Sabato scorso Papa Francesco ha
incontrato a Roma i seminaristi e le novizie di tutta Italia, ossia i giovani
che hanno scelto di incamminarsi nella vita religiosa e nel sacerdozio. Nel
discorso tenuto nell’Aula Paolo VI ha sottolineato molti aspetti di vita che
possono in realtà parlare a ciascuno di noi e che si ricollegano alle
riflessioni che abbiamo fatto in queste ultime settimane. Vogliamo riprenderne alcuni.
Il Papa parla della cultura del
provvisorio, che rende difficile ogni scelta: “..tutti noi, anche noi più
vecchi, siamo sotto la pressione di questa cultura del provvisorio; e questo è
pericoloso, perché uno gioca la vita una volta per sempre. Io mi sposo fino a
che dura l’amore; io mi faccio suora, ma per “un po’ di tempo”, e poi vedrò; io
mi faccio seminarista per farmi prete, ma non so come finirà la storia. Questo
non va con Gesù!”. Gesù ci chiede di fidarci di Lui sempre, fidandoci della
Vita che ci dona, fidandoci delle persone che ci fa incontrare, fidandoci
dell’Amore.
Parla, poi, di gioia, di una gioia
che traspare, che si vede nei volti di chi cammina con Gesù attraverso la vita,
la gioia dello Spirito Santo. “La vera gioia non viene dalle cose, dall’avere,
no! Nasce dall’incontro, dalla relazione con gli altri, nasce dal sentirsi
accettati, compresi, amati e dall’accettare, dal comprendere e dall’amare; e
questo non per l’interesse di un momento, ma perché l’altro, l’altra è una
persona. La gioia nasce dalla gratuità di un incontro! (..)Capire e sentire
questo è il segreto della nostra gioia. Sentirsi amati da Dio, sentire che per
Lui noi non siamo numeri, ma persone; e sentire che è Lui che ci chiama. (..)Nella
preghiera il Signore ci fa sentire questo amore, ma anche attraverso tanti
segni che possiamo leggere nella nostra vita, tante persone che mette sul nostro
cammino. E la gioia dell’incontro con Lui e della sua chiamata porta a non
chiudersi, ma ad aprirsi; porta al servizio nella Chiesa. San Tommaso diceva “bonum
est diffusivum sui”: il bene si diffonde. E anche la gioia si diffonde. E
la gioia, quella vera, è contagiosa; contagia.. fa andare avanti. (..)Non
c’è santità nella tristezza, non c’è! Santa Teresa diceva: “Un santo triste è
un triste santo!”. (..)Per questo io dico a voi: la radice della tristezza
nella vita pastorale sta proprio nella mancanza di paternità e maternità che
viene dal vivere male ogni consacrazione, che invece ci deve portare alla
fecondità.. Questa è la bellezza della consacrazione: è la gioia, la gioia…”
Parla, quindi, di autenticità e di
coerenza. “Per essere testimoni gioiosi del Vangelo bisogna essere autentici e
coerenti.” Cristo ci chiama ad annunciare il Vangelo con l’autenticità di vita,
con una vita coerente con quanto diciamo, pensiamo, crediamo. “Per questa
strada, facciamo quello che dice san Francesco: predichiamo il Vangelo con
l’esempio, poi con le parole! Ma prima di tutto è nella nostra vita che gli
altri devono poter leggere il Vangelo! Anche qui senza timore, con i nostri
difetti che cerchiamo di correggere, con i nostri limiti che il Signore
conosce, ma anche con la nostra generosità nel lasciare che Lui agisca in noi.”
Ed infine, un altro aspetto
importante che il Papa sottolinea è l’aspetto culturale: “(..)La coerenza è
fondamentale perché la nostra testimonianza sia credibile. Ma non basta, ci
vuole anche una preparazione culturale, preparazione culturale sottolineo, per
dare ragione della fede e della speranza. Il contesto in cui viviamo sollecita
continuamente questo “dare ragione”, ed è una cosa buona, perché ci aiuta a non
dare nulla per scontato. Oggi non possiamo dare nulla per scontato! Ma
certamente è anche impegnativo, richiede una buona formazione, equilibrata, che
unisca tutte le dimensioni della vita, quella umana, quella spirituale, la
dimensione intellettuale con quella pastorale.”
Fiducia, gioia, autenticità e
coerenza, intelligenza.. e ancora, parla di trasparenza, di fraternità, di
annuncio.
Termina ricordando che “Gesù manda
i suoi senza «borsa, né sacca, né sandali» (Lc 10,4). La diffusione
del Vangelo non è assicurata né dal numero delle persone, né dal prestigio
dell’istituzione, né dalla quantità di risorse disponibili. Quello che conta è
essere permeati dall’amore di Cristo, lasciarsi condurre dallo Spirito Santo e
innestare la propria vita nell’albero della Vita, che è la Croce del Signore.”
Che la nostra vita possa essere davvero feconda!
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