martedì 22 dicembre 2015

«UN LIBRO COME FUOCO». LETTERA DI PAPA FRANCESCO AI GIOVANI

Miei cari giovani amici,

se voi vedeste la mia Bibbia, forse non ne sareste affatto colpiti. Direste: «Cosa? Questa è la Bibbia del Papa? Un libro così vecchio, così sciupato!». Potreste anche regalarmene una nuova, magari anche una da 1.000 euro: no, non la vorrei. Amo la mia vecchia Bibbia, quella che ha accompagnato metà della mia vita. Ha visto la mia gioia, è stata bagnata dalle mie lacrime: è il mio inestimabile tesoro. Vivo di lei e per niente al mondo la darei via.

La Bibbia per i giovani, che avete appena aperto, mi piace molto: è così vivace, così ricca di testimonianze di santi, di giovani, che fa venir voglia di leggerla d’un fiato, dall’inizio fino all’ultima pagina. E poi…? Poi la nascondete, sparisce sul ripiano di una libreria, magari dietro, in terza fila, finendo per riempirsi di polvere. Finché un giorno i vostri figli la venderanno al mercatino dell’usato. No: questo non può essere!

Voglio dirvi una cosa: oggi, ancor più che agli inizi della Chiesa, i cristiani sono perseguitati; qual è la ragione? Sono perseguitati perché portano una croce e danno testimonianza di Cristo; vengono condannati perché possiedono una Bibbia. Evidentemente la Bibbia è un libro estremamente pericoloso, così rischioso che in certi Paesi chi possiede una Bibbia viene trattato come se nascondesse nell’armadio bombe a mano!

Mahatma Gandhi, che non era cristiano, una volta disse: «A voi cristiani è affidato un testo che ha in sé una quantità di dinamite sufficiente per far esplodere in mille pezzi la civiltà tutta intera, per mettere sottosopra il mondo e portare la pace in un pianeta devastato dalla guerra. Lo trattate però come se fosse semplicemente un’opera letteraria, niente di più».

Che cosa tenete allora in mano? Un capolavoro letterario? Una raccolta di antiche e belle storie? In tal caso, bisognerebbe dire ai molti cristiani che si fanno incarcerare e torturare per la Bibbia: «Davvero stolti e poco avveduti siete stati: è solo un’opera letteraria!». No, con la Parola di Dio la luce è venuta nel mondo e mai più sarà spenta. Nella mia esortazione apostolica Evangelii gaudium ho scritto: «Noi non cerchiamo brancolando nel buio, né dobbiamo attendere che Dio ci rivolga la parola, perché realmente “Dio ha parlato, non è più il grande sconosciuto, ma ha mostrato se stesso”. Accogliamo il sublime tesoro della Parola rivelata» (n. 175).



Avete dunque tra le mani qualcosa di divino: un libro come fuoco, un libro nel quale Dio parla. Perciò ricordatevi: la Bibbia non è fatta per essere messa su uno scaffale, piuttosto è fatta per essere tenuta in mano, per essere letta spesso, ogni giorno, sia da soli sia in compagnia. Del resto in compagnia fate sport, andate a fare shopping; perché allora non leggere insieme, in due, in tre o in quattro, la Bibbia? Magari all’aperto, immersi nella natura, nel bosco, in riva al mare, la sera al lume di una candela… farete un’esperienza potente e sconvolgente. O forse avete paura di apparire ridicoli di fronte agli altri?

Leggete con attenzione. Non rimanete in superficie, come si fa con un fumetto! La Parola di Dio non la si può semplicemente scorrere con lo sguardo! Domandatevi piuttosto: «Cosa dice questo al mio cuore? Attraverso queste parole, Dio mi sta parlando? Sta forse suscitando il mio anelito, la mia sete profonda? Cosa devo fare?». Solo così la Parola di Dio potrà dispiegare tutta la sua forza; solo così la nostra vita potrà trasformarsi, diventando piena e bella.

Voglio confidarvi come leggo la mia vecchia Bibbia: spesso la prendo, la leggo per un po’, poi la metto in disparte e mi lascio guardare dal Signore. Non sono io a guardare Lui, ma Lui guarda me: Dio è davvero lì, presente. Così mi lascio osservare da Lui e sento — e non è certo sentimentalismo —, percepisco nel più profondo ciò che il Signore mi dice.

A volte non parla: e allora non sento niente, solo vuoto, vuoto, vuoto… Ma, paziente, rimango là e lo attendo così, leggendo e pregando. Prego seduto, perché mi fa male stare in ginocchio. Talvolta, pregando, persino mi addormento, ma non fa niente: sono come un figlio vicino a suo padre, e questo è ciò che conta.



Volete farmi felice? Leggete la Bibbia.

 Vostro

 Papa Francesco

domenica 16 agosto 2015

L'Eucaristia è Gesù stesso che si dona interamente a noi


“Vivere in comunione concreta, reale con Gesù su questa terra ci fa già passare dalla morte alla vita”. E’ quanto ha affermato Papa Francesco all’Angelus, in piazza San Pietro, riferendosi alla liturgia odierna che presenta il Vangelo in cui Gesù ribadisce di essere il pane vivo disceso dal cielo. 
Il discorso di Gesù sul Pane della vita, al centro del Vangelo di oggi, può portare a porsi delle domande. Cosa significa – chiede Papa Francesco - mangiare la carne e bere il sangue di Gesù? E’ solo un immagine, un simbolo o indica qualcosa di reale? Nell’Ultima Cena il pane e il vino – spiega il Santo Padre - diventano realmente il suo Corpo e il suo Sangue:
“E’ l’Eucaristia, che Gesù ci lascia con uno scopo preciso: che noi possiamo diventare una sola cosa con Lui. Infatti dice: ‘Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui’ (v. 56). Quel rimanere: Gesù in noi e noi in Gesù. La comunione è proprio una assimilazione: mangiando Lui, diventiamo come Lui. Ma questo richiede il nostro ‘sì’, la nostra adesione alla fede”.
A volte riguardo alla Santa Messa – osserva il Papa – capita di sentire questa obiezione:
“Ma a cosa serve la Messa? Io vado in chiesa quando me la sento, o prego meglio in solitudine”. Ma l’Eucaristia non è una preghiera privata o una bella esperienza spirituale”.
Non è – aggiuge il Santo Padre - “una semplice commemorazione di ciò che Gesù ha fatto nell’Ultima Cena”:
“Noi diciamo, per capire bene, che l’Eucaristia è ‘memoriale’, ossia un gesto che attualizza e rende presente l’evento della morte e risurrezione di Gesù: il pane è realmente il suo Corpo donato per noi, il vino è realmente il suo Sangue versato per noi. L’Eucaristia è Gesù stesso che si dona interamente a noi”.
Se vissuta con fede, la comunione eucaristica – afferma il Pontefice - trasforma la nostra vita “in un dono a Dio e ai fratelli”:
“Nutrirci di quel ‘Pane ’ significa entrare in sintonia con il cuore di Cristo, assimilare le sue scelte, i suoi pensieri, i suoi comportamenti. Significa entrare in un dinamismo di amore e diventare persone di pace, persone di perdono, di riconciliazione, di condivisione solidale”.
Dopo l’Angelus, il Papa  ha rivolto un saluto speciale ai giovani del Movimento Giovanile Salesiano, radunati a Torino per celebrare il bicentenario della nascita di San Giovanni Bosco. Li ha incoraggiati “a vivere nel quotidiano la gioia del Vangelo, per generare speranza nel mondo”.
 
