giovedì 19 dicembre 2013

..Si fermarono col volto triste..



Dicevamo giovedì scorso che Nouwen usa come base per le sue riflessioni sull’Eucaristia il brano dei due discepoli che vanno da Gerusalemme a Emmaus dopo la morte di Gesù. Due persone che tornano sconsolate, disilluse, tristi verso una casa che non sentono più loro. Pochi anni prima avevano seguito “quel forestiero” che aveva portato vita nella loro vita, che “li aveva trasformati in per­sone per le quali il mondo non era più un peso, ma una sfida, non più una terra piena di insidie, ma un luogo con infinite opportunità. Egli aveva portato gioia e pace nella loro esperienza quotidiana. Aveva trasformato la loro vita in una danza!”. Ma adesso… “Tutto era diventato nullità. Essi lo avevano perduto. Non soltanto lui, ma, con lui, anche se stessi.. Era­no diventati due esseri umani perduti che cammina­vano verso casa senza avere una casa...”
Per molti aspetti noi siamo come loro. Lo capiamo quando osiamo guardare dentro il centro del nostro essere e là incontriamo il nostro smarrimento. Non siamo sperduti anche noi? Se c'è una parola che riassume bene il nostro dolore questa è ‘perdita’. Abbiamo perduto così tanto!”
A volte abbiamo l’impressione che tutta la nostra vita sia una lunga serie di perdite, dalla sicurezza dei genitori alla libertà dell’infanzia, dalla giovinezza alla bellezza, dai nostri amici ai nostri affetti, dalla salute al perdere tutto della morte.
E queste perdite fanno parte della vita ordinaria! Le perdite che si sistemano in profondità nel nostro cuore e nella nostra mente so­no la perdita di intimità a causa delle separazioni, la perdita di sicurezza a causa della violenza, la perdita dell'innocenza a causa di maltrattamenti, la perdita di amici a causa del tradimento, la perdita dell'amore a causa dell'abbandono...nes­suno può sfuggire alle dolorose perdite che fanno par­te della nostra esistenza quotidiana – la perdita dei nostri sogni. (..)Siamo diventati persone inquiete, ansiose e ci aggrappiamo alle poche cose che ave­vamo raccolto... È questa per­dita di spirito ad essere spesso la più dura da rico­noscere e la più difficile da confessare.”
Ancora più in profondità, spesso siamo feriti dalla perdita della fede, ossia dal perdere la convinzione che la nostra vita abbia un significato. Ricordiamo il tempo in cui Gesù era così reale per noi da non esserci alcun dubbio circa la sua presenza nella nostra vita. Era il nostro amico più in­timo, nostro consigliere e nostra guida. Ci dava confor­to, coraggio e fiducia in noi stessi. Potevamo sentir­lo, sì, gustarlo e toccarlo.” Ma poi.. senza sapere come, ci scopriamo a non riconoscerlo più, in qualche modo lo abbiamo perso, non riscalda più il nostro cuore.
“Non sto cercando di dire che tutte queste perdite toccheranno la vita di ognuno di noi. Ma mentre cam­miniamo insieme e ci ascoltiamo l’un l’altro possiamo ben presto scoprire che molte, se non la maggior par­te, di queste perdite fanno parte del viaggio, del no­stro viaggio o del viaggio dei nostri compagni.”
Che cosa possiamo fare allora davanti alle nostre perdite?
Il più delle volte le nascondiamo, non le raccontiamo ai nostri compagni di viaggio, oppure le minimizziamo o non le consideriamo reali. “.. ma c'è un'altra possibilità: la possibilità di piangere. Sì! Dobbiamo piangere le nostre perdite. Non pos­siamo dire o fingere che non ci siano, ma possiamo versare lacrime su di loro e permettere a noi stessi di affliggerci profondamente. Affliggersi significa per­mettere alle nostre perdite di lacerare i sentimenti di sicurezza e protezione e di condurci alla dolorosa ve­rità della nostra rottura, della nostra prostrazione. Il nostro dolore ci fa sperimentare l'abisso della nostra vita in cui nulla c'è di sistemato, chiaro, ovvio e tut­to è in costante movimento e cambiamento”.
E mentre piangiamo per le nostre perdite, il dolore ci apre al pianto e all’afflizione di tutta l’umanità sofferente.
“Ma in mezzo a tutto questo dolore c'è una voce strana, scioccante e tuttavia sorprendente. È la voce di colui che dice: «Beati gli afflitti, perché saranno consolati».
È la notizia inaspettata: c'è una benedi­zione nascosta nella nostra sofferenza! In qualche modo, in mezzo alle nostre lacrime è nasco­sto un dono.
In qualche modo, in mezzo alla nostra afflizione hanno luogo i primi passi della danza.
In qualche modo, il pianto che sgorga dalle nostre per­dite appartiene ai nostri canti di gratitudine.”

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