Questo breve salmo fa parte delle
“liturgie d’ingresso”, dove c’è sempre un aspetto penitenziale.
C’è il richiamo a un culto non
formalistico, il culto deve esprimere il legame della preghiera con la vita. Troviamo
tale richiamo anche in altri luoghi biblici, in particolare in Michea (6,6-8) e
Isaia (33,14-16).
Nella sua forma poetica il testo
presenta una linearità che fa pensare a un testo ufficiale e impegnativo. La
domanda iniziale viene probabilmente rivolta da un fedele al sacerdote in servizio
alle porte del tempio (tenda). La risposta contiene le norme fondamentali
dell’etica, della sociologia e del diritto d’Israele. Più che una norma
legalista, il salmo fa riferimento a un atteggiamento permanente di vita.
“Non far del male al prossimo” è
la regola d’oro che troviamo in Tobia, in Gesù stesso, ma anche nel buddismo e
in altri sapienti orientali. Questo cammino di giustizia e di carità porta alla
stabilità di chi confida nella roccia di Jahweh, di cui è simbolo il colle Sion,
altura su cui fu costruito il tempio di Gerusalemme.

Chi dimorerà sul tuo santo monte?
Colui che cammina senza colpa,
agisce con giustizia e parla lealmente,
non dice calunnia con la lingua,
non fa danno al suo prossimo
e non lancia insulto al suo vicino.
Ai suoi occhi è spregevole il malvagio,
ma onora chi teme il Signore.
Anche se giura a suo danno, non cambia;
presta denaro senza fare usura,
e non accetta doni contro l'innocente.
Colui che agisce in questo modo
resterà saldo per sempre.
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