giovedì 28 marzo 2013

La Passione delle pazienze




La passione, la nostra passione, sì, noi l'attendiamo. 
Noi sappiamo che deve venire, e naturalmente inten­diamo viverla con una certa grandezza.
Il sacrificio di noi stessi: noi non aspettiamo altro che ne scocchi l'ora.
Come un ceppo nel fuoco, così noi sappiamo di dover essere consumati. 
Come un filo di lana tagliato dalle forbici, così dobbiamo essere separati. 
Come un giovane animale che viene sgozzato, così dobbiamo essere uccisi.
La passione, noi l'attendiamo. Noi l'attendiamo, ed essa non viene.
Vengono, invece, le pazienze.
Le pazienze, queste briciole di passione, che hanno lo scopo di ucciderci lentamente per la tua gloria,  di ucciderci senza la nostra gloria.

Fin dal mattino esse vengono davanti a noi:

sono i nostri nervi troppo scattanti o troppo lenti, 
è l'autobus che passa affollato,
il latte che trabocca,
gli spazzacamini che vengono,
i bambini che imbrogliano tutto.

Sono gl'invitati che nostro marito porta in casa
 E quell'amico che, proprio lui, non viene; 
è il telefono che si scatena;
quelli che noi amiamo e non ci amano più; 
è la voglia di tacere e il dover parlare,
è la voglia di parlare e la necessità di tacere; 
è voler uscire quando si è chiusi
e  rimanere in casa quando bisogna uscire; 
è il marito al quale vorremmo appoggiarci e  che diventa il più fragile dei bambini; 
è il disgusto della nostra parte quotidiana, 
è il desiderio febbrile di tutto quanto non ci appartiene.

Così vengono le nostre pazienze, in ranghi serrati o in fila indiana, e dimenticano sempre di dirci che sono il martirio preparato per noi.
E noi le lasciamo passare con disprezzo, aspettando — per dare la nostra vita — un'occasione che ne valga la pena.

Perché abbiamo dimenticato che come ci son rami che si distruggono col fuoco, così ci son tavole che i passi lentamente logorano e che cadono in fine segatura.
Perché abbiamo dimenticato che se ci son fili di lana tagliati netti dalle forbici, ci son fili di maglia che giorno per giorno si consumano sul dorso di quelli che l'indossano.
Ogni riscatto è un martirio, ma non ogni martirio è sanguinoso: ce ne sono di sgranati da un capo all'altro della vita.

E’ la passione delle pazienze.

Madeleine Delbrêl, La gioia di credere, Gribaudi, Milano 1997


Tutto l'Amore Che Ho

Oggi per la comunità imeldina è festa grande, oggi giornata d'Amore, istituzione dell'Eucaristia.
Con questa semplice canzone vi facciamo i nostri più sentiti auguri per una Pasqua piena di Amore!



Le meraviglie in questa parte di universo, 

sembrano nate per incorniciarti il volto 
e se per caso dentro al caos ti avessi perso, 
avrei avvertito un forte senso di irrisolto. 

Un grande vuoto che mi avrebbe spinto oltre, 
fino al confine estremo delle mie speranze, 
ti avrei cercato come un cavaliere pazzo, 
avrei lottato contro il male e le sue istanze. 

I labirinti avrei percorso senza un filo, 
nutrendomi di ciò che il suolo avrebbe offerto 
e a ogni confine nuovo io avrei chiesto asilo, 
avrei rischiato la mia vita in mare aperto. 

Considerando che l'amore non ha prezzo 
sono disposto a tutto per averne un po', 
considerando che l'amore non ha prezzo 
lo pagherò offrendo tutto l'amore, 
tutto l'amore che ho. 

Un prigioniero dentro al carcere infinito, 
mi sentirei se tu non fossi nel mio cuore, 
starei nascosto come molti dietro ad un dito 
a darla vinta ai venditori di dolore. 

E ho visto cose riservate ai sognatori, 
ed ho bevuto il succo amaro del disprezzo, 
ed ho commesso tutti gli atti miei più puri. 

Considerando che l'amore non ha prezzo... 
Considerando che l'amore non ha prezzo, 
sono disposto a tutto per averne un po', 
considerando che l'amore non ha prezzo 
lo pagherò offrendo tutto l'amore, 
tutto l'amore che ho, 
tutto l'amore che ho. 

