farci arrivare a Lui. Cos’è che la rende stretta?
Non è una questione di “quantità”, come noi di solito siamo abituate a pensare: “sono pochi quelli che si salveranno?”, “quanti hanno partecipato all’incontro?”, “quante persone c’erano a Messa?”, “quanti fanno catechismo?”. Noi ragioniamo in termini di molti o pochi, come se l’essere in tante/tanti fosse segno di sicura bontà di ciò che facciamo, di benedizione, o come se l’essere in poche/i fosse segno di predilezione, eccellenza (pochi, ma buoni).
Non è una questione neanche di “presenza”: “noi abbiamo mangiato e bevuto con te e tu hai insegnato nelle nostre piazze”, “Io c’ero a quella Messa”, “noi siamo sempre state presenti a tutti gli incontri, alle preghiere, alle adorazioni”. Noi c’eravamo. Sì, magari però solo fisicamente, magari abbiamo sentito le tue parole, ma non ci hanno scaldato il cuore, non hanno toccato le nostre vite, non è cambiato nulla per noi.
Non è una questione di “provenienza”: “verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno”, “Noi, che siamo sempre stati cristiani..”, “Noi europei che abbiamo evangelizzato mezzo mondo..”, “Noi che per primi abbiamo creduto, che abbiamo conosciuto la tua Parola, che abbiamo donato alla Chiesa schiere di Congregazioni religiose, di sacerdoti, di santi…”. Noi.. adesso, rischiamo di essere gli “ultimi” nel tuo Regno, gli ultimi ad aprire il cuore agli altri, gli ultimi ad accogliere fratelli e sorelle, gli ultimi ad amare.
Ecco, forse è questo che rende stretta la porta e ci allontana da Dio, noi  “operatori di ingiustizia”. E’ una questione di “ingiustizia”: tutte le volte che mettiamo “io, noi” davanti all’altro e alla sua vita, tutte le volte che ci sentiamo sicure/i di meritare la salvezza per quello che facciamo, per quello che abbiamo, tutte la volte che non abbiamo il coraggio di amare davvero fino a dare la vita.
Aiutaci Signore a divenire “operatori di giustizia”, in modo da scoprire che in realtà la porta… non è poi così stretta!

sabato 24 agosto 2013

Misteri della gloria - QUARTO, L'ASSUNZIONE DI MARIA AL CIELO


“L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni
mi chiameranno beata”.
Lc 1,47-48

I santi padri e i grandi dottori della Chiesa, nelle omelie e nei discorsi rivolti al popolo in occasione della festa odierna, parlavano dell’Assunzione della Madre di Dio come di una dottrina già viva nella coscienza dei fedeli e da essi già professata; ne spiegavano ampiamente il significato, ne precisavano e ne approfondivano il contenuto, ne mostravano le grandi ragioni teologiche. Essi mettevano particolarmente in evidenza che oggetto della festa non era unicamente il fatto che le spoglie mortali della beata Vergine Maria fossero state preservate dalla corruzione, ma anche il suo trionfo sulla morte e la sua celeste glorificazione, perché la Madre ricopiasse il modello, imitasse cioè il suo Figlio unico, Cristo Gesù.
Un altro scrittore antico afferma: “Cristo, nostro salvatore e Dio, donatore della vita e dell’immortalità, fu lui a restituire la vita alla Madre. Fu lui a rendere colei che l’aveva generato, uguale a se stesso nell’incorruttibilità del corpo, e per sempre. Fu lui a risuscitarla dalla morte e ad accoglierla accanto a sé, attraverso una via che a lui solo è nota”.
Tutte queste considerazioni e motivazioni dei santi padri, come pure quelle dei teologi sul medesimo tema, hanno come ultimo fondamento la Sacra Scrittura. Effettivamente la Bibbia ci presenta la santa Madre di Dio strettamente unita al suo Figlio divino e sempre a lui solidale, e compartecipe della sua condizione.
Vinse la morte, come già il suo Figlio, e fu innalzata in anima e corpo alla gloria del cielo, dove risplende Regina alla destra del Figlio suo, Re immortale dei secoli.