2015-08-16 Radio Vaticana

giovedì 13 agosto 2015

Inno del Giubileo dell'Ordine dei Predicatori (Domenicani)


L’ordine dei Predicatori celebrerà un Anno Giubilare, avente per tema “Mandati a predicare il Vangelo”. Queste parole si riferiscono all’incipit delle Bolle promulgate da Papa Onorio III otto secoli fa, che nel 1216 e nel 1217 confermarono la fondazione dell’Ordine.

Propriamente parlando, l’Anno Giubilare sarà celebrato tra il 7 Novembre 2015 (festa di Tutti i Santi dell’Ordine) e il 21 Gennaio 2017 (la data della Bolla Gratiarum omnium largitori di Pope Honorius III).

Inno celebrativo del Giubileo

Laudare, Benedicere, Prædicare

Laudare, we praise our Lord with our saints
Benedicere, we lift our voice in song
Prædicare, we proclaim Your Word to the world.

Sent out to preach by Dominic
sent two by two to all the world
sent out to study the Gospel of grace
to find new ways to preach.

Un cœur, une âme, tout donnés
contemplatifs émerveillés
joyeux amis, apprenez-nous
pour les pécheurs, miséricorde.

Presencia del amor de Dios
Presencia profética
Presencia compasiva
Sembradores de esperanza

Embrace with grace the marketplace
Embrace the world not of the world
Embrace the mission with compassion
to preach the word to the world


Video con musica e karaoke
Compositore: fra Giuseppe Pietro V. Arsciwals, OP
Arrangiamento corale: M. Irineo Hernandez III
Arrangiamento musicale: M. Paulo Zarate
Interpreti: fra Giuseppe Pietro Arsciwals, Jeanne Marie Ogayon-Calubaquib, Joy Ogayon, Jeffrey Corrales, Cholo Calubaquib, Jujut Hernandez, Suor Ragnhild Bjelland, OP (Oslo) e fra Thomas Möller, OP (Germania)

Adattamento in lingua italiana
Laudare, benedicere, prædicare,
laudare: coi Santi lodiamo Dio;
benedicere: rendiamo grazie a Lui;
prædicare: la Parola di libertà.
Laudare, benedicere, prædicare.

1.    Inviati nel mondo da Domenico,
inviati a due a due come i Dodici.
Studiare il Vangelo è nostro pane,
pane santo per il mondo! (Rit.)

2.    Diamo a Dio e agli uomini,
il frutto del nostro contemplare;
offriamo la nostra amicizia,
peccatori redenti e vivi. (Rit.)

3.    Presenza dell’Amor di Dio,
presenza di profezia;
presenza di fede, di pietà,
di speranza e verità! (Rit.)


Envoyés pour prêcher l’Évangile
L’Ordre des Prêcheurs célèbrera  une année jubilaire sur le thème “ Envoyés pour prêcher l’Évangile ”.  Cela marquera l’émission de la Bulle promulguée par le Pape Honorius III datant de huit siècles et confirmant la fondation de l’Ordre, en 1216 et 1217.
L’année jubilaire proprement dite sera célébrée du 7 novembre 2015 (Toussaint de l’Ordre) au 21 janvier 2017 (bulle Gratiarum omnium largitori du pape Honorius III)
- See more at: http://www.op.org/fr/jubilee/whatis-fr#sthash.m2AcvWUj.dpuf
Envoyés pour prêcher l’Évangile
L’Ordre des Prêcheurs célèbrera  une année jubilaire sur le thème “ Envoyés pour prêcher l’Évangile ”.  Cela marquera l’émission de la Bulle promulguée par le Pape Honorius III datant de huit siècles et confirmant la fondation de l’Ordre, en 1216 et 1217.
L’année jubilaire proprement dite sera célébrée du 7 novembre 2015 (Toussaint de l’Ordre) au 21 janvier 2017 (bulle Gratiarum omnium largitori du pape Honorius III)
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Envoyés pour prêcher l’Évangile
L’Ordre des Prêcheurs célèbrera  une année jubilaire sur le thème “ Envoyés pour prêcher l’Évangile ”.  Cela marquera l’émission de la Bulle promulguée par le Pape Honorius III datant de huit siècles et confirmant la fondation de l’Ordre, en 1216 et 1217.
L’année jubilaire proprement dite sera célébrée du 7 novembre 2015 (Toussaint de l’Ordre) au 21 janvier 2017 (bulle Gratiarum omnium largitori du pape Honorius III)
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Envoyés pour prêcher l’Évangile
L’Ordre des Prêcheurs célèbrera  une année jubilaire sur le thème “ Envoyés pour prêcher l’Évangile ”.  Cela marquera l’émission de la Bulle promulguée par le Pape Honorius III datant de huit siècles et confirmant la fondation de l’Ordre, en 1216 et 1217.
L’année jubilaire proprement dite sera célébrée du 7 novembre 2015 (Toussaint de l’Ordre) au 21 janvier 2017 (bulle Gratiarum omnium largitori du pape Honorius III)
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martedì 11 agosto 2015

No a vita mediocre, puntare ad amicizia con Gesù

Papa Francesco ha inviato ieri un messaggio agli oltre 6mila ragazzi riuniti ad Avila, in Spagna, in occasione della Messa che ha chiuso l'Incontro europeo dei giovani nel quinto centenario della nascita di Santa Teresa d’Avila. Il Pontefice li esorta a “non conformarsi a una vita mediocre e senza aspirazioni”, ma a impegnarsi “a crescere in una profonda vita di amicizia con Cristo, a prendere coscienza ogni giorno di più del dono immenso ricevuto nel Battesimo e nella Cresima, che ci spinge a portare l’amore di Cristo ai nostri fratelli”. Francesco sottolinea che la nota espressione di Santa Teresa “in tempi duri, amici forti di Dio” ha “una risonanza speciale quando si rivolge ai giovani e al loro anelito di verità, bontà e bellezza”.
Nel messaggio, inviato al cardinale Ricardo Blazquez Perez, arcivescovo di Valladolid, a firma del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, il Papa invita i giovani a “crescere, approfondire e dare testimonianza della loro fede e del loro amore verso la Chiesa” e “per i fratelli”, seguendo “l’esempio e l’insegnamento di Santa Teresa di Gesù”.