Senza di te sarebbe stato tutto vano, 
come una spada che trafigge un corpo morto, 
senza l'amore sarei solo un ciarlatano, 
come una barca che non esce mai dal porto. 

Considerando che l'amore non ha prezzo, 
sono disposto a tutto per averne un po', 
considerando che l'amore non ha prezzo 
lo pagherò offrendo tutto l'amore, 
tutto l'amore che ho, 
tutto l'amore che ho, 
tutto l'amore che ho, 
tutto l'amore che ho, 
tutto l'amore che ho. 




martedì 26 marzo 2013

Amore chiama Amore

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«Stavano presso la croce di Gesù sua madre... Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a Lei il discepolo, che Egli amava, disse alla madre "Donna, ecco il tuo figlio!". Poi disse al discepolo: "Ecco la tua madre!"…».

La Bibbia è un libro che sanguina, come la vita. In questo racconto Maria è la donna forte e coraggiosa che non ha avuto sconti sul prezzo della sofferenza.
Tutto si fonda sulla fede in quel Figlio che muore. Lì l’amore sta scrivendo il suo racconto con l’alfabeto delle ferite. L’unico che non mentisce.
Quando tutto muore, quando tutto si fa nero sul Golgota,
Gesù pronuncia parole di vita: «ecco tua madre», «ecco tuo
figlio». Parole che dicono generazione e tenerezza, e vita che
riprende a scorrere. È il segno della speranza di Gesù: disperato è colui che vede ormai il trionfo della morte. Cristo no, egli vede altro, vede una madre e un figlio, prega un uomo e una donna di riannodare il filo spezzato della vita.
Nel dolore noi ci aggrappiamo a Dio. Sul Calvario è Dio che si aggrappa a noi, alla cosa più forte che esista sulla terra: il rapporto madre-figlio. Per ricostruire da lì un cammino che non si smarrisca. In principio è posto di nuovo un legame.
Maria, da oggetto di dolore, colei che subisce la tragedia, è
chiamata a diventare soggetto del dolore, a passare da un
dolore soltanto subìto a una sofferenza vissuta attivamente, a
prendere posizione, a riprendere in mano la vita.
«Donna, ecco tuo figlio», un figlio muore ma un figlio ti è
dato. La tua vocazione è, da sempre e per sempre, una sola:
essere madre. La tua vocazione deve prevalere sul tuo dolore. I
tuoi amori valgono più della tua vita. Ecco qui un figlio, ritorna a essere madre: «l’amore conta più del dolore». Dolore di
agonia e dolore di parto intrecciati insieme. Gli unici dolori che
hanno senso sono quelli del parto. Invitata a credere nell’amore, amore di madre, Maria vive la sua vera pasqua: maternità
ferita e risorgente. Amore ferito e moltiplicato.
Quando Gesù dice: «Ecco tuo figlio, ecco tua madre»,
parla a tutta la chiesa e anche a me, e mi indica chiunque mi
cammina a fianco nell’esistenza, chiunque un giorno mi abbia
soccorso.
Figlio e madre a ogni creatura: questo è l’uomo di Dio.
Figlio e madre a ogni vita: questo è ognuno che appartiene a Cristo.
Chi ama, passa da morte a vita.

San Domenico ai piedi della Croce come “il discepolo che Gesù amava”, accanto alla Madre, a ricevere la nuova vocazione di essere “figlio e madre” di ogni vita, per amare e generare nuove vite per Cristo, con Cristo, in Cristo!
San Domenico, abbracciato alla croce, è una supplica vivente che parla a Gesù dei fratelli e delle sorelle che soffrono, che non hanno speranza, che non sanno di Dio – Amore spezzato, Amore risorto - Amore che chiama ad amare e a spendersi per il Vangelo.

ANNUNCIAZIONE DEL SIGNORE

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L’Ordine che è consacrato totalmente all’annuncio della verità divina, non può non nutrire una particolare devozione a Colei che è Madre del Verbo incarnato. La missione del frate predicatore continua la stessa missione di Maria: come Maria rivestì di carne il Verbo divino, affinché fosse conosciuto e manifestato agli uomini, il frate predicatore riveste con la sua parola la verità divina perché gli uomini la conoscano.