Pio XI, Costituzione Apostolica “Munificentissimus Deus” 1950



Padre santo…
Oggi la Vergine Maria,
madre di Cristo,
suo Figlio e nostro Signore,
è stata assunta nella gloria dei cieli.
In lei, primizia e immagine della Chiesa,
hai rivelato il compimento
del mistero di salvezza
e hai fatto risplendere per il tuo popolo,
pellegrino sulla terra,
un segno di consolazione
e di sicura speranza.
Tu non hai voluto che conoscesse
la corruzione del sepolcro
colei che ha generato il Signore della vita.
                                   Liturgia dell’Assunzione


Maria meritò la gloria dell’assunzione perché era unita a Gesù nelle gioie e nei dolori: la sua giornata era una continua adorazione.
P. Giocondo Lorgna


Signore, insegnami a consegnare il mio spirito nelle mani di Dio per sempre.


Prego la “decina” del Rosario:
Padre nostro…
Ave Maria…
Gloria al Padre…


giovedì 22 agosto 2013

Dare la propria vita



In continuità con il cammino fatto grazie al bel libro “Sentirsi amati” di H. Nouwen, abbiamo pensato di proporre per i prossimi giovedì un percorso “eucaristico” a partire da “Dare la propria vita. Meditazioni sull’Eucaristia” di Pierre Claverie. Il testo raccoglie un corso di Esercizi Spirituali predicato dal Vescovo domenicano alcuni anni prima di essere ucciso nel 1996 ad Orano, in Algeria, proprio per questo suo profondo amore per tutti gli uomini e le donne della sua terra, cristiani e islamici: “il valore della mia vita dipende dalla mia capacità di donarla!”. 
Il libro ripercorre la struttura della celebrazione eucaristica, con i suoi momenti fondamentali a partire dal Canone II della Messa: bellissima “la sua lettura unitaria dell’Eucaristia e della vita, intese come luoghi di una stessa donazione”, bellissima e significativa anche per noi oggi. Buon cammino!
 
“L’Eucaristia è un momento di questa vita – ma più che un momento –
 essa dona alla nostra vita il proprio orientamento, il proprio movimento, la propria consistenza.
Per questo è importante ritornarci sovente, entrarci il più profondamente possibile – 
lasciarsi plasmare da essa giorno per giorno.” (Pierre Claverie)

martedì 20 agosto 2013

La persona e il sacro



“Lei non m’interessa”. Un uomo non può rivolgere queste parole a un altro uomo senza commettere una crudeltà e ferire la giustizia. (..) In ogni uomo vi è qualcosa di sacro. Ma non è la sua persona. E neppure la persona umana. É semplicemente lui, quell’uomo. (..) É lui. Lui nella sua interezza. Braccia, occhi, pensieri, tutto. Non arrecherei offesa a niente di tutto questo senza infiniti scrupoli.” (Simone Weil, La persona e il sacro, Ed. Adelphi)

Mi sono imbattuta in questa frase di Simone Weil e non ho potuto fare a meno di pensare alla nostra società oggi, alle nostre relazioni. Chi di noi è ancora capace di farsi “infiniti scrupoli” nel recare una qualsiasi offesa ad un uomo, ad una donna oggi? Dire alla persona che ho davanti “Lei non m’interessa” è la cosa che facciamo con più facilità: prima ancora che con le parole, lo facciamo con i nostri sguardi rivolti altrove, con i nostri pensieri chiusi in se stessi, non ascoltando con tutto di noi, non accogliendo con il cuore, non usando del tempo per gli altri.. Weil non ha parole tenere: è “commettere una crudeltà e ferire la giustizia”. Non ne avevo mai preso coscienza.. di quante crudeltà e di quante ingiustizie sono stata artefice nei confronti di chi ho incontrato: ed è una crudeltà, è un’ingiustizia, il non aver riconosciuto il sacro che è in lui o in lei e che la rende unica, irripetibile. Non sono le sue qualità, non sono i suoi doni, non sono le sue caratteristiche fisiche: è tutta la sua interezza, “braccia, occhi, pensieri, tutto”.
C’è un treno di amici che sta viaggiando per Lourdes in questo momento. Sono tutti diversi: ci sono giovani e anziani, uomini e donne, sani e ammalati; ci sono i pellegrini e chi fa servizio, c’è chi può camminare e chi ha bisogno dell’aiuto degli altri, c’è chi anima e organizza e chi segue e prega. Li ho incontrati, qualcuno lo conosco meglio, qualcuno l’ho solo visto, ma posso dire che sono attenti l’uno nei confronti dell’altro per non "ferire la giustizia": mi piace pensare che abbiano cuore e occhi capaci di cogliere quel “qualcosa di sacro” che è in ciascuno di noi!


