Continuiamo la
pubblicazione dell’intervento di p. Timothy Radcliffe (10).
Il
secondo passo, in breve, è aprirci all’amore, perché non restino piccoli
mondi su cui ripiegarsi. L’amore di Gesù si mostra a noi quando prende il pane
e lo spezza perché possa essere condiviso. Quando scopriamo l’amore non dobbiamo
conservarlo in un piccolo armadio privato per il nostro diletto personale, come
una segreta bottiglia di whisky, salvaguardata dagli sconosciuti per nostro uso
esclusivo. Dobbiamo condividere i nostri amori con i nostri amici e con coloro
che amiamo. In questo modo l’amore particolare si espande e va incontro
all’universalità. Soprattutto è possibile allargare lo spazio perché Dio abiti
in ogni amore. In ogni storia d’amore concreta può vivere il mistero totale
dell’amore, che è Dio. Quando amiamo profondamente qualcuno, Dio sta già li.
Più che vedere i nostri amori in competizione con Dio, questi ci offrono luoghi
in cui possiamo montare la sua tenda.
Come Bede Jarret diceva a Hubert
van Séller, “Se ritieni che l’unica cosa che puoi fare è ritirarti nel tuo
guscio, non vedrai mai quanto Dio sia amoroso… Devi amare P. e cercare Dio in
P. ...
Goditi la sua amicizia, paga il
prezzo del dolore che porta con sé, fanne memoria nella tua Messa e lascia che
Egli sia la terza persona in questo amore”. L’apertura dell’Amicizia Spirituale
[di Aelred of Rievaulx]: «Stiamo qui, tu ed io, e spero che tra noi Cristo
sia un terzo (la terza persona)».
È molto bello, no? Se ti
allontani dall’amore non conoscerai mai quanto amorevole è Dio.
Se non lasci entrare Dio in
quell’amore, e lì lo onori, non vedrai mai il mistero di quell’amore.
Se separiamo il nostro amore
verso Dio dal nostro amore per le persone concrete, entrambi diventeranno aspri
e malaticci. Questo è quello che significa avere una doppia vita.
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