«Fra l’incarnazione del Verbo divino e la predicazione diceva Pio XII, scrivendo ai domenicani—esiste uno stretto rapporto, una meravigliosa somiglianza. Come la beata Vergine, l’apostolo mostra e dona Cristo agli uomini: è portatore di Cristo. La Vergine Maria, Madre di Dio, vestì Cristo con la veste delle membra, il predicatore lo riveste col corpo delle parole. Sia là che qua è sempre la Verità: la Verità che istruisce gli uomini, che li illumina e li salva. Il modo è diverso, la virtù la medesima. Questo onore materno, questa lode, questa dignità appartiene a voi in modo singolare. Conservate il vostro nome, conservate la vostra missione. Nessuno trascuri per pigrizia o timore il dovere della predicazione»

Per questo stretto rapporto esistente tra la divina maternità di Maria e la predicazione, fin dall’inizio dell’Ordine i domenicani celebrano con particolare solennità la festa dell’Annunciazione e quella della Natività del Signore, che appunto ricordano l’Incarnazione del Verbo.

Oggi, secondo un’antica tradizione dell’Ordine, le nostre comunità possono celebrare un “Capitolo solenne”, in cui l’annuncio dell’Incarnazione del Figlio di Dio venga dato a tutti i presenti riuniti fraternamente nella fede, nell’amore e nel rendimento di grazie.
Questa celebrazione sarà organizzata sia sotto forma di un “capitolo solenne”, adatta alla circostanza, sia inserendo la proclamazione solenne del Martirologio del giorno in una parte della Liturgia delle Ore.
Oltre alla proclamazione o al canto del Vangelo (Gv. 1,1-14) al fine di sottolineare l’attualizzazione del “mistero della nostra riconciliazione” ad opera del Verbo fatto carne, è possibile utilizzare i seguenti elementi: proclamazione di salmi appropriati, canto di responsori o antifone.
In funzione dell’assemblea e degli elementi scelti, la celebrazione può essere introdotta da una monizione iniziale; dopo la proclamazione solenne dell’annuncio dell’Incarnazione, o dopo il Vangelo, il sacerdote o un diacono può tenere una breve omelia.

Dalla liturgia:
Questo è il giorno che ha fatto il Signore: oggi il Signore ha guardato l’afflizione del suo popolo, e ha mandato la redenzione; oggi Dio, fattosi uomo, rimase quel che era e assunse quel che non era.