)

domenica 19 luglio 2015

Il vento folle porta un atomo d'amore dentro il cuore



Il vento folle (di Giuni Russo)

Ho piantato un giardino
Di pensieri e sentimenti in piena terra agitati dal vento
Dal vento di un desiderio
Che non vuole, non vuole darsi per vinto

Hou hou hou fait le vent fou
Hou hou hou hou dans la harpe du houx
Hou hou hou fait le vent fou
Hou hou hou hou all'ombra dei sentieri

E poi vederti passare
Nel rumore del mare
Su tappeti di schiuma
Nelle spiagge sognate
Poterti parlare
Mi commuove

Il vento folle porta un atomo d'amore dentro il cuore

Hou hou hou fait le vent fou
Hou hou hou hou all'ombra dei sentieri
Hou hou hou fait le vent fou
Hou hou hou hou all'ombra dei sentieri

Un respiro come un'onda del mare
E la pienezza dell'amore che mi assale ed io foglia nel vento
Quel vento di un desiderio
Che non vuole, non vuole darsi per vinto

E poi ti vengo a cercare nel rumore del mare
Su tappeti di schiuma nelle spiagge sognate
Poterti abbracciare mi commuove

Il vento folle porta un atomo d'amore dentro il cuore

Hou hou hou fait le vent fou
Hou hou hou hou dans la harpe du houx
Hou hou hou fait le vent fou
Hou hou hou hou all'ombra dei sentieri


domenica 21 giugno 2015

Papa Francesco all'Agesci: "Costruite ponti!"


La nostra amica Giulia Campani tra gli scouts in udienza dal Papa Francesco

Cari amici dell’AGESCI, buongiorno!

Vi ringrazio di essere venuti così numerosi da tutte le regioni d’Italia a formare questa festosa presenza in Piazza San Pietro. Saluto il Capo Scout e la Capo Guida, l’Assistente Ecclesiastico Generale, i lupetti e le coccinelle, gli esploratori e le guide, i rover e le scolte, con le comunità-capi e i sacerdoti assistenti.

Vi dirò una cosa - ma non vantatevi! -: voi siete una parte preziosa della Chiesa in Italia. Grazie! Forse i più piccoli tra voi non se ne rendono bene conto, ma i più grandi spero di sì! In particolare, voi offrite un contributo importante alle famiglie per la loro missione educativa verso i fanciulli, i ragazzi e i giovani. I genitori ve li affidano perché sono convinti della bontà e saggezza del metodo scout, basato sui grandi valori umani, sul contatto con la natura, sulla religiosità e la fede in Dio; un metodo che educa alla libertà nella responsabilità. Questa fiducia delle famiglie non va delusa! E anche quella della Chiesa: vi auguro di sentirvi sempre parte della grande Comunità cristiana.

L’anno scorso, in agosto, vi ho telefonato quando eravate radunati nella pineta di San Rossore. Vi ricordate? Avevate fatto una grande route nazionale, come dite voi. E avete fatto la “Carta del coraggio”. Questa “Carta” esprime le vostre convinzioni e aspirazioni, e contiene una forte domanda di educazione e di ascolto rivolta alle vostre comunità capi, alle parrocchie e alla Chiesa nel suo insieme. Questa domanda investe anche l’ambito della spiritualità e della fede, che sono fondamentali per la crescita equilibrata e completa della persona umana.

Quando una volta qualcuno chiese al vostro fondatore, Lord Baden Powell, “che cosa c’entra la religione [con lo scoutismo]?”, egli rispose che «la religione non ha bisogno di “entrarci”, perché è già dentro! Non c’è un lato religioso del Movimento scout e un lato non… L’insieme di esso è basato sulla religione, cioè sulla presa di coscienza di Dio e sul suo Servizio» (Discorso ad una conferenza di Commissari scout/guide, 2 luglio 1926, in L’educazione non finisce mai, Roma 1997, p. 43). E questo l’ha detto nell’anno ’26.

Nel panorama delle associazioni scout a livello mondiale, l’AGESCI è tra quelle che investono di più nel campo della spiritualità e dell’educazione alla fede. Ma c’è ancora tanto da lavorare, perché tutte le comunità-capi ne comprendano l’importanza e ne traggano le conseguenze.

So che fate dei momenti formativi per i capi sull’accostamento alla Bibbia, anche con metodi nuovi, mettendo al centro la narrazione della vita vissuta a confronto con il Messaggio del Vangelo. Mi congratulo con voi per queste buone iniziative, e mi auguro che non si tratti di momenti sporadici, ma che si inseriscano in un progetto di formazione continua e capillare, che penetri fino in fondo nel tessuto associativo, rendendolo permeabile al Vangelo e facilitando il cambiamento di vita.

C’è una cosa che mi sta particolarmente a cuore per quanto riguarda le associazioni cattoliche, e vorrei parlarne anche a voi. Associazioni come la vostra sono una ricchezza della Chiesa che lo Spirito Santo suscita per evangelizzare tutti gli ambienti e settori. Sono certo che l’AGESCI può apportare nella Chiesa un nuovo fervore evangelizzatore e una nuova capacità di dialogo con la società. Mi raccomando: capacità di dialogo! Fare ponti, fare ponti in questa società dove c’è l’abitudine di fare muri. Voi fate ponti, per favore! E col dialogo, fate ponti. Ma questo può avvenire solo a una condizione: che i singoli gruppi non perdano il contatto con laparrocchi adel luogo, dove hanno la loro sede, ma che in molti casi non frequentano, perché, pur svolgendo là il loro servizio, provengono da altre zone. Siete chiamati a trovare il modo di integrarvi nella pastorale della Chiesa particolare, stabilendo rapporti di stima e collaborazione ad ogni livello, con i vostri vescovi, con i parroci e gli altri sacerdoti, con gli educatori e i membri delle altre associazioni ecclesiali presenti in parrocchia e nello stesso territorio, e non accontentarvi di una presenza “decorativa” alla domenica o nelle grandi circostanze.

Ci sono, nell’AGESCI, molti gruppi che già sono pienamente integrati nella loro realtà diocesana e parrocchiale, che sanno fare tesoro dell’offerta formativa proposta dalla comunità parrocchiale ai ragazzi, ai giovanissimi, ai giovani, agli adulti, frequentando, insieme con gli altri loro coetanei, i gruppi di catechesi e formazione cristiana. Fanno questo senza rinunciare a ciò che è specifico nell’educazione scout. E il risultato è una personalità più ricca, e più completa. Se voi siete d’accordo ? Allora andiamo avanti così!