domenica 18 agosto 2013

IL FUOCO DEL VANGELO



“In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto! Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera».” (Lc 12,49-53)


Sono venuto a portare il fuoco sulla terra. Pensate che io sia venuto a portare la pace? No, vi dico, ma la divisione. Credo che tutti abbiamo avuto la fortuna di conoscere uomini e donne ardenti, appassionati di Dio e dell'uomo, di averli visti passare fra noi come fuoco e come spada. Ricordo la sorpresa, liberante, quando ascoltavo padre Turoldo dire: io mi sento mandato a rompere le false paci dei conventi. Pace apparente, rotta da un modo più evangelico di intendere la vita, da qualcuno che vuole riproporre il sogno di Dio. Forse quando va in frantumi un vecchio equilibrio, nella casa o nella comunità, quella che si rompe non è una pace autentica ma una situazione sbagliata, fondata su mancanza di saggezza, su egoismi e silenzi.
Sono venuto a portare il fuoco, l'alta temperatura morale in cui avvengono le vere trasformazioni del cuore e della storia. E come vorrei che divampasse! Stare vicino a Lui è stare vicino al fuoco. Siamo discepoli di un Vangelo che brucia dentro, che ci infiamma qualche volta almeno, oppure abbiamo una fede che rischia di essere solo un tranquillante, una fede sonnifero? Disinteressati a tutto, ai problemi ambientali, a ciò che tocca violenza e armi, passivi di fronte alle ingiustizie, senza fuoco?
Al tempo di Gesù le donne e i bambini erano senza diritti; gli schiavi in balia dei padroni; i lebbrosi, i ciechi, i poveri trattati con disprezzo. E Lui si mette dalla loro parte, li chiama al suo banchetto, fa di un bambino il modello e dei poveri i principi del suo Regno, invia le donne ad annunciare la Pasqua.
La fede è abbracciare il suo progetto di vita, convinti che un altro mondo è possibile; non tanto mettere in pace la coscienza, ma risvegliarla! E la pace di chi si dona, di chi ama, di chi non si attacca al denaro, di chi non vuole dominare né vendicarsi diventa precisamente la spada, cioè l'urto inevitabile con chi pensa che vivere è dominare, arricchire, divertirsi.
Perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto? Un invito pieno di energia e di futuro, rivolto alla folla cioè a tutti: non seguite il pensiero dominante, non accodatevi all'opinione della maggioranza. Così è il cristiano, intelligente e libero, medita sulla vita e sulla bibbia, scruta i segni dei tempi e avanza: "la differenza decisiva non è tra chi crede e chi non crede, ma tra chi pensa e chi non pensa" (Card. Martini). Tra chi si domanda che cosa c'è di buono o di sbagliato in ciò che accade, e chi non si domanda niente.
Giudicate da voi... Siate un po' profeti - invito forte e disatteso! - siate profeti anche scomodi, dice il Signore, fate divampare la goccia di fuoco che lo Spirito ha deposto in voi. (Ermes Ronchi)


sabato 17 agosto 2013

Misteri della gloria – TERZO,LA DISCESA DELLO SPIRITO SANTO

Ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare
in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d’esprimersi.
At 2,4

Luca narra che questo Spirito, dopo l’ascensione del Signore, venne sui discepoli nella Pentecoste con la volontà e il potere di introdurre tutte le nazioni alla vita e alla rivelazione del Nuovo Testamento. Sarebbero così diventate un mirabile coro per intonare l’inno di lode a Dio in perfetto accordo, perché lo Spirito Santo avrebbe annullato le distanze, eliminato le stonature e trasformato il consesso dei popoli in una primizia da offrire a Dio.
Perciò il Signore promise di mandare lui stesso il Paràclito per renderci graditi a Dio. Infatti come la farina non si amalgama in un’unica massa pastosa, né diventa un unico pane senza l’acqua, così neppure noi, moltitudine disunita, potevamo diventare un’unica Chiesa in Cristo Gesù senza l’”Acqua” che scende dal cielo. E come la terra arida non può dare frutto, così anche noi, semplice e nudo legno secco, non avremmo mai portato frutto di vita senza la “Pioggia” mandata liberamente dall’alto. Il lavacro battesimale con l’azione dello Spirito Santo ci ha unificati tutti nell’anima e nel corpo in quell’unità che preserva dalla morte.
Lo Spirito di Dio discese sopra il Signore come Spirito di sapienza e di intelligenza, Spirito di consiglio e di fortezza, Spirito di scienza e di pietà, Spirito del timore di Dio. Il Signore poi a sua volta diede questo Spirito alla Chiesa, mandando dal cielo il Paràclito su tutta la terra.
                                                                                             S. Ireneo, lettura nella Liturgia delle Ore