Nella festa dell'Annunciazione di S. Caterina da Siena

O Maria, Maria, tempio della Trinità. O Maria portatrice del fuoco. Maria porgitrice di misericordia. Maria ricompratrice dell'umana generazione, perché sostenendo la carne tua nel Verbo, fu ricomprato il mondo. Cristo ricomprò con la sua passione e tu col tuo dolore del corpo e della mente.
O Maria, mare pacifico, Maria donatrice di pace. Maria terra fruttifera. Tu, Maria, sei quella pianta novella, dalla quale abbiamo il fiore odorifero del Verbo Unigenito Figliuolo di Dio, peroché in te, terra fruttifera, fu seminato questo Verbo. Tu sei la terra e la pianta. 0 Maria, carro di fuoco, Tu portasti il fuoco nascosto e velato sotto la cenere della tua umanità.
O Maria, vasello di umiltà, nel quale vasello sta e arde il lume del vero conoscimento, col quale tu levasti te sopra di te, e però piacesti al Padre eterno; onde egli ti rapì e trasse a sé amandoti di singolare amore. Con questo lume e fuoco della tua carità e con l'olio della tua umiltà traesti tu ed inchinasti la divinità sua a venire in te, benché prima fu tratto dall'ardentissimo fuoco della sua inestimabile carità a venire a noi.
O Maria, perché tu avesti questo lume, però non fosti stolta, ma prudente; onde con prudenza volesti investigare dall'angelo, come fosse possibile quello che ti annunciava. E non sapevi tu che questo era possibile all'Onnipotente Dio? Certo sì, senza veruna dubitazione; dunque perché dicevi: quoniam virum non cognosco? Non perché tu mancassi in fede, ma per la tua profonda umiltà, considerando la indegnità tua; ma non che tu dubitassi che questo fosse impossibile presso Dio. Adunque di che ti meravigli? della grande bontà di Dio, la quale tu vedevi; e considerando te medesima quanto tu ti conoscevi indegna a tanta grazia, eri stupefatta. Dunque nella considerazione della indegnità e infermità tua, e della ineffabile grazia di Dio, diventasti ammirata e stupefatta. Così adimandando tu con prudenza, dimostri la profonda umiltà tua; e, come detto è, non avesti timore, ma ammirazione della smisurata bontà e carità di Dio, per la bassezza e piccolezza della virtù tua. Tu oggi, Maria, sei fatta libro, sul quale è scritta la regola nostra. In te è oggi scritta la sapienza del Padre eterno. In te si manifesta oggi la fortezza e libertà dell'uomo. Dico che si mostra la dignità dell'uomo, peroché, se io riguardo in te, Maria, veggo che la mano dello Spirito Santo à scritta in te la Trinità, formando in te il Verbo incarnato Unigenito Figliuolo di Dio. Ci scrisse la sapienza del Padre, cioè esso Verbo; ci à scritto la potenza, peroché fu potente a fare questo grande mistero; e ci à scritto la clemenza di esso Spirito Santo, ché solo per grazia e clemenza divina fu ordinato e compiuto tanto mistero...
O Maria, io veggo questo Verbo dato a te, essere in te; e nondimeno non è separato dal Padre, si come la parola, che l'uomo à nella mente, che, benché ella sia proferta di fuori e comunicata ad altri, non si parte però, né è separata dal cuore. In queste cose si dimostra la dignità dell'uomo, per cui Dio à operate tante e sì grandi cose. In te ancora, o Maria, si dimostra oggi la fortezza e libertà dell'uomo; perché dopo la deliberazione ditanto e sì grande consiglio, è mandato a te l'angelo ad annunciarti il mistero del consiglio divino, e cercare la volontà tua; e non discese nel ventre tuo il Figliuolo di Dio, prima che tu consentissi con la volontà tua. Aspettava alla porta della tua volontà, che tu gli aprissi, ché voleva venire in te; e giammai non vi sarebbe entrato, se tu non gli avessi aperto dicendo: Ecco l'ancella del Signore, sia fatto a me secondo la parola tua
... Picchiava, o Maria, alla porta tua la deità eterna, ma se tu nonavessi aperto l'uscio della volontà tua, non (si) sarebbe Dio incarnato in te. Vergognati anima mia, vedendo che Dio oggi à fatto parentato con teco in Maria; oggi ti è mostrato che, benché tu sia fatta senza te, non sarai salvata senza te; onde come detto si è, oggi bussa Dio alla porta della volontà di Maria, e aspetta che ella apra.
O Maria, dolcissimo amor mio, in te è scritto il Verbo, dal quale noi abbiamo la dottrina della vita. Tu sei la tavola, che ci porgi quella dottrina. Io veggo questo Verbo,subito che egli è scritto in te, non essere senza la croce del santo desiderio, ma subito che egli fu concepito in te, gli fu innestato e annesso il desiderio di morire per la salute dell'uomo, per la quale egli era incarnato; onde grande croce gli fu a portare tanto tempo quel desiderio, il quale egli avrebbe voluto che
subito si fosse adempiuto.
A te ricorro Maria, a te offro la petizione mia per la dolce sposa di Cristo dolcissimo tuo Figliuolo, e per il Vicario suo in terra, ché gli sia dato lume, sì che con discrezione tenga il modo debito atto per la riforma della santa Chiesa. Uniscasi ancora il popolo insieme, e conformisi il cuore del popolo col suo, sì che mai non si levi contra il capo suo. Pare a me, che tu, Dio eterno, abbi fatto di lui un'incudine, che ognuno lo percuote con la lingua e con l'opere quanto può. Anco ti prego per quelli, che tu ài messi nel desiderio mio, con singolare amore, che tu arda i loro cuori, sì che sieno carboni non spenti, ma accesi e infuocati nella carità tua e del prossimo, sì che nel tempo dei bisogno essi abbino le navicelle loro ben fornite, per loro e per altrui. Io ti prego per quelli i quali tu mi ài dati, benché io non sia loro cagione di veruno bene, ma sempre di male, perché io loro sono non specchio di virtù, ma di molta ignoranza e di negligenza.
Ma oggi io addimando arditamente, perché egli è il dì delle grazie, e so che a te, Maria, niuna cosa è dinegata. O Maria, oggi la terra tua è germinato a noi il Salvatore.
Peccavi Domine, tutto il tempo della vita mia.
Peccavi Domine, miserere mei: dolcissimo e instimabile amore.
O Maria, benedetta sia tu, tra tutte le donne, in seculum seculi;
ché oggi tu ci ài dato della farina tua.
Oggi la Deità è unita e impastata con l'umanità nostra, sì fortemente che mai non si può separare, né per morte né per nostra ingratitudine questa unione. Anco sempre fu unita la Deità, eziando con corpo nel sepolcro e con l'anima nel limbo; e insieme con l'anima e con il corpo in Cristo; per sì fatto modo fu contratto e congiunto questo parentado, che, sì come mai fu diviso, così in perpetuo mai non si scioglierà. Amen.»

Col. 1, 3. 12-20
Ringraziamo con gioia Dio, *
Padre del Signore nostro Gesù Cristo, 
perché ci ha messi in grado di partecipare *
alla sorte dei santi nella luce,

ci ha liberati dal potere delle tenebre, *
e ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto, 
per opera del quale abbiamo la redenzione, *
la remissione dei peccati. 

Cristo é immagine del Dio invisibile, *
generato prima di ogni creatura; 
é prima di tutte le cose *
e tutte in lui sussistono.

Tutte le cose sono state create per mezzo di lui *
e in vista di lui:
quelle nei cieli e quelle sulla terra, *
quelle visibili e quelle invisibili.

Egli è anche il capo del corpo, che é la Chiesa; *
é il principio di tutto, 
il primogenito di coloro che risuscitano dai morti, *
per ottenere il primato su tutte le cose. 

Piacque a Dio di fare abitare in lui ogni pienezza, *
per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose, 
rappacificare con il sangue della sua croce *
gli esseri della terra e quelli del cielo.

Dalle orazioni di santa Caterina da Siena, vergine e dottore della Chiesa

Tu, o Maria, sei diventata un libro, nel quale, oggi, viene scritta la nostra regola. In te è oggi scritta la sapienza del Padre. In te si manifesta oggi la dignità, la fortezza e libertà dell’uomo.
Se io considero il grande tuo consiglio, Trinità eterna, vedo, che nella tua luce vedesti la dignità e la nobiltà dell’umana generazione. Per cui, come l’amore ti costrinse a trarre l’uomo da te, così quel medesimo amore ti costrinse a ricomprarlo, essendo egli perduto. Ben dimostrasti che tu amasti l’uomo prima che egli fosse, quando tu lo volesti trarre da te, solo per amore; ma maggiore amore gli mostrasti, dando te medesimo, rinchiudendoti oggi nel vile saccuccio della sua umanità. e che più gli potevi dare, che dare te medesimo? Veramente tu gli potevi dire: Che cosa avrei io dovuto o potuto fare, che non l’abbia fatto?
Così vedo, che ciò che la sapienza tua vide in quel grande ed eterno consiglio, che fosse da fare per salute dell’uomo, la clemenza tua lo volle, e la potenza tua l’ha oggi adempiuto. Che modo trovasti, Trinità eterna, perché si adempisse la tua verità, e facessi misericordia all’uomo, e fosse soddisfatta la giustizia tua? Che rimedio ci hai dato? O ecco il rimedio: Tu disponesti di darci il Verbo dell’unigenito tuo Figliuolo, e che pigliasse la massa della carne nostra, che t’aveva offeso, affinché abitando egli nella umanità, fosse soddisfatta la tua giustizia, non in virtù della deità unita in essa; e così fu fatto, e fu adempiuta la verità tua e soddisfatta la giustizia e la misericordia.
O Maria, io vedo questo Verbo dato a te, essere in te; e nondimeno non è separato dal Padre, così come la parola, che l’uomo ha nella mente, che benchè sia proferita di fuori e comunicata ad altri, non si parte però, né è separata dal cuore. In queste cose si dimostra la dignità dell’uomo, per cui Dio ha operate tante e sì grandi cose.
In te ancora, o Maria, si dimostra oggi la fortezza e la libertà dell’uomo; perché dopo la deliberazione di tanto e sì grande consiglio, è stato mandato a te l’angelo ad annunciarti il mistero del consiglio divino, e cercare la tua volontà; e non discese nel ventre tuo il Figliolo di Dio, prima che tu consentissi con la volontà tua.
Aspettava alla porta della tua volontà, che tu gli aprissi, perché voleva venire in te; e giammai non vi sarebbe entrato se tu non gli avessi aperto dicendo: Ecco l’ancella del Signore, sia fatto in me secondo la tua parola.
Picchiava, o Maria, alla tua porta la deità eterna, ma se tu non avessi aperto l’uscio della tua volontà, Dio non is sarebbe incarnato in te.
Vergognati anima mia, vedendo che Dio oggi si è imparentato con te in Maria: oggi ti è dimostrato, che benchè tu sia stata fatta senza te, non sarai salvata senza te.
O Maria, dolcissimo amor mio, in te è scritto il Verbo, dal quale noi abbiamo la dottrina della vita.
Tu sei la tavola, che ci porgi quella dottrina.