Vi ringrazio tutti: lupetti e coccinelle, esploratori e guide, rover e scolte, comunità capi e sacerdoti assistenti. Vi accompagno con la mia preghiera, ma chiedo anche a voi di pregare per me.

Buon cammino!
13 giugno 2015















lunedì 15 giugno 2015

Papa Francesco ai giovani: imparate a piangere e amare






Non temete di piangere, non trasformatevi in giovani da museo, imparate ad amare, lasciatevi sorprendere da Dio, imparate l’umiltà dai poveri. Sono queste le esortazioni rivolte da Papa Francesco agli oltre 30 mila giovani durante l’incontro nel campo sportivo dell’Università di Santo Tomas a Manila. Prima di rispondere alle domande di alcuni ragazzi, il Santo Padre ha chiesto di pregare per Chrystel, la giovane di 27 anni morta a causa del crollo di un’impalcatura al termine della Messa a Tacloban.
La realtà è superiore all’idea, ai fogli di carta già disposti sul leggio. Volgendo lo sguardo verso i giovani, Papa Francesco sostituisce il testo preparato per l’incontro con parole pronunciate a braccio, in spagnolo, e precedute da un toccante abbraccio. Quello con una bimba scoppiata a piangere che, dopo aver raccontato la sua esperienza di vita per strada, rivolge piangendo questa domanda al Papa: perché i bambini soffrono?

Imparare a piangere

“Quando il cuore è pronto ad interrogare se stesso e a piangere – ha risposto il Santo Padre dopo aver sottolineato che “le donne sono capaci di porre domande che gli uomini non sono capaci di capire” – saremo in grado di comprendere qualcosa. “La compassione ‘mondana’ - ha aggiunto - non serve a nulla”. Si deve imparare a piangere, “nel mondo di oggi manca la capacità di piangere”:
“Loran los marginados, lloran aquellos…
Piangono gli emarginati, gli esclusi, coloro che vengono scartati ma quelli che hanno una vita senza particolari necessità – ha osservato il Papa - non sanno piangere”. “Alcune realtà della vita si vedono soltanto con gli occhi lavati dalle lacrime”:
“Los invito a que cada uno se pregunte …
“Così – ha detto - invito ciascuno di voi a chiedersi: ho imparato a piangere? Ho imparato a piangere quando vedo un bambino che è affamato, un bambino drogato, un bambino che non ha casa, un bambino abbandonato, un bambino abusato, un bambino sfruttato dalla società?”.
Gesù – ha ricordato il Papa – pianse in diversi momenti della sua vita e soprattutto nel suo cuore:
“Si vos no aprendes a llorar no sos un buen cristiano …
Se non imparate come si piange – ha affermato - non potrete essere buoni cristiani”.

Imparare ad amare

Un giovane ha poi chiesto al Pontefice come ascoltare la voce di Dio al tempo di Internet. Il Papa ha risposto sottolineando che “corriamo il rischio di vivere accumulando informazioni”, di trasformarci in “giovani da museo”.
“No necesitamos jóvenes museos sino jóvenes sabios.…
Non abbiamo bisogno di giovani museo – ha detto - ma di giovani saggi”. La vera sfida è “imparare ad amare”:
“Y este es el desafío que la vida te pone a vos hoy …
E’ questa la grande sfida della vita, imparare ad amare. Non solo accumulare informazioni, senza sapere cosa farne. E’ solo attraverso l’amore che questa informazione diventa feconda”. Per questo il Vangelo ci propone un cammino usando tre linguaggi: quelli della mente, del cuore e delle mani. Per essere saggi – ha detto - usate questi tre linguaggi: “pensate, sentite ad agite”.

Lasciarsi sorprendere da Dio

“Lasciamoci sorprendere da Dio – ha poi affermato il Papa – e rifiutiamo la psicologia del computer che ci fa pensare di sapere tutto”. “Sul computer si trovano tutte le risposte sullo schermo ma nessuna sorpresa”.
Dio invece “si manifesta attraverso la sorpresa”:
“¡Déjate sorprender por Dios! No le tengas miedo a las sorpresas...
Lasciatevi sorprendere da Dio. E non temete le sorprese, ha aggiunto il Papa ricordando l’esempio di San Francesco che “morì con le tasche vuote, ma con un cuore stracolmo”.

Imparare a mendicare

Il Pontefice ha esortato infine i giovani ad imparare a ricevere l’umiltà dai poveri:
“Aprender a mendigar de aquellos…
Imparare a mendicare da coloro ai quali date. Non è facile da comprendere. Imparare a mendicare. Imparare a ricevere dall’umiltà di coloro che aiutiamo. Imparare ad essere evangelizzati dai poveri”.
Papa Francesco si è rivolto ai giovani incontrati nell’Università Santo Tomas parlando a braccio in spagnolo. Nel discorso non letto, in inglese, il Santo Padre ricorda ai giovani filippini tre priorità per dare un significativo contributo alla vita del Paese: preservare l’integrità morale, avere cura dell’ambiente, assistere i poveri. Dal Santo Padre anche l’incoraggiamento a rinnovare la società e a costruire un mondo migliore, ad essere testimoni gioiosi “dell’amore di Dio”.

Sfida all’integrità morale

Il primo ambito in cui i giovani possono offrire il loro contributo - sottolinea il Pontefice - è “la sfida all’integrità morale”, accogliendo l’invito “ad essere coraggiosi, a dare “testimonianza profetica della propria fede”: “Non fuggite questa sfida! Una delle più grandi sfide che i giovani hanno di fronte è quella di imparare ad amare… Non abbiate paura di amare! Ma, anche amando, preservate la vostra integrità morale”.

Cura dell’ambiente

Un secondo ambito nel quale i giovani filippini sono chiamati a dare il loro contributo – osserva il Papa - consiste “nell’avere cura dell’ambiente”: “Siete chiamati a prendervi cura del creato, non solo come cittadini responsabili, ma anche come seguaci di Cristo! …Come amministratori della creazione siamo chiamati a fare della Terra un bellissimo giardino per la famiglia umana”.

Cura dei poveri

Un altro ambito nel quale i giovani possono offrire un prezioso contributo – conclude il Santo Padre - “è la cura per i poveri”. C’è sempre qualcuno che si trova “nella necessità, materiale, psicologica, spirituale”: “Ma a tutti voi, specialmente a quelli che possono fare di più io chiedo: per favore fate di più! Per favore, date di più! Quando offrite qualcosa del vostro tempo, dei vostri talenti e delle vostre risorse alle tante persone bisognose che vivono ai margini, voi fate la differenza”.

