La preghiera
personale è il mio colloquio intimo con Dio, è una comunicazione unica e
singolare: come ognuna di noi è unica, così anche il mio modo di
pregare, di colloquiare, è diverso da quello dell’altro. Ciascuno, infatti, si
presenta con il suo carico umano fatto di soddisfazioni e delusioni, di gioie e
preoccupazioni, di sentimenti e desideri che lo rendono soggetto ed oggetto
irripetibile di amore. Non esiste quindi la preghiera in astratto, ma la persona che prega, poiché la
preghiera passa necessariamente dall’esperienza umana per divenire esperienza
spirituale.
Tuttavia, il colloquio autentico e veritiero è
caratterizzato da momenti essenziali che non ne imitano l’unicità e la libertà,
ma che ne fanno un’esperienza vivificante. È vero che la preghiera personale
non è tutta la preghiera, ma nella storia della Chiesa, chi è riuscito a fare
della propria vita una preghiera incessante ha dedicato regolarmente del tempo
ogni giorno alla preghiera personale. Dare una cadenza ritmata e regolare
all’incontro personale con Dio aiuta a regolare anche la vita quotidiana.
Alcuni pensano che la preghiera sgorghi sempre spontaneamente, ma chi fa
esperienza vera di preghiera sa che la disposizione a pregare il più delle
volte corrisponde a un preciso atto di volontà di determinarsi a pregare, di
fare spazio e silenzio per ascoltare il Signore. È chiaro che l’uomo non può
trascorrere tutto il tempo in preghiera e raccoglimento, neanche Gesù l’ha
fatto in terra. Tuttavia la relazione
con Dio ha bisogno di tempi adeguati per trasformare la nostra vita in
preghiera continua.
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