 

domenica 24 marzo 2013

Buoni e cattivi, lontani e vicini


<
Pericolo presente anche oggi. Non tanto per paura di persecuzioni, come accadeva al tempo della composizione dei Vangeli. La Parola è oggi taciuta, invece, quando risuona solo dentro le stanche mura delle chiese; quando accarezza i ricchi e chiama alla rassegnazione i poveri; quando l'interesse, la convenienza, se non addirittura la complicità con gli ambiti di influenza e di potere della società, portano a farsi chiudere la bocca.>>

STABAT MATER

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Siamo alla fine del periodo quaresimale e all’inizio della Settimana Santa!
Tutti noi abbiamo forse avuto l’occasione di vivere una preghiera particolarmente sentita nei venerdì della Quaresima: la Via Crucis. Perlomeno quasi tutti la seguiremo nell’ormai vicino Venerdì Santo in cui questa preghiera viene trasmessa in Mondovisione, ambientata nel Colosseo di Roma e presieduta dal Papa.


La Via Crucis è una preghiera popolare che forse ha avuto origine presso i luoghi della Passione di Gesù a Gerusalemme, ma che comunque appartiene alla tradizione francescana. Quasi tutte le chiese parrocchiali hanno i 14 quadri della Via Crucis affissi sulle pareti.


Tradizionalmente in ognuna delle 14 “stazioni”, percorse con lo sguardo rivolto a Gesù nei vari momenti del suo martirio, viene cantata una strofa dello STABAT MATER.

E’ una “laude religiosa” del sec. XIII, attribuita al poeta Jacopone da Todi. Tante generazioni cristiane l’hanno ripetuta nella sua suggestiva melodia gregoriana, esprimendo con essa la partecipazione alla Passione del Salvatore che ci ha redenti e la partecipazione al dolore di Maria il cui cuore è “trapassato dalla spada”.


Trascriviamo alcune strofe della Laude che, nell’originale latino inizia con le parole STABAT MATER DOLOROSA.

La Madre addolorata stava
in lacrime presso la Croce
su cui pendeva il Figlio.

E il suo animo gemente,
contristato e dolente
una spada trafiggeva.

Oh, quanto triste e afflitta
fu la benedetta
Madre dell’Unigenito!

Oh, Madre, fonte d’amore,
fammi provare lo stesso dolore
perché possa piangere con te.

Accanto alla Croce desidero stare con te,
in tua compagnia,
nel compianto.

Fa’ che io sia protetto dalla Croce,
che io sia fortificato dalla morte di Cristo,
consolato dalla grazia.

E quando il mio corpo morirà
fa’ che all’anima sia data
la gloria del Paradiso.         

AMEN

Accordone, Stabat Mater parte 1

Accordone, Stabat Mater parte 2

giovedì 21 marzo 2013

L'amore non avrà mai fine


Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi l’amore, sarei come un bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita.
E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi l’amore, non sarei nulla.
E se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo per averne vanto, ma non avessi l’amore, a nulla mi servirebbe.
L’amore è magnanimo, è benevolo è l’amore; non è invidioso, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si rallegra della verità.
Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.
L’amore non avrà mai fine. Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la conoscenza svanirà.
Infatti, in modo imperfetto noi conosciamo e in modo imperfetto profetizziamo.
Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. Quand'ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Divenuto uomo, ho eliminato ciò che è da bambino.
Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; allora invece vedremo faccia a faccia. Adesso conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch'io sono conosciuto.
Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e l’amore. Ma la più grande di tutte è l’amore!



