sabato 12 luglio 2014

Salmo 39 (38)



E’ un Salmo tra i più espressivi della lamentazione che accompagna la tragica realtà della vita. E’ una riflessione sul limite creaturale, ma che nel sottofondo ha pur sempre fede e quindi fiducia in Dio.
Il Salmo 39 (38) è una composizione biblica che si avvicina a quella di Giobbe e a quella del Qohelet. La parola ebraica che nel Qohelet viene tradotta con “vanità”, qui la troviamo ripetuta nei vv. 6.7.12 con il termine “soffio”, e il Salmo è come una testimonianza di quell’eterno respiro di dolore che mai si spegne sulla faccia della terra.
La simbologia semplice e asciutta che l’autore usa per sviluppare il suo canto si articola sull’antitesi di silenzio-parola, di espressioni che richiamano la vita ma anche la sua fine.
Sembra che nella prima parte il Salmo insegni agli ascoltatori la necessità di conoscere la propria miseria per evitare l’orgoglio, e nella seconda la necessità di conoscere Dio per evitare la disperazione.
L’iniziale riferimento del Salmista al silenzio è motivato sia dal timore che l’empio tragga motivo dal dolore per disprezzare Dio, sia dallo sconvolgimento che il dolore produce nel cuore umano.
Il silenzio produce poi un’esplosione che non si può contenere. Al soliloquio segue il dialogo.
Nella seconda parte del Salmo si parla ancora del silenzio, ma non più davanti al mistero dell’esistere, piuttosto davanti all’azione di Dio, manifestando una positiva intuizione della superiore logica divina.


Ho detto: "Veglierò sulla mia condotta
per non peccare con la mia lingua;
porrò un freno alla mia bocca
mentre l'empio mi sta dinanzi".
Sono rimasto quieto in silenzio: tacevo privo di bene,
la sua fortuna ha esasperato il mio dolore.
Ardeva il cuore nel mio petto,
al ripensarci è divampato il fuoco;
allora ho parlato:
"Rivelami, Signore, la mia fine;
quale sia la misura dei miei giorni
e saprò quanto è breve la mia vita".
Vedi, in pochi palmi hai misurato i miei giorni
e la mia esistenza davanti a te è un nulla.
Solo un soffio è ogni uomo che vive,
come ombra è l'uomo che passa;
solo un soffio che si agita,
accumula ricchezze e non sa chi le raccolga.
Ora, che attendo, Signore?
In te la mia speranza.
Liberami da tutte le mie colpe,
non rendermi scherno dello stolto.
Sto in silenzio, non apro bocca,
perché sei tu che agisci.
Allontana da me i tuoi colpi:
sono distrutto sotto il peso della tua mano.
Castigando il suo peccato tu correggi l'uomo,
corrodi come tarlo i suoi tesori.
Ogni uomo non è che un soffio.
Ascolta la mia preghiera, Signore,
porgi l'orecchio al mio grido,
non essere sordo alle mie lacrime,
poiché io sono un forestiero,
uno straniero come tutti i miei padri.
Distogli il tuo sguardo, che io respiri,
prima che me ne vada e più non sia.
 

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