19.01.2015



domenica 7 giugno 2015

Questo è il mio corpo dato per voi



Questo è il corpo che io ho, ed è ciò che io sono, diventando più anziano, più pingue, perdendo i capelli, evidentemente mortale. Devo trovarmi a mio agio con il corpo degli altri, i belli e i brutti, i malati e i sani, i vecchi e i giovani, maschi e femmine. San Domenico fondò l’Ordine per salvare gli uomini dalla tragedia di una religione dualista, che condannava come cattivo questo mondo creato. Centrale alla nostra tradizione fin dall’inizio, è l’apprezzamento della corporeità. E’ qui che Dio viene ad incontrarci e a redimerci, divenendo un essere umano di carne e sangue come noi. Il sacramento centrale della nostra fede è la partecipazione al suo corpo; la nostra speranza finale è la risurrezione del corpo. Il voto di castità non è un rifugio dalla nostra esistenza corporale. Se Dio è divenuto carne e sangue, anche noi possiamo osare di fare lo stesso. Scopriamo ciò che significa per noi essere corporali in quel crescendo della vita di Gesù, quando ci offre il suo corpo: “Questo è il mio corpo, dato per voi”. Qui vediamo che il corpo non è solo un cumulo di carne, un fascio di muscoli, sangue e grasso. L’Eucarestia ci mostra la vocazione dei nostri corpi umani: divenire dono reciproco, la possibilità di comunione. Qui il corpo è visto nella sua profonda identità, non come un cumulo di carne, ma come un segno sacramentale di presenza… Il predicatore porta la Parola alla sua espressione non già mediante le parole, ma per mezzo di tutto ciò che noi siamo. La compassione di Dio cerca di divenire carne e sangue in noi, nella nostra tenerezza, perfino nel nostro volto. Nell’Antico Testamento, spesso troviamo la preghiera che il volto di Dio possa risplendere su di noi. Questa preghiera ha trovato una risposta definitiva nella forma di un volto umano, il volto di Cristo. Egli sofferma il suo sguardo sul giovane ricco, lo ama e gli chiede di seguirlo; sofferma il suo sguardo su Pietro, nell’atrio, dopo il suo tradimento; sofferma il suo sguardo su Maria Maddalena nel giardino e la chiama per nome. Come predicatori, in carne e sangue, possiamo dare corpo a quel compassionevole sguardo di Dio. La nostra corporeità non è esclusa dalla nostra vocazione. “L’uomo che è sia predicatore che fratello può imparare, soffrendo e probabilmente attraverso tanti diseguali progressi, ciò che significa essere un volto di Dio, precisamente nell’avere un volto umano, un volto che può sorridere, ridere, piangere e sembrare annoiato... E’ nell’intera nostra unicità e individualità, eternamente valida e desiderata da Dio, che noi siamo pure la rivelazione, la manifestazione, l’espressione di Colui che è l’Unico Verbo scaturito da tutta l’eternità dal silenzio di Dio”. La vera purezza di cuore non consiste nell’essere liberi dalla contaminazione di questo mondo. E’ più nell’essere pienamente presenti in ciò che facciamo e siamo, con un volto e un corpo che esprime noi stessi, al di là dell’inganno e della doppiezza. I puri di cuore non si nascondono dietro i loro volti, con fare guardingo. I loro volti sono trasparenti, non mascherati, con la nudità e la vulnerabilità di Cristo. Essi possiedono la sua libertà e spontaneità. “Solo chi ha un cuore puro, può sorridere in una libertà che crea libertà negli altri”. È strano che non ci venga bene parlare di questo, perché il cristianesimo è la più corporale delle religioni. Crediamo che è stato Dio a creare questi corpi e a dire che erano cosa molto buona. Dio si è fatto corpo fra di noi, essere umano come noi. Gesù ci ha dato il sacramento del suo corpo e ha promesso la resurrezione dei nostri corpi. Sicché dovremmo sentirci a casa nella nostra natura corporale, appassionata...  Dio si è incarnato in Gesù Cristo, ma forse noi stiamo ancora imparando ad incarnarci nei nostri stessi corpi. Dobbiamo scendere dalle nuvole! Il corpo non è solo una cosa che possiedo, sono io, è il mio essere come dono ricevuto dai miei genitori e dai loro prima di loro e, in ultima istanza, da Dio. Per questo quando Gesù dice «Questo è il mio corpo, offerto per voi» non sta disponendo di qualcosa che gli appartiene, sta passando agli altri il dono che lui è. Il suo essere è un dono del Padre che Egli sta trasmettendo. Avvicinarci al mistero dell’amore significa anche amare, persone concrete, alcune con amicizia, altre con profondo affetto (…). Nell’Ultima Cena Gesù prende il pane e lo dà ai discepoli dicendo: «questo è il mio corpo offerto per voi». Egli consegna se stesso. Invece di prendere il controllo su di loro, si consegna ai discepoli perché facciano di lui quello che vogliono. E noi sappiamo quello che ne faranno. È l’immensa vulnerabilità dell’amore vero. 
Timothy Radcliffe, domenicano

domenica 31 maggio 2015

All'origine c'è un legame d'amore





Santissima Trinità - Anno B

In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

Sulla teologia della Trinità il Vangelo non offre formule o teorie, ma il racconto del monte anonimo di Galilea e dell'ultima missione affidata da Gesù agli apostoli.
Tra i quali però alcuni ancora dubitavano. E la reazione di Gesù alla difficoltà, alla fatica dei suoi è bellissima: non li rimprovera, non li riprende, ma, letteralmente, si fa vicino. Dice Matteo: «Gesù avvicinatosi a loro…». Ancora non è stanco di avvicinarsi, di farsi incontro. Eternamente incamminato verso di me, bussa ancora alla mia porta. E affida anche a me, nonostante le mie incertezze, il Vangelo.
Battezzate ogni creatura nel nome del Padre, del Figlio, dello Spirito. I nomi che Gesù sceglie per mostrare il volto di Dio, sono nomi che vibrano d'affetto, di famiglia, di legami. Padre e Figlio, sono nomi che l'uno senza l'altro non esistono: figlio non c'è senza padre, né il padre è tale se non ha figli. Per dire Dio, Gesù scegli nomi che abbracciano, che si abbracciano, che vivono l'uno dell'altro.
Il terzo nome, Spirito Santo, significa alito, respiro, anima. Dice che la vita, ogni vita, respira pienamente quando si sa accolta, presa in carico, abbracciata.
Padre, Figlio, Respiro santo: Dio non è in se stesso solitudine, l'oceano della sua essenza vibra di un infinito movimento d'amore. Alla sorgente di tutto, è posta la relazione. In principio a tutto, il legame. E qui scopro la sapienza del vivere, intuisco come il dogma della Trinità mi riguardi, sia parte di me, elemento costitutivo di Adamo, creato da principio «a sua immagine e somiglianza». In questa frase, decisiva per ogni antropologia cristiana, mi è rivelato che Adamo non è creato semplicemente ad immagine di Dio, Creatore o Verbo o Spirito, ma più esattamente, e più profondamente, a somiglianza della Trinità. A immagine di un Padre che è la fonte della vita, a immagine di un Figlio che mi innamora ancora, di uno Spirito che accende di comunione tutte le nostre solitudini.
La natura ultima dell'uomo è di essere legame d'amore. Io sono uomo quanto più sono simile all'amore.
Fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli... Il termine battezzare nella sua radice significa immergere. Immergete, dice Gesù, ogni creatura dentro l'oceano dell'amore di Dio, rendetela consapevole che in esso siamo, ci muoviamo, respiriamo.
Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo. Non dimentichiamo mai questa frase, non lasciamola dissolversi, impolverarsi. Sono con voi, senza condizioni, dentro le vostre solitudini, dentro gli abbandoni e le cadute, dentro la morte. Nei giorni in cui credi e in quelli in cui dubiti; quando ti sfiora la morte, quando ti pare di volare. Nulla, mai, ti separerà dall'amore.