In silenzio, davanti a te, Signore, trovo il dolce profumo del pane, trovo il tempo e lo spazio per guardarti e lasciarti parlare da dentro me.

In questo silenzio, avvolta dal tramonto ascolto il tuo silenzio. Tutto tace intorno, ma dal profondo un eco corre e va, un dolce canto di emozioni e libertà grida questa preghiera:

“ Se tu non ci fosse Dio, nella mia vita…
sarei muta
perchè non avrei con chi dialogare
in verità e profondità
sarei sola…
perché non avrei chi cammini al mio
fianco in ogni istate del giorno”



L’amore è paziente: è la pazienza che sa affrontare un giorno dopo l’altro, che sa custodire con discrezione, umiltà, nel silenzio, con una presenza costante e una fedeltà totale, anche quando non comprende. Accompagna con premura e con tutto l’amore che può ogni momento. È accanto.

L’amore è benigno: per questo vuole sempre prima il tuo bene del mio. È la costante attenzione alla giustizia di Dio, la costante diponibilità al suo progetto che si realizza anche attraverso te, non solo con me.

L’amore non è invidioso: gioisce per i fiori profumati del campo, per la loro bellezza semplice, per il tuo saper essere ogni tanto acqua e sapone.

L’amore non si vanta: non rinfaccia nulla, custodisce e ama. Semplicemente ama ed accoglie tutto ciò che lo circonda. È sensibile alle persone che gli sono affidate e con realismo e responsabilità sa leggere la storia presente e in essa prendere le decisioni più sagge.

L’amore non si gonfia: Ecco, ti prego, perdonami, riaccoglimi ancora una volta perché ho sbagliato e ne soffro. È l’amore che non si stanca di chiedere perdono e che per questo non si stanca di perdonare.

L’amore non manca di rispetto: nel tuo volto il volto di Dio, per questo tolgo i sandali e cerco di camminare leggera anche quando il passo è incerto. Così custodisce la gente, ha cura di tutti, di ogni persona e ogni cosa, delle fragilità più scandalose e sgradevoli che sono alla periferia del nostro cuore. Amore-rispetto si dispone ad essere reciproca custodia e cura, amicizia sincera che si custodisce reciprocamente nella confidenza, nel rispetto, nel bene. Amore-rispetto-responsabile-custode.

L’amore non cerca il proprio interesse: gratuitamente sta dinanzi a te e a te non chiede nulla se non di essere e vivere liberamente, onestamente, sinceramente.

L’amore non si adira: non cerca il litigio. Vigila sui suoi sentimenti, sul suo cuore perché è lì che nascono le intenzioni che costruiscono e distruggono. Per questo è buono e tenero e in questo appare fragile. Non si può che amare teneramente, in questo sta la sua forza d’animo e la sua capacità di attenzione e compassione di apertura e passione all’altro.

L’amore non tiene conto del male ricevuto: vede solo i tuoi occhi e quelli si sente morire ancora una volta d’amore.

L’amore non gode dell’ingiustizia: proteso è il mio cuore a camminare accanto al tuo, a renderlo quanto più sereno e libero possibile, a  donarti una pace del cuore sempre più grande e profonda.

L’amore si compiace della verità: ti guarda attraverso Dio e in dio stesso e di questo gioisce, per questo sfodera il suo miglior sorriso.

Signore, l’amore tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta: aiutami a coprire ancor e ancora…e ancora una volta, tutte le volte che sarà necessario, d’amore i giorni che vivrò con questo TU, che rappresenta tutti i TU che incontrerò nella mia strada. Donaci di servirci con amore, di saperci così reciprocamente custodire. Rendici saldi nella speranza, contro ogni speranza! E tra le nuvole del cielo donaci di sentire il calore delle stelle su di noi così che per strade arcane e infinite seguiamo il canto d’amore che hai registrato in noi e che limiti non ha.