martedì 17 dicembre 2013

Perchè pregare?



La preghiera è un incontro di persone che si amano e come ogni autentico rapporto d’amore (amicizia, sposalizio, maternità, paternità) ha bisogno di frequentazioni assidue per crescere. Allora perché pregare? Mons. Bruno Forte risponde Per vivere. Perchè vivere è amare: una vita senza amore non è vita. La preghiera è la scuola dell’amore”. È, infatti, se si può dire, un bisogno fisiologico del nostro cuore. Mentre il digiuno corrobora ed irrobustisce il dominio del nostro corpo, l’assenza di preghiera indebolisce il nostro spirito a tal punto da farci razzolare tra le nostre prigionie umane, quando invece la nostra anima è stata formata per elevarsi come un’aquila. La preghiera è il cibo ordinario della nostra vita spirituale, è l’ossigeno per la nostra anima, l’indicatore del suo stato di salute. Incontrandoci potremmo quasi chiederci: “Come sta la tua preghiera?”

 
Fr. Timothy Radcliffe, op, parlando della vita di preghiera nella sua lettera all’Ordine Domenicano “La promessa di vita”, dice che: “Nella tradizione Domenicana, parlare a Dio è prima di qualsiasi altra cosa chiedere ciò di cui abbiamo bisogno. Questo non è puerile, ma realismo. Dimostra che ci stiamo svegliando dal piccolo mondo fantasioso del mercato, nel quale tutto è in vendita, e riconosciamo che nel mondo reale ogni cosa è un dono da parte di Colui che è la “sorgente di tutto ciò che è bene per noi. Quando cominciamo a chiedere, siamo sulla via della maturità. Quando preghiamo insieme, osiamo chiedere a Dio quello che più profondamente desideriamo? (..)
Il buon pastore, che è venuto perché abbiamo la vita e più in abbondanza, è colui che apre la porta, perché noi possiamo uscire e trovare grandi spazi aperti. Nella preghiera noi operiamo un esodo, al di là del minuscolo guscio della nostra auto-ossessione. Entriamo nel più vasto mondo di Dio. La preghiera è una “disciplina che mi blocca dal ritenermi in modo scontato come il centro di un piccolo universo, e mi permette di trovare, perdere e ritrovare me stesso costantemente nei disegni intessuti di un mondo che io non ho fatto e non controllo”. ”

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