mercoledì 17 luglio 2013

Diventare Diamanti

«Tu sei un uomo spezzato, io sono un uomo spezzato e tutte le persone che conosciamo direttamente o di riflesso sono persone spezzate. Forse l’inizio più semplice sarebbe dire che il nostro essere spezzati rivela qualcosa su chi siamo. Le nostre sofferenze e i nostri dolori non sono semplicemente noiose interruzioni nella nostra vita: ci toccano, piuttosto, nella nostra unicità e nella nostra più intima individualità. L’essere spezzati è un’esperienza del tutto personale e nella società in cui tu ed io viviamo è generalmente una esperienza intima: è lo spezzarsi del cuore, è la sofferenza del cuore spezzato» (H.J.M. NOUWEN, Sentirsi amati).

Ho fatto un po’ di fatica questa settimana a leggere e a restare sul libro di Nouwen. Bello rivendicare il nostro “essere scelti” da Dio e il nostro “essere benedetti”: com’è subito evidente che siamo gli Amati a partire da queste due realtà. Ma.. rivendicare il nostro “essere spezzati”, questo no, questo non mi risulta per nulla facile. Tutti facciamo l’esperienza di essere “spezzati”, cioè di essere feriti nel profondo dalla nostra fragilità o dal male che ci circonda, ma tutti facciamo anche l’esperienza di cercare di fuggire dalla sofferenza o di cercare di nasconderla a noi stessi e agli altri.
E’ vero, poi, ed è forse questo che rende ancora più grande il nostro dolore, che ogni volta che soffriamo, ogni volta che succede qualcosa che ci “spezza” interiormente, subito lo leggiamo come una conferma del nostro essere persone inadatte, indegne, sbagliate… Il mondo spesso spinge la nostra vita sotto il segno di questa “maledizione”: se la persona che ami ti ha lasciata, probabilmente tu hai qualcosa di sbagliato; se non trovi lavoro, sei tu una persona inadatta; se non sei ricca, tu non vali niente..
Eppure, se lascio che la mia vita sia davvero sotto il segno della benedizione, consapevole che Dio mi ha amata e voluta così come sono, allora anche l’essere spezzata può essere posto sotto questa benedizione: non è più un segno del mio essere sbagliata, ma è un passaggio, un’opportunità che rivela davvero chi sono io, che magari riesce anche a farmi tirar fuori potenzialità, risorse impensate.
Entrare in questa realtà e metterla sotto la benedizione, non rende necessariamente il nostro dolore meno acuto. In effetti, spesso ci rende più consapevoli di quanto siano profonde le nostre ferite e di come sia irreale aspettarsi che svaniscano.”

Porre sotto la benedizione il nostro essere spezzati, vuol dire provare ad avvicinarci al nostro dolore, aver imparato a chiamarlo per nome, non averne più paura. E’ riconoscere che ci sono ferite che rimarranno nella nostra vita come parti indelebili, segni della nostra individualità, ma che “abbracciate alla luce di Colui che ci chiama Amati, può rendere l’"es­sere spezzati" splendente come un diamante”.

Nessun commento: