martedì 4 febbraio 2014

Consacrazione

Quando la Chiesa istituisce una giornata a tema, e per il 2015 addirittura un anno intero, vuol dire che ce n’è proprio bisogno. Stiamo parlando della giornata e dell’anno per i consacrati e le consacrate. La liturgia di questa domenica è davvero molto ricca e significativa, per questo vi lasciamo qualche spunto di riflessione a partire dal Vangelo di Luca 2,22-40.
Questo brano non riguarda i consacrati in senso stretto come siamo abituati a pensare (suore, sacerdoti, frati.. ecc), ma ciascuno di noi, consacrato, cioè riconosciuto come figlio di Dio a partire dal battesimo. La consacrazione quindi ci accomuna tutti, ci rende tutti figli di Dio.
Gesù nell’ottavo giorno, il giorno della circoncisione,  viene accolto formalmente nella comunità di Israele, vi appartiene giuridicamente. Il testo ci proietta subito, da questo momento della circoncisione, all’adempimento delle promesse che costituiscono l’essenza dell’alleanza tra Dio e Abramo, menzionando esplicitamente l’imposizione del nome Gesù, cioè “Dio salva”.
Dal quarantesimo giorno si susseguono altri 3 avvenimenti importanti dal punto di vista giuridico:
-        La purificazione di Maria
-        Il riscatto del figlio primogenito Gesù mediante il sacrificio prescritto dalla Legge
-        La presentazione di Gesù al Tempio
Maria offre un sacrificio di purificazione, com’era prescritto nel Levitico per i poveri: due colombe. Luca, il cui intero Vangelo è pervaso da una teologia dei poveri e della povertà, ci fa capire che la famiglia di Gesù era annoverata tra i poveri di Israele e proprio tra loro matura l’adempimento della promessa. Maria non ha bisogno di essere purificata, ma obbedisce alla Legge e serve così all’adempimento della promessa, alla purificazione del mondo portata dalla nascita di Gesù.
Il secondo avvenimento tratta del riscatto del primogenito, considerato proprietà incondizionata di Dio, che avveniva attraverso il pagamento di una somma in denaro ad un sacerdote. Luca mette insieme il riscatto con la presentazione, come a dire che questo bambino non  “ritorna” proprietà dei genitori, ma viene “consegnato” personalmente a Dio nel Tempio. La parola tradotta con “presentare” significa anche “offrire”, quasi un richiamo agli elementi del sacerdozio  e del sacrificio che avvengono nel Tempio. È importante che tutto questo sia avvenuto nel Tempio di  Gerusalemme, luogo dell’incontro tra Dio e il suo popolo: diviene ora anche il luogo dell’offerta pubblica di Gesù a Dio suo padre. Questo gesto in un certo senso lo ritroviamo oggi nei riti di consacrazione all’interno della vita religiosa, atti nei quali “i consacrati” offrono pubblicamente la loro vita a Dio: come a dire, ricordiamoci che siamo tutti un dono di Dio da “riconsegnare” nelle sue mani.

Nel Vangelo di Luca segue poi una scena profetica. Simeone e Anna, mossi dallo spirito di Dio, rappresentanti l’Israele credente, compaiono nel tempio per salutare Gesù. Simeone attende la consolazione di Israele, vive proteso verso la realtà redentrice di Colui che deve venire. La parola tradotta con consolazione è quella attribuita allo Spirito Santo “Paraclito” in Giovanni. Egli è l’uomo giusto e pio, che vive nella e della Parola di Dio.
Simeone è un uomo che spera e attende, è un uomo attento alle chiamate di Dio, alla sua presenza e per questo anche profeta; così dovrebbero essere anche i religiosi,  uomini e donne capaci di sperare perché attendono un incontro che verrà, presenti nel luogo dove Dio abita (allora il Tempio, oggi?), pronti a riconoscere in un povero bimbo la promessa attesa, profeti di salvezza per tutta l’umanità, annunciatori di Gesù “luce per rivelare Dio alle genti.”
Siamo quindi tutti chiamati a “presentare, riconsegnare” la nostra vita a Dio, sull’esempio di Gesù, Luce che rivela il volto del Padre, e la vita religiosa diventa per l’umanità “offerta pubblica”, riconsegna a Dio di se stessi per ricordare a tutti che apparteniamo a Dio, che siamo figli di Dio nel Figlio.  Il documento del Concilio Vaticano II Perfectae caritatis, sul rinnovamento della vita consacrata, chiedeva ai consacrati di vivere tale offerta nella “fedeltà al Signore, alla Chiesa, al proprio carisma e all’uomo d’oggi”.
Ricordavamo poco sopra che il 2015 sarà un anno dedicato alla Vita Consacrata: un tempo in cui Papa Francesco invita i religiosi a fare memoria grata del passato, ad abbracciare il futuro con speranza e a vivere il presente con passione.
Fare memoria grata del passato è riconoscere e confessare la propria debolezza, ma anche gridare con forza e gioia tutto il bene condiviso e vissuto!
Abbracciare il futuro con speranza è vivere questo tempo di crisi che opprime la società, le persone, la vita stessa come un momento favorevole (il Kairòs) per crescere in profondità, per un di più d’amore.

E, infine, vivere il presente con passione, ossia lasciandosi coinvolgere dalla vita di chi ci è accanto, entrando in comunione profonda, condividendo gioie e sofferenze, è ciò che rende bella la vita di chi anche oggi si pone al seguito di Gesù.

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