Ermes Ronchi

sabato 23 maggio 2015

Lo Spirito ci fa liberi, è vento nel mare di Dio




Domenica di Pentecoste - Anno B

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio.
Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».



Gli Atti degli apostoli raccontano la Pentecoste con i colori dei simboli: il primo è la casa. Mentre si trovavano tutti insieme... un vento riempì la casa.
Un gruppo di uomini e donne dentro una casa qualunque: »la gioia che nessun tempio /ti contiene /o nessuna chiesa /t'incatena:/Cristo sparpagliato/ per tutta la terra,/ Dio vestito di umanità». (Turoldo).
Le case, le creature non sono sante perché ricevono l'acqua benedetta, ma sono degne di ricevere l'acqua benedetta perché sono sante.
Venne dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, che scuote la casa, la riempie, dilaga e passa oltre; un vento che porta pollini di primavera e «non lascia dormire la polvere» (Turoldo). Che è, al tempo stesso, brezza e uragano, che conforta e incalza.
«Lo Spirito santo è il vento che fa nascere i cercatori d'oro» (Vannucci), che apre respiri ed orizzonti, che riempie le forme, le abbandona e passa oltre.
Apparvero lingue come di fuoco che si posarono su ciascuno. Il fuoco è il simbolo di Dio e della nostra vita accesa.
Gli uomini, i bambini, nascono accesi, poi i colpi della vita possono spegnerci. E lo Spirito Santo, vento sugli abissi, Amore in ogni amore, viene a sostenerci nel compito di non lasciarci invadere dal freddo delle relazioni, il rischio che Gesù denuncia: «L'amore di molti si raffredderà in quei giorni» (Mt 24,12).
Nel vangelo Gesù sembra ritrarsi e aprire l'era dello Spirito: Molte cose ho ancora da dirvi. Lo fa con umiltà: non pretende di aver risolto o detto tutto, molte cose restano non dette, molti problemi nuovi sorgeranno lungo il cammino e dovranno avere risposte nuove!
Ma per ora non potete portarne il peso: la sua pazienza per la nostra povera misura, per noi che capiamo a poco a poco le cose. I discepoli sono "quelli della via", secondo gli Atti degli apostoli; quelli che sono in viaggio, vele che fremono sotto il vento dello Spirito "lui vi guiderà alla verità tutta intera". I discepoli di Gesù non sono stanziali, camminano verso le "molte cose" ancora da scoprire, verso profondità e intuizioni inattese. La nostra vita è un albeggiare continuo, non un ripetere pensieri già pensati da altri.
La Bibbia risuona da un capo all'altro di un imperativo: alzati e va'! Il verbo più caratteristico dell'uomo di Dio è camminare, avanzare, Gesù stesso dice di sé: Io sono la via.
La sua pedagogia non è arrivare o concludere ma avviare percorsi, iniziare processi: la verità completa è avanti, una scoperta progressiva, un fiorire perenne.
Lo Spirito ci fa liberi e creativi, ci manda al largo nel mare della storia e di Dio, a scoprire nuovi mari quanto più si naviga: noi la vela e lo Spirito il vento.
(Letture: Atti 2,1-11; Salmo 103; Galati 5,16-25; Giovanni 15,26-27;16,12-15).

Padre Ermes Ronchi

martedì 19 maggio 2015

Il Papa parla con giovani di nozze e dei silenzi di Dio


ùSul lungomare Caracciolo  (Napoli) ultimo appuntamento prima di tornare a Roma: la teoria del gender, i matrimoni senza fede, il sinodo sulla famiglia. E scherza con una 95enne: «Lei ha quell'età? E io sono Napoleone»


«Scusate se sono seduto, ma sono stanco… ma voi napoletani, eh? Mi fate muovere!». Ultimo appuntamento di una giornata molto intensa per Papa Francesco a Napoli. Prima di riprendere l’elicottero che per le 19 lo riporta in Vaticano, Jorge Mario Bergoglio si ferma sul lungomare Caracciolo per incontrare i giovani del capoluogo campano. Mette da parte il discorso preparato e risponde a tre domande – poste da una ragazza, da un’anziana e da una coppia di sposi – sui temi più disparati, dalle nozze alla crisi della famiglia, dalla teoria del gender ai silenzi di Dio.

«Il nostro Dio è il Dio delle parole, dei gesti, dei silenzi», ha detto il Papa ad una ragazza che gli aveva chiesto ragione del dolore innocente che c’è nel mondo. «Il più grande silenzio di Dio è la croce: Gesù ha sentito il silenzio del padre fino a chiamarlo abbandono: “Padre perché mi hai abbandonato?” E poi è successo quel miracolo, quella parola, quel gesto grandioso che è stata la risurrezione. Ma il nostro Dio è anche Dio dei silenzi, e sono silenzi che non puoi spiegare se non parli con il crocifisso. Per esempio, perché soffrono i bambini? Come mi spieghi questo? Dove trovi una parola di Dio che lo spieghi? E' uno dei grandi silenzi di Dio. Il silenzio di Dio non dico che si possa capire, possiamo avvicinarci guardando il Cristo crocifisso, Cristo che muore, Cristo abbandonato. E’ questa la verità», ha proseguito il Papa. «Io non posso ingannarti dicendo: andrà tutto bene, sarai felice, avrai una buona fortuna, soldi. No, il nostro Dio fa anche i silenzi. Parole, gesti e silenzi, queste tre cose devi unirle nella tua vita. Questo mi viene da dirti: scusami, non ho un'altra ricetta».

