Nel secondo Capitolo di “Dare
la vita. Meditazioni sull’Eucaristia”, Pierre Claverie approfondisce il momento
penitenziale dell’inizio della celebrazione eucaristica, allargando la
riflessione al bisogno di conversione che accompagna ogni tipo di relazione.
“Se l'atteggiamento fondamentale necessario per
accostarsi al regno di Dio è la povertà, il primo passo nella logica del
battesimo sarà la conversione. E il
primo atto della conversione ci dovrà far uscire dalla nostra sufficienza.
Allora siamo pronti ad aspettare e accogliere quello che Dio vuole donarci
appena trova un cuore socchiuso.”
Non c’è possibilità di
incontro e di comunione se il nostro cuore è chiuso in una autosufficienza, che
cerca la propria perfezione lontano dagli altri, ma anche da Dio stesso.
“Dio non vuole per l’uomo una perfezione che lo
rinchiuda in se stesso e lo renda inaccessibile: la perfezione che vuole per
lui è quella della relazione che conduce alla comunione. In altri termini, la
perfezione dell’amore. Ora, l’amore è una ferita che rende vulnerabile e dalla
quale può uscire il sangue del nostro cuore, il soffio della nostra vita”.
Riconoscere di essere
peccatori è “scoprirsi”, ridiventare vulnerabili, mettersi nella disposizione
di chi non basta a se stesso, ma va incontro all’altro/Altro per lasciarsi
riconciliare: il peccato “non è un
trasgredire l'osservanza della Legge. Il peccato è l'atteggiamento di fondo che
può colorare perfino la virtù, perfino l'apparenza più nobile e più perfetta: essere peccatore è voler fare di se stesso
il centro del mondo, è essere ripiegato e rivolto su di sé, è voler essere
se stesso per se stesso, davanti agli altri e davanti a Dio, ricondurre tutto a
sé”.
Il peccato è rompere la
relazione (come nell’Antico Testamento), ma tutta la storia sacra racconta di
un Dio appassionato dell’uomo, che non smette di cercarlo (“Dove sei?”), che
non dispera mai dell’uomo (“Lento all’ira e ricco di misericordia”), che si
rallegra e si commuove davanti al peccatore pentito (le parabole di Luca).
“Gesù è la tenerezza di Dio in
atto..non giudica né condanna:
egli richiede e suscita la conversione con un sovrappiù di presenza premurosa e
d'amore. Egli si commuove davanti al peccatore e gli va incontro. Solo la
sufficienza gli ripugna e la incontra soprattutto presso i giusti secondo la
Legge: egli allora si servirà della minima incrinatura, della più piccola
apertura, della ferita, per entrare in relazione con l'uomo più incallito,
sciogliere la sua indifferenza e mettere
un cuore di carne al posto del cuore di pietra. Lo restituisce alla sua umanità
dandogli di nuovo il gusto di vivere e il senso della vita.”
Ancora, riconoscersi
peccatori non ha nulla di tragico né di disperato (non riesco ad essere perfetto),
perché invece presuppone l’aver scoperto l’amore di Dio e il suo potere di
perdono e di trasformazione.
“Noi imploriamo allora la pietà di Dio perché non ci
lasci ripiegati e rinchiusi in noi stessi, impauriti e schiacciati dal nostro
orgoglio, umiliati perché ci siamo allontanati dal cammino della virtù… in noi
c'è veramente una lotta tra l'uomo vecchio e l'uomo nuovo, tra le forze delle
tenebre e della morte e quelle della vita. E in questa lotta noi siamo a volte
complici delle forze della morte, di rotture da ripiegamenti su noi stessi.
Tutti i nostri vizi, tutte le ferite in noi che tardano a cicatrizzarsi,
divengono peccati solo quando provocano il nostro ripiegamento o quando
derivano da un rifiuto d'amare e di donarsi.”
La misericordia di Dio è questo
suo intenerirsi di fronte a noi e al nostro cuore e Dio ci chiede di metterci
in questa disposizione anche verso gli altri: “Misericordia io voglio e non
sacrifici”. Siamo un’assemblea di peccatori, chiamati tutti a riconciliarci nel
suo Amore: “se Dio convoca ognuno di noi,
con la sua storia personale, al punto in cui si trova nella sua relazione con
lui, con l’insondabile mistero del suo cuore – per renderci più prossimi a lui
e farci sperimentare la potenza del suo amore –, come potrò permettermi di
giudicare, di scomunicare, di umiliare, di rigettare il mio prossimo?”
Ci si avvicina a Dio e ai
fratelli e alle sorelle “in questa
disposizione d'animo, nel contempo di povertà, o di umiltà, e di misericordia.
Ed è così che l’Eucaristia si dilata su tutta la nostra vita e porta frutto per
ogni incontro. ..Si sente spesso dire che si è perso il senso del peccato: io penso che si sia perso il senso
dell'amore e della misericordia molto più che quello del peccato, e da qui
nascono tutti i disordini.
«Se il nostro cuore ci accusa, Dio è più grande del
nostro cuore» (1Gv 3,20). Rileggete dunque la Prima lettera di Giovanni: essa
vi aiuterà a situare il peccato in rapporto all'amore, e a situare voi stessi,
peccatori, ma pienamente rassicurati e riconoscenti.”
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