giovedì 27 febbraio 2014

Andate e annunciate!




“Tutto è cambiato. Le perdite non sono più sentite come debilitanti; la casa non è più un luogo vuoto. I due viaggiatori che hanno iniziato il loro viaggio a te­sta bassa ora si guardano con occhi pieni di luce nuo­va. Lo sconosciuto, che era diventato amico, ha dato loro il suo spirito, lo spirito divino di gioia, pace, co­raggio, speranza e amore.”
Gesù è vivo, non c’è dubbio, ma non come prima: non lo toccano, non lo vedono, non gli camminano a fianco come prima, ma è in loro, è come un respiro nuovo dentro loro. E loro stessi sono persone nuove!
Es­si sono diventati anche nuovi amici l'uno per l'altro – non più persone che possono offrirsi consolazione e sostegno mentre piangono le proprie perdite, ma persone con una nuova missione, persone che, insie­me, hanno qualcosa da dire, qualcosa d'importante, qualcosa d'urgente, qualcosa che non può rimanere nascosto, qualcosa che deve essere proclamato.”
Anche gli altri, gli altri che hanno mangiato con Lui, le donne che l’avevano seguito per anni, la gente che aveva creduto nel Maestro avevano bisogno di sapere.. sapere che è vivo, che l’hanno riconosciuto allo spezzare del pane. Non si può aspettare: bisogna tornare subito dagli altri!
“Il racconto riassume tutto in pochissime parole: «Partirono senz'indugio e fecero ritorno a Ge­rusalemme». Che differenza tra il loro 'andare a casa' e il loro ritorno! È la differenza che c'è tra il dubbio e la fe­de, la disperazione e la speranza, la paura e l'amore. Ritornare, in effetti, può costar loro la vi­ta. Può essere richiesto loro di testimoniare, non so­lo a parole, ma con il loro stesso sangue. Ma non te­mono più il martirio. Il Signore risorto, presente nel loro essere più intimo, li ha resi pieni di un amore più forte della morte..”
L'eucaristia si conclude con una missione. «Anda­te ora e annunciate!». La comunione con Gesù, l’averlo riconosciuto nel pane e nel vino non sono la “conclusione” del nostro incontro con Dio: come Maria di Magdala, come i discepoli di Emmaus, così anche noi siