E’ un salmo che inizia con una
invocazione di fiducia a cui segue subito un lamento, dove non si riesce bene a
distinguere l’ambito individuale da quello comunitario. Le parole iniziali sono
di tipo liturgico e ricorrono spesso nel salterio: “Salvami, Signore!”.
Il salmo 12 (11) sottolinea
l’incrinarsi dei rapporti sociali e il trionfo dell’ingiustizia, e rivolge un
incisivo appello al giudizio di Dio. Il simbolo dominante è quello della parola,
parole umane di menzogna e di arroganza. C’è un’ampia protesta contro
l’arroganza del potere che va contro gli uomini e contro Dio, il quale però si
schiera col “gemito dei poveri”.
La parola di Dio viene esaltata
con il simbolismo del crogiuolo e del metallo. Il messaggio di fiducia con cui
si conclude il Salmo è percorso anche dalla malinconia dovuta alla realistica
constatazione della costante malizia dell’uomo.
Salvami, Signore! Non c'è più un uomo fedele;
è scomparsa la fedeltà tra i figli dell'uomo.
Si dicono menzogne l'uno all'altro,
labbra bugiarde parlano con cuore doppio.
Recida il Signore le labbra bugiarde,
la lingua che dice parole arroganti,
quanti dicono: "Per la nostra lingua siamo forti,
ci difendiamo con le nostre labbra:
chi sarà nostro padrone?".
"Per l'oppressione dei miseri e il gemito dei poveri,
io sorgerò - dice il Signore -
metterò in salvo chi è disprezzato".
I detti del Signore sono puri,
argento raffinato nel crogiuolo,
purificato nel fuoco sette volte.
Tu, o Signore, ci custodirai,
ci guarderai da questa gente per sempre.
Mentre gli empi si aggirano intorno,
emergono i peggiori tra gli uomini.
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