Questo Salmo è la prima
lamentazione comunitaria del Salterio, è l’esempio tipico di
supplica collettiva di un popolo oppresso dal nemico. Dal Salmo sale
l’antico e costante respiro di dolore degli Ebrei, perseguitati
attraverso tutti i secoli, ma è anche la preghiera degli oppressi di
tutti i tempi.
Punto di riferimento
della preghiera e della speranza di liberazione è il passato, che in
sé contiene le gesta salvifiche di Dio. Esso introduce nell’amaro
presente, che si presenta umiliante e inspiegabile soprattutto sulla
base della pietra di paragone del passato glorioso. Si apre poi un
futuro di speranza, animato dalla certezza che Dio non può restare
in eterno silenzioso e prima o poi interverrà.
Gli attori del Salmo sono
sempre tre: è Dio, interpellato con il tradizionale “perché?”,
è il noi collettivo dell’intera nazione sofferente, sono essi, i
nemici, che in questo carme sono citati in modo meno forte del
consueto, mettendo l’accento sull’intervento di Dio, intervento
che qui sembra ritenuto debole e lontano. In una preghiera inserita
nell’alone della storia della salvezza e dell’alleanza, è facile
usare nei confronti di Dio parole che a noi sembrano ardite:
“svegliati”, “alzati”, “non rigettarci sempre”.
Il simbolo principale in
questo Salmo 44 (43) è quello militare, legato all’ideologia della
guerra santa. Questo modo di concepire la signoria di Dio sulla
storia, nella rilettura cristiana è da purificare da tutti i suoi
aspetti teocratici e nazionalistici. Lo stesso salmo non invoca la
vendetta sui nemici, la sua speranza si concentra sulla fedeltà di
Dio alle sue promesse. In questo spirito il salmo è vicino a un
canto di fiducia e come tale può pienamente entrare nel repertorio
delle invocazioni della Chiesa, pellegrinante nell’amarezza,
nell’oscurità e nell’attesa.
Dio, con i nostri
orecchi abbiamo udito,
i nostri padri ci hanno
raccontato
l'opera che hai
compiuto ai loro giorni,
nei tempi antichi.
Tu per piantarli, con
la tua mano hai sradicato le genti,
per far loro posto, hai
distrutto i popoli.
Poiché non con la
spada conquistarono la terra,
né fu il loro braccio
a salvarli;
ma il tuo braccio e la
tua destra
e la luce del tuo
volto,
perché tu li amavi.
Ma ora ci hai respinti
e coperti di vergogna,
e più non esci con le
nostre schiere…
Tutto questo ci è
accaduto
e non ti avevamo
dimenticato,
non avevamo tradito la
tua alleanza.
Non si era volto
indietro il nostro cuore,
i nostri passi non
avevano lasciato il tuo sentiero;
ma tu ci hai abbattuti
in un luogo di sciacalli
e ci hai avvolti di
ombre tenebrose.
Se avessimo dimenticato
il nome del nostro Dio
e teso le mani verso un
dio straniero,
forse che Dio non lo
avrebbe scoperto,
lui che conosce i
segreti del cuore?
Per te ogni giorno
siamo messi a morte,
stimati come pecore da
macello.
Svègliati, perché
dormi, Signore?
Dèstati, non ci
respingere per sempre.
Perché nascondi il tuo
volto,
dimentichi la nostra
miseria e oppressione?
Poiché siamo prostrati
nella polvere,
il nostro corpo è
steso a terra.
Sorgi, vieni in nostro
aiuto;
salvaci per la tua
misericordia.
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