Il Papa ha poi risposto a Erminia, una vedova di 95 anni che ha trovato il sostegno di una «comunità cristiana», iniziando da una battuta: «Si accomodi… perché quando io sento dire che lei ha 95 anni, ho voglia di dirle: se lei ha 95 anni, io sono Napoleone!». Il Papa ha ripreso il concetto di «cultura dello scarto», evocato dalla signora, denunciando lo scarto di anziani e bambini nella società odierna, «usa e getta». E, rievocando quanto già detto in una recente udienza generale del mercoledì, sui genitori anziani abbandonati nelle case di riposto dai figli, ha sottolineato che «l’affetto è la migliore medicina», soprattutto per gli anziani, mentre, senza «eufemismi», nella società di oggi a volte prevale la «eutanasia», non solo quando «ti danno una puntura e ti mandano dall'altra parte», ma anche la «eutanasia nascosta: non darti le medicine, non darti le cure, farti la vita triste e così si muore».

Ad una coppia di sposi che chiedeva della difficoltà della famiglia nel frangente attuale, il Papa ha detto che «la famiglia è in crisi, e non è una novità», ed ha elencato una serie di cause diverse: dalla mancanza di fede («Stiamo ancora cercando una chiesa in armonia con il vestito, e poi il ristornate vicino alla chiesa, e poi le bomboniere: ma dimmi, con che fede ti sposi, è un fatto sociale?») alle «colonizzazioni ideologiche» che ci sono in Europa e oltreoceano: «Modalità, proposte, anche quello sbaglio della mente umana che è la teoria del gender e che fa tanta confusione: la famiglia è sotto attacco». Bergoglio, che ha sottolineato di non avere «ricette», ha però indicato nella «testimonianza» e nella «preghiera» due concetti-chiave per affrontare in modo maturo l’amore («tiratevi pure i piatti, ma fate la pace prima di andare a dormire»), ed ha ricordato che proprio per questa crisi della famiglia «il Signore ha voluto il sinodo sulla famiglia». 

Il Papa, che prima del lungomare aveva incontrato i malati nella basilica del Gesù nuovo, ha concluso l’incontro con i giovani ricordando che il primo giorno di primavera è «giorno dei giovani» e sottolineando che «se noi vogliamo che il nostro popolo abbia futuro, abbiamo cura dei giovani, cercando per loro il lavoro e strade di uscita da questa crisi, dando loro i valori dell'educazione, e abbiamo cura degli anziani, che portano saggezza della vita». Infine il commiato: «A Maronna v’accompagne».


mercoledì 13 maggio 2015

Una vita alla grande non è una vita per forza felice. Gesù è gioia vera








Essere ragazzi che non voltano le spalle a Gesù come il "giovane ricco". O, anche se lontani come il "figliol prodigo", hanno "il coraggio di ritornare” per sentire da Lui “l’abbraccio della misericordia”. Ed essere ragazze capaci di donare al mondo ciò che è più tipicamente femminile, tenerezza e pace, a imitazione della Madre di Gesù. Sono inviti che Papa Francesco rivolge ai giovani di Buenos Aires, in un videomessaggio inviato in occasione della loro Giornata regionale della gioventù, svoltasi sabato scorso nella capitale argentina.

Il giovane ricco, quello furbo e il giovane morto. E le donne, maestre di tenerezza in una Chiesa che è “femminile” come loro, come Maria. Nel videomessaggio ai giovani argentini, sviluppato con una freschezza di linguaggio molto coinvolgente, Papa Francesco parte da alcuni esempi di giovani che nel Vangelo hanno incrociato la strada di Gesù e ne analizza il comportamento. Parlo di loro, spiega all’inizio ai ragazzi, “perché ‘fate chiasso’ ve l’ho già detto, di ‘non avere paura di niente’ ve l’ho già detto, di ‘essere liberi’ ve l’ho già detto “. Dunque, il discorso del Papa si impernia sul gioco di luci-ombre determinato dal confronto tra i “giovani Apostoli” di Gesù – alcuni di loro lo erano, dice – e altri, come ad esempio il “giovane ricco”, che con la sua “vita impeccabile” da “bravo ragazzo” rifiuta di donare i suoi averi ai poveri e di seguire il Maestro, perché "avvinghiato alla mondanità":
E quel ragazzo è andato via triste perché aveva un mucchio di soldi e non voleva rimetterci per Gesù. E se n’è andato con i suoi soldi e con la sua tristezza. I primi [cioè gli Apostoli - ndr] avevano la loro gioia, quella bella allegria che l’incontro con Gesù donava. Egli invece se n’è andato con la sua tristezza”.

Certo, riconosce Papa Francesco, anche gli Apostoli “cedettero” – “Pietro lo rinnegò, Giuda lo tradì, gli altri scapparono” – ma successivamente, sottolinea, “lottano per restare fedeli a quell’incontro, l’incontro con Gesù”. Non così il figliol prodigo della parabola, che Papa Francesco chiama il “giovane furbo” e che, sostiene, “ha voluto scrivere da solo la propria vita”, ha “voluto prendere a calci le regole della disciplina paterna”, “e se l’è spassata per bene” finché – lui, figlio del padrone – “che aveva una vita alla grande, ha conosciuto quello che mai aveva conosciuto prima: la fame”
Ma Dio è molto buono. Dio approfitta dei nostri fallimenti per parlarci al cuore. Dio non ha detto a questo giovane: ‘Sei un fallito, guarda cosa hai combinato!”’. Lo fa ragionare. Dice il Vangelo che il giovane ‘è rientrato in sé’: ‘Cosa me ne faccio di questa vita? La baldoria non mi è servita a nulla’. (...) Ed è tornato. La sua grande sorpresa – e gli prese un colpo – è stata che il padre lo stava aspettando da anni. (…) E questo grande peccatore, questo grande sperperatore di tutto il guadagno di suo padre, ha incontrato qualcosa che non aveva mai conosciuto: l’abbraccio di misericordia”.

Terzo esempio, il “giovane morto”, figlio unico di una madre vedova, che Gesù incontra uscendo dalla città di Naim, mentre il corteo funebre va a seppellirlo. In questo caso, nota Papa Francesco, “Gesù ebbe pietà della madre, non del ragazzo. Ma il ragazzo, grazie alla madre, ha ottenuto il miracolo ed è risorto”. Poi, il Papa si mette nei panni della ragazze che lo ascoltano e scherza sul fatto di aver preso esempi per “maschi”. E trova delle parole belle e delicate per parlare dell’essere donna in ottica cristiana, persone come Maria, capaci di portare tenerezza, pace, gioia:
La donna ha una capacità di dare vita e di dare tenerezza che noi maschi non abbiamo. Voi siete donne di Chiesa. Della Chiesa o ‘dello’ Chiesa? No, non è ‘il’ Chiesa, è 'la' Chiesa. La Chiesa è femminile, è come Maria. E’ quello il vostro posto. Essere Chiesa, conformare la Chiesa, essere insieme a Gesù, dare tenerezza, accompagnare, far crescere. Che Maria, la Signora della carezza, la Signora della tenerezza, la Signora della Prontezza nel servire, vi indichi il cammino”.