L’ultima certezza, sulla quale fondiamo l’intera nostra esistenza, ci è donata dalla fede – dall’umile credere insieme con la Chiesa di tutti i secoli, guidata dallo Spirito Santo.
Benedetto XVI, Gesù di Nazaret 3 pag. 121




Vieni, o Spirito creatore,
visita le nostre menti,
riempi della tua grazia
i cuori che hai creato.

O dolce consolatore,
dono del Padre altissimo,
acqua viva, fuoco, amore,
santo crisma dell’anima.

Sii luce all’intelletto
Fiamma ardente nel cuore;
sana le nostre ferite
col balsamo del tuo amore.

Difendici dal nemico,
reca in dono la pace,
la tua guida invincibile
ci preservi dal male.
                                         Inno di Pentecoste

Lo Spirito Santo, insieme al Padre, è unito al Verbo nell’Eucaristia. Gesù lo dona alle anime eucaristiche.
P. Giocondo Lorgna


Signore, fa di me il tuo apostolo, il tuo inviato, il tuo testimone.




Prego la “decina” del Rosario:
Padre nostro…
Ave Maria…
Gloria al Padre…

giovedì 15 agosto 2013

Maria Madre di speranza



SPUNTO DI “TRANSITUS”
Un brusio di sete
nel vento e d’angeli
e di stelle
incrina appena
- al tuo passaggio –
l’attonito silenzio.

Questa, stasera,
la tua liturgia,
o Vergine,
rapita già nel deserto
ed ora, dal turbine
dello Spirito, in cielo:

luna nuova,
che alta sorridi
su tutta la creazione.
(Davide Maria Montagna)

Riportiamo un piccolo stralcio dell’omelia di oggi, festa dell’Assunzione, di Papa Francesco:
“(..) il mistero dell’Assunzione di Maria in corpo e anima è tutto inscritto nella Risurrezione di Cristo. L’umanità della Madre è stata “attratta” dal Figlio nel suo passaggio attraverso la morte. Gesù è entrato una volta per sempre nella vita eterna con tutta la sua umanità, quella che aveva preso da Maria; così lei, la Madre, che Lo ha seguito fedelmente per tutta la vita, Lo ha seguito con il cuore, è entrata con Lui nella vita eterna, che chiamiamo anche Cielo, Paradiso, Casa del Padre. (..)Il Vangelo ci suggerisce una parola: speranza. Speranza è la virtù di chi, sperimentando il conflitto, la lotta quotidiana tra la vita e la morte, tra il bene e il male, crede nella Risurrezione di Cristo, nella vittoria dell’Amore. Abbiamo sentito il Canto di Maria, il Magnificat: è il cantico della speranza, è il cantico del Popolo di Dio in cammino nella storia. E’ il cantico di tanti santi e sante, alcuni noti, altri, moltissimi, ignoti, ma ben conosciuti a Dio: mamme, papà, catechisti, missionari, preti, suore, giovani, anche bambini, nonni, nonne: questi hanno affrontato la lotta della vita portando nel cuore la speranza dei piccoli e degli umili. Maria dice: «L’anima mia magnifica il Signore» - anche oggi canta questo la Chiesa e lo canta in ogni parte del mondo. Questo cantico è particolarmente intenso là dove il Corpo di Cristo patisce oggi la Passione. Dove c’è la Croce, per noi cristiani c’è la speranza, sempre. Se non c’è la speranza, noi non siamo cristiani. Per questo a me piace dire: non lasciatevi rubare la speranza. Che non ci rubino la speranza, perché questa forza è una grazia, un dono di Dio che ci porta avanti guardando il Cielo. E Maria è sempre lì, vicina a queste comunità, a questi nostri fratelli, cammina con loro, soffre con loro, e canta con loro il Magnificat della speranza.”