lunedì 2 giugno 2014

Comunità o vita in comune?



La settimana scorsa, riflettendo sulla “predicazione” di Domenico, dicevamo che per lui la stessa comunità era predicazione. Ma in realtà, “in tutta la tradizione domenicana, fin dalle origini (v. il Capitolo di Bologna), non si parla di comunità. Il termine comunità indica l’Istituzione, il modo di vivere di chi ha fatto una certa scelta. Si parla, invece, di vita comune: ci si preoccupa cioè dello spirito, non della legge” (A. Potente).
E’ una sottolineatura che può sembrare banale o superficiale, ma non mi sembra che sia così. Noi usiamo tranquillamente i due termini come fossero intercambiabili, ma in questa lettura ci dicono invece due cose diverse.
Parlare di comunità è parlare di una Istituzione che si è data delle norme, un modo di stare insieme, che si presenta come una realtà ben precisa al cui interno ci possono essere ruoli definiti: dalla comunità religiosa (che vive in un convento, che ha una responsabile, che ha uno stile piuttosto che un altro..) alla comunità parrocchiale (che vive attorno ad una parrocchia, che ha un parroco o chi per lui, che prevede gruppi di persone con mansioni diverse – i catechisti, i ministranti, ecc -), alla comunità sociale (al cui interno possiamo trovare altre realtà “comunitarie” istituzionalizzate, come le comunità per minori, le comunità di recupero, ecc.).
Ma parlare, invece, di vita in comune è parlare “dello spirito”, cioè parlare del desiderio di vivere insieme. E’ parlare del sogno che appartiene a tutta l’umanità di vivere in comunione e che si realizza in modi molto diversi.
Domenico, che per non pochi anni è stato “spinto” dalla realtà, dalla storia di quel momento, a vivere da solo, non ha mai smesso di coltivare questa dimensione comunitaria della vita, fatta appunto non tanto di regole, strutture, muri, ma di passioni, desideri, ricerca, condivisione, confronti. E questo gli ha permesso poi di saper “vivere in comunità” costituite di donne o di uomini, di giovani o di anziani, di persone completamente diverse da lui o dalla sua cultura.
Davvero il desiderio di vivere in comunione, di sentirsi parte di un tutto che vive, che respira, che ama, appartiene a tutta l’umanità, e ciascuno cerca, anche se a volte non consapevolmente, come realizzarlo nella propria vita. Al di là delle forme istituzionalizzate, dell’arrivare a scegliere una “struttura” piuttosto che un’altra, una comunità piuttosto che un’altra, mi sembra sia importante e bello scoprire in noi questo desiderio, riconoscere i segni del nostro cercare comunione con gli altri, con il cosmo, con Dio, coltivare in ogni momento della nostra vita, con ogni mezzo, questa dimensione comunitaria.



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