sabato 31 maggio 2014

Salmo 33 (32)



Il credente biblico vede il mondo come “cosmo”: non un agglomerato di realtà contraddittorie ma, come dice appunto il termine greco “cosmo”, un complesso ordinato, armonico e pianificato da Dio che l’ha creato con la sua parola. Non solo le realtà terrestri fisiche e materiali, spaziali e quantitative, sono causate ed organizzate da Dio; per il credente biblico anche il fluire temporale della storia, la vicenda umana di tutte le epoche, sono da Dio coordinati per diventare, seppur lentamente e progressivamente, un capolavoro finale.
Il Salmo 33 (32) è un canto alla Provvidenza, un inno alla parola creatrice, un inno alla gioia e alla pace che questa parola offre. Il tono della lode accompagna tutta la composizione, esprimendosi attraverso un’ondata di verbi e vocaboli (esultate, lodate, cantate…) e il riferimento a strumenti musicali rivela la destinazione liturgica ufficiale dell’inno.
L’espressione “cantare un canto nuovo”, più volte ricorrente nel Salterio, assume molteplici sfumature di significato: sono molti i motivi per cui un canto è “nuovo”. Un commento di Agostino dice: “cantate con la vita, cantate al Signore un canto nuovo”.
Più volte nel Salmo 33 (32) c’è un accenno alla “parola del Signore”, per esaltare la trascendenza di Dio ed escludere ogni dualismo sostanziale tra Dio-spirito e la materia.
Nell’ultima parte del Salmo compare la condanna dell’autosufficienza orgogliosa del re ebraico, tema caro a tutta la profezia di Israele e ripreso dal Salterio con sfumature più religiose. Esso ci ricorda il brano biblico della vittoria di Davide su Golia.
L’antifona con cui si chiude il Salmo 33 (32) è divenuta la finale del Te Deum cristiano.


Esultate, o giusti, nel Signore;
ai retti si addice la lode.
Lodate il Signore con la cetra,
con l’arpa a dieci corde a lui cantate.
Cantate al Signore un canto nuovo,
suonate la cetra con arte e acclamate.
Poiché retta è la parola del Signore
e fedele ogni sua opera.
Egli ama il diritto e la giustizia,
della sua grazia è piena la terra.
Dalla parola del Signore furono fatti i cieli,
dal soffio della sua bocca ogni loro schiera.
Come in un otre raccoglie le acque del mare,
chiude in riserve gli abissi.
Tema il Signore tutta la terra,
tremino davanti a lui gli abitanti del mondo,
perché egli parla e tutto è fatto,
comanda e tutto esiste.
Il Signore annulla i disegni delle nazioni,
rende vani i progetti dei popoli.
Ma il piano del Signore sussiste per sempre,
i progetti del suo cuore per tutte le generazioni.
Beata la nazione il cui Dio è il Signore,
il popolo che si è scelto come erede.
Il Signore guarda dal cielo:
egli vede tutti gli uomini.
Dal luogo della sua dimora
scruta tutti gli abitanti della terra,
lui che, solo, ha plasmato il cuore
e comprende tutte le loro opere.
Il re non si salva per un forte esercito
né il prode per il suo grande vigore.
Il cavallo non giova per la vittoria,
con tutta la sua forza non potrà salvare.
Ecco, l’occhio del Signore veglia su chi lo teme,
su chi spera nella sua grazia,
per liberarlo dalla morte
e nutrirlo in tempo di fame.
L’anima nostra attende il Signore:
egli è nostro aiuto e nostro scudo.
In lui gioisce il nostro cuore
e confidiamo nel suo santo nome.
Signore, sia su di noi la tua grazia,
poiché in te speriamo.
 

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