“Lei non m’interessa”.
Un uomo non può rivolgere queste parole a un altro uomo senza commettere una
crudeltà e ferire la giustizia. (..) In ogni uomo vi è qualcosa di sacro. Ma
non è la sua persona. E neppure la persona umana. É semplicemente lui, quell’uomo.
(..) É lui. Lui nella sua interezza. Braccia, occhi, pensieri, tutto. Non
arrecherei offesa a niente di tutto questo senza infiniti scrupoli.”
(Simone Weil, La persona e il sacro,
Ed. Adelphi)
Mi sono imbattuta in questa frase di Simone Weil e non ho potuto
fare a meno di pensare alla nostra società oggi, alle nostre relazioni. Chi di
noi è ancora capace di farsi “infiniti scrupoli” nel recare una qualsiasi
offesa ad un uomo, ad una donna oggi? Dire alla persona che ho davanti “Lei non
m’interessa” è la cosa che facciamo con più facilità: prima ancora che con le
parole, lo facciamo con i nostri sguardi rivolti altrove, con i nostri pensieri
chiusi in se stessi, non ascoltando con tutto di noi, non accogliendo con il
cuore, non usando del tempo per gli altri.. Weil non ha parole tenere: è
“commettere una crudeltà e ferire la giustizia”. Non ne avevo mai preso
coscienza.. di quante crudeltà e di quante ingiustizie sono stata artefice nei
confronti di chi ho incontrato: ed è una crudeltà, è un’ingiustizia, il non
aver riconosciuto il sacro che è in lui o in lei e che la rende unica,
irripetibile. Non sono le sue qualità, non sono i suoi doni, non sono le sue
caratteristiche fisiche: è tutta la sua interezza, “braccia, occhi, pensieri,
tutto”.
C’è un treno di amici che sta viaggiando per Lourdes in
questo momento. Sono tutti diversi: ci sono giovani e anziani, uomini e donne,
sani e ammalati; ci sono i pellegrini e chi fa servizio, c’è chi può camminare
e chi ha bisogno dell’aiuto degli altri, c’è chi anima e organizza e chi segue
e prega. Li ho incontrati, qualcuno lo conosco meglio, qualcuno l’ho solo
visto, ma posso dire che sono attenti l’uno nei confronti dell’altro per non
"ferire la giustizia": mi piace pensare che abbiano cuore e occhi capaci di
cogliere quel “qualcosa di sacro” che è in ciascuno di noi!
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