venerdì 27 settembre 2013

PROCLAMARE LA PROPRIA FEDE: FIDUCIA E OBBEDIENZA

«Dopo l'ascolto della Parola viene il momento dell’impe­gno»; noi siamo invitati a proclamare la nostra fede. Ma cos’è la fede?

“La fede è la nostra risposta all'appello dell'amore di Dio. Essa è il movimento con cui tutto il nostro essere si ab­bandona, si consegna e si affida a colui nel quale si è spe­rimentato un amore più forte della morte. È così che uomi­ni e donne si allontanano dai sentieri battuti per seguire la via di colui che ha aperto davanti a loro la via del Regno.”
Anche noi siamo invitati come Abramo, come Mosè, come Pietro, ad abbandonare le nostre sicurezze o i nostri beni o il nostro interesse per affidarci e affidare tutta la nostra vita alla Parola di Dio con fiducia.

È quello che vediamo nel vangelo: perfino prima di pronun­ciare il nome di Dio, prima di recitare un credo ortodosso, prima di riconoscere la divinità di Gesù, quelli che lo in­contrano provano una tale fiducia che si gettano verso di lui, malgrado i loro handicap (ciechi), il rispetto umano (li si tratta male: Zaccheo), il giudizio degli altri (Maria la prostituta), i rifiuti aspri dello stesso Gesù (la donna sirofenicia). Essi escono da se stessi, attratti dalla forza che emana da Gesù.”
E’ la forza dell’amore, che chiede fiducia e offre fiducia, che invita ad uscire da sé per abbandonarsi a Dio, “quel Dio che ha schiuso le porte e aperto le vie con il suo amore premuroso”.

Un Dio che crediamo Padre e Figlio e Spirito Santo, non per una “sem­plice speculazione intellettuale di teologi bizantini: confessare Dio Uno, ma Uno in una triplice relazione d'amore, è considerare che tutta la vita è fondata su una si­mile relazione di comunione; è confessare che questa rela­zione è creatrice. (..)La sicurezza di Gesù, la sua fiducia, la sua disponibilità, la gra­tuità del suo amore universale gli derivano dall'amore di suo Padre: è là ch'egli attinge la forza d'amare e di darsi. Perché il Padre non è il tiranno domestico che ordina e giudica secondo la sua fantasia onnipotente: è Amore egli stesso, umile e creatore. Il suo progetto è di comunicare all'uomo la sua potenza creatrice e noi possiamo vedere co­me, in Gesù, questo progetto si compia senza spezzare la relazione filiale.”

La relazione tra Gesù e il Padre è caratterizzata dall’obbedienza, ma un’obbedienza che si fonda sulla percezione dell’amore del Padre, una fiducia assoluta nella sua bontà: “ (il Padre) vuole il bene della sua creazione e farà di tutto per condurla al suo compimento con la sola forza del suo amore e rispettando totalmente la libertà di coloro ai quali egli l'affida. Questa fiducia assoluta per­mette a Gesù di abbandonarsi perfino alla morte, perché è certo che, nella stessa morte, Dio porterà la vita.”

Seguire Gesù è allora come Lui porre la propria fiducia totale nell’amore del Padre “e, da quel momento, non rinchiudersi più in se stessi: questa fiducia spinge all'esproprio, ma essa dona nel contempo una grande libertà e uno slancio creativo.”

E’ come dire che nella prima parte della Messa, che si conclude con il Credo, siamo invitati a compiere un passaggio da noi stessi a Dio, attraverso l’ascolto della sua Parola d’Amore: “noi abbiamo riconosciuto l’amore e vi abbiamo creduto, dice san Giovanni”.

Ed è una fede che si fa comportamento quotidiano, concreto: “Ciò significa che investiamo la nostra vita sull'amore come l'abbiamo conosciuto in Gesù Cri­sto. Crediamo al potere dell'amore e solo a quello: ciò si­gnifica che rifiutiamo tutti gli altri mezzi di potenza – po­tere e violenza – e che poniamo la nostra fiducia nel dono di sé fino a morirne. Ciò significa ancora che la comunione è al centro della nostra vita e della vita di tutta la creazio­ne: Dio, che è l'Essere stesso, è relazione e comunione. Gli esseri, quindi, esistono gli uni mediante gli altri, gli uni per gli altri: ciascuno è indispensabile al tutto e a ciascuno degli altri.”


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