sabato 14 giugno 2014

SAlmo 35 (34)



Il Salmo 35 (34) contiene una forte ansia di giustizia. Con la sua lacerante sincerità, con lo sdegno che lo attraversa soprattutto davanti all’esperienza amara del tradimento, con l’originalità delle immagini e anche con la realistica monotonia della sua protesta, difficilmente può essere riportato in uno schema ben codificato, come può avvenire per altre composizioni di preghiera-poesia. In certi punti il testo rimane un po’ oscuro.
Questo intenso Salmo 35 (34) è un grande lamento dove, nel linguaggio antico e pieno di emotività, alcune espressioni diventano un’imprecazione attraversata da un aspro desiderio di vendetta.
Dopo una tradizionale “imprecazione” che augura vergogna, ignominia e confusione a chi sta godendo della sofferenza del giusto, il Salmista esprime la gioia del sofferente che si vede esaudito.
Quando si parla di pace, non c’è solo riferimento a tranquillità e quiete ma, come viene intesa nell’antico linguaggio orientale, la pace comprende un insieme di beni personali e sociali.
Come risonanza dei due ultimi versetti del Salmo 35 (34) possiamo ricordare le parole di S. Agostino: “Tutto quello che fai, fallo bene e avrai lodato Dio”.


Signore, giudica chi mi accusa,
combatti chi mi combatte.
Afferra i tuoi scudi
e sorgi in mio aiuto.

Sorgevano testimoni violenti,
mi interrogavano su ciò che ignoravo,
mi rendevano male per bene:
una desolazione per la mia vita.
Io, quand’erano malati, vestivo di sacco,
mi affliggevo col digiuno,
riecheggiava nel mio petto la mia preghiera.
Mi angustiavo come per l’amico, per il fratello,
come in lutto per la madre mi prostravo nel dolore.
Ma essi godono della mia caduta, si radunano,
si radunano contro di me per colpirmi all’improvviso.

Signore, tu hai visto, non tacere;
Dio, da me non stare lontano.
Déstati, svégliati per il mio giudizio,
per la mia causa, Signore mio Dio.
Giudicami secondo la tua giustizia, Signore mio Dio,
e di me non abbiano a gioire.
Non pensino in cuor loro: «Siamo soddisfatti».
Non dicano: «Lo abbiamo divorato».
Sia confuso e svergognato chi gode della mia sventura,
sia coperto di vergogna e di ignominia chi mi insulta.
Esulti e gioisca chi ama il mio diritto,
dica sempre: «Grande è il Signore,
che vuole la pace del suo servo».
La mia lingua mediterà la tua giustizia,
canterà la tua lode per sempre.
 

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