Dicevamo giovedì scorso che Nouwen usa come base per le
sue riflessioni sull’Eucaristia il brano dei due discepoli che vanno da
Gerusalemme a Emmaus dopo la morte di Gesù. Due persone che tornano sconsolate,
disilluse, tristi verso una casa che non sentono più loro. Pochi anni prima
avevano seguito “quel forestiero” che aveva portato vita nella loro vita, che “li aveva
trasformati in persone per le quali
il mondo non era più un peso, ma una
sfida, non più una terra piena di insidie, ma un luogo con infinite opportunità. Egli aveva portato gioia e pace nella loro esperienza quotidiana. Aveva trasformato
la loro vita in una danza!”. Ma adesso… “Tutto era diventato nullità. Essi lo avevano perduto. Non soltanto lui, ma, con lui,
anche se stessi.. Erano diventati due esseri umani perduti che camminavano
verso casa senza avere una casa...”
“Per molti aspetti
noi siamo come loro. Lo capiamo quando
osiamo guardare dentro il centro del nostro essere e là incontriamo il nostro smarrimento. Non siamo sperduti
anche noi? Se c'è una parola che riassume bene il nostro dolore questa è ‘perdita’.
Abbiamo perduto così tanto!”
A volte abbiamo l’impressione che
tutta la nostra vita sia una lunga serie di perdite, dalla sicurezza dei
genitori alla libertà dell’infanzia, dalla giovinezza alla bellezza, dai nostri
amici ai nostri affetti, dalla salute al perdere tutto della morte.
“E queste perdite
fanno parte della vita ordinaria! Le perdite che si sistemano in profondità nel nostro cuore e nella nostra mente sono la perdita
di intimità a causa delle separazioni, la perdita di sicurezza a causa della
violenza, la perdita dell'innocenza a causa di maltrattamenti, la perdita di amici a causa del tradimento, la perdita
dell'amore a causa dell'abbandono...nessuno può sfuggire alle dolorose perdite che fanno
parte della nostra esistenza
quotidiana – la perdita dei nostri
sogni. (..)Siamo diventati persone inquiete, ansiose e ci aggrappiamo
alle poche cose che avevamo raccolto... È questa perdita di spirito ad essere spesso la più dura da riconoscere e la
più difficile da confessare.”
Ancora più in profondità, spesso siamo feriti dalla
perdita della fede, ossia dal perdere la convinzione che la nostra vita abbia
un significato. “Ricordiamo il tempo in cui Gesù era così reale per noi da non
esserci alcun dubbio circa la sua presenza
nella nostra vita. Era il nostro amico più intimo, nostro consigliere e nostra guida. Ci dava
conforto, coraggio e fiducia in noi stessi.
Potevamo sentirlo, sì, gustarlo e toccarlo.” Ma
poi.. senza sapere come, ci scopriamo a non riconoscerlo più, in qualche modo
lo abbiamo perso, non riscalda più il nostro cuore.
“Non sto
cercando di dire che tutte queste perdite toccheranno la vita di ognuno di noi.
Ma mentre camminiamo insieme e ci
ascoltiamo l’un l’altro possiamo ben
presto scoprire che molte, se non la maggior parte, di queste perdite fanno parte del viaggio, del nostro viaggio
o del viaggio dei nostri compagni.”
Che cosa possiamo fare allora davanti alle nostre
perdite?
Il più delle volte le nascondiamo, non le raccontiamo
ai nostri compagni di viaggio, oppure le minimizziamo o non le consideriamo
reali. “.. ma c'è un'altra possibilità: la
possibilità di piangere. Sì! Dobbiamo
piangere le nostre perdite. Non possiamo
dire o fingere che non ci siano, ma possiamo versare lacrime su di loro
e permettere a noi stessi di affliggerci profondamente. Affliggersi significa
permettere alle nostre perdite di lacerare i sentimenti di sicurezza e protezione e di condurci alla dolorosa
verità della nostra rottura, della
nostra prostrazione. Il nostro dolore ci fa sperimentare l'abisso della nostra vita in cui nulla c'è di sistemato, chiaro, ovvio
e tutto è in costante movimento e cambiamento”.
E mentre piangiamo per le nostre perdite, il dolore
ci apre al pianto e all’afflizione di tutta l’umanità sofferente.
“Ma in
mezzo a tutto questo dolore c'è una voce strana, scioccante e tuttavia sorprendente. È la voce di colui
che dice: «Beati gli afflitti, perché saranno consolati».
È la
notizia inaspettata: c'è una benedizione nascosta nella nostra sofferenza!
In qualche modo, in mezzo alle nostre
lacrime è nascosto un dono.
In qualche modo, in mezzo alla nostra afflizione hanno luogo i primi passi della danza.
In qualche modo, il pianto che sgorga dalle nostre perdite
appartiene ai nostri canti di gratitudine.”
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