(28-04-2014 Radio Vaticana)

martedì 28 aprile 2015

Papa a Scholas Occurrentes: ricostruire patto educativo, no a deleghe





Non cambieremo il mondo, se non cambiamo l'educazione; per farlo occorre costruire ponti e ricostituire il patto educativo a scuola, in famiglia e nella società: è quanto ha affermato ieri pomeriggio il Papa, nell’Aula del Sinodo in Vaticano, in videoconferenza con i con ragazzi disabili collegati da varie parti del mondo, per la chiusura del IV Congresso Mondiale "Scholas Occurrentes”. La rete internazionale di scuole, nate in Argentina per volere dell’allora arcivescovo di Buenos Aires Jorge Mario Bergoglio, oggi conta 400mila istituti, sparsi nei 5 continenti uniti da sport, scienza e tecnologia. Presentate anche nuove sinergie con l'università Lumsa di Roma e progetti in Mozambico. Massimiliano Menichetti:
In ogni ragazzo c'è un tesoro
Le mani aperte verso lo schermo che salutano, il volto che esprime gioia e gratitudine del Papa e dei ragazzi in videoconferenza. E’ l’istantanea piena di forza di questo incontro tra Francesco nell’Aula del Sinodo in Vaticano, con altre 260 persone, e i ragazzi disabili collegati da Stati Uniti, Sud America, Africa, Australia, Medio Oriente. I volti di Isabel, Pedro, Alisia, Elvira, Taylor, Manosh e Bauti sono stati i testimoni che hanno chiuso il IV Congresso Mondiale di Scholas Occurrentes. Hanno raccontato le loro storie dialogando con il Papa. Storie difficili di ragazzi che vivono la disabilità, ma non per questo sconfitti, anzi hanno conquistato, lo sport, la voglia di usare telecamere, tablet, di dire agli altri "non scoraggiatevi mai":
"Todos ustedes tienen un cofre …
In tutti voi c’è uno scrigno e dentro c’è un tesoro. Il vostro lavoro è aprire lo scrigno, tirare fuori il tesoro, farlo crescere, darlo agli altri e ricevere quello degli altri. Ognuno di noi ha un tesoro dentro. Se lo lasciamo chiuso, resta nascosto, se lo condividiamo con gli altri, il tesoro si moltiplica con i tesori che vengono dagli altri”.
Raggiungere l'armonia non è raggiungere compromessi
Papa Francesco ha parlato della necessità di raggiungere l’armonia, che non è - ha precisato - "raggiungere dei compromessi, regole, una parziale capacità d’intendersi":
“Armonia es de alguna manera crear entendimiento…
L’armonia, in qualche modo, è creare la capacità di intendere le differenze, accettare le differenze, dare valore alle differenze e lasciare che si armonizzino"
Il patto educativo rotto
Quindi ha centrato la sua attenzione sul patto educativo:
“El pacto educativo que se da entre la familia…
Il patto educativo che si dà in famiglia, a scuola, nella patria, nella cultura è rotto".
Non delegare educazione
Il patto educativo rotto – ha spiegato - significa che sia la società sia la “famiglia sia le diverse istituzioni delegano l’educazione agli addetti all’educazione”, “ai docenti, che generalmente mal pagati hanno sulle spalle questa responsabilità e se non ottengono un risultato, vengono ripresi”. “Nessuno – ha proseguito – però riprende le diverse istituzioni che hanno rinunciato al patto educativo, lo hanno delegato”. E il Papa si è detto vicino ai docenti, per questo difficile compito. Valorizzando l’esperienza di Scholas
 Occurrentes ha evidenziato lo sforzo a voler ricostruire “armonicamente il patto educativo” e la strada di cultura, sport e scienza per edificare ponti:
“Scholas quiere armonizar el lenguaje de la cabeza…
Scholas vuole armonizzare il linguaggio della testa con il linguaggio del cuore e il linguaggio delle mani. Che una persona, che un ragazzo, che un giovane pensi a quello che sente e a quello che fa; senta quello che pensa e quello che fa; faccia quello che sente e quello che pensa"
I Paesi non rinneghino la propria cultura
Per il Papa bisogna arrivare ad un “patto educativo” “assunto da tutti”, per sconfiggere la “crisi della civilizzazione”. Poi ha introdotto una vera e propria pedagogia per raggiungere l’armonia: “Ogni Paese cerchi” nella “tradizione storica, popolare le cose
 fondanti”. Le studi, le diffonda. “La cultura italiana, per esempio – ha detto - non può rinnegare Dante come fondamento”, quella Argentina, “Martin Fierro”.
Il gioco  come cammino educativo
Cultura ma anche gioco ha indicato Francesco:
“El Libro de la Sabiduria dice…
Il Libro della Sapienza dice che Dio giocava, la sapienza di Dio giocava. Riscoprire il gioco come cammino educativo, come espressione educativa. Quindi l’educazione non è solamente informazione, è creatività nel gioco. Quella dimensione ludica che ci fa crescere nella creatività e nel lavoro insieme”.
La ricerca della bellezza
Imprescindibile in questo cammino verso l’armonia la ricerca della la bellezza, “che ci fonda”  ha sostenuto “ con la nostra arte, con la nostra musica, con la nostra pittura, con la nostra scultura, con la nostra letteratura”. Il Pontefice ha valorizzato anche la creatività e i tre linguaggi: delle mani, del cuore e della mente perché “questa scintilla” delle
 Scholas Occurrentes “che è nata continui ad estendersi in un fuoco che aiuti a ricostruire, ad armonizzare il patto educativo”.
Il colloquio con i ragazzi
Toccante il momento in cui Papa Francesco ha parlato con i ragazzi. La piccola
 Isabel non vedente, di 13 anni, che ama l’atletica ha chiesto al Papa di dire a chi in difficoltà “di non arrendersi, perché con un po’ di sforzo si può arrivare dove si vuole”. Ad Alicia Francesco invece ha confessato di non saper usare bene la macchina fotografica e "il computer”. Taylor ha aperto il suo cuore: “ho incontrato molti ostacoli nella mia carriera scolastica. La mia lotta più grande è quella di essere in grado di condividere i miei pensieri per non perdere il passo e andare avanti”. Spiegando la lentezza a cui è costretto dalla sua disabilità ha chiesto al Papa come affrontare questo muro. E il Papa ha detto che non "bisogna spaventarsi mai di fronte alle difficoltà" perché "siamo capaci di superarle tutte, abbiamo solo bisogno di tempo per capire, intelligenza per trovare la via e coraggio per andare avanti, per non spaventarsi mai”. Francesco ha poi ribadito a Manosh la bellezza nel costruire ponti come insegna “Scholas Occurrentes”, perché: “quando voi comunicate date il meglio che avete dentro e ricevete dagli altri il meglio che hanno dentro. 
(videoconferenza 06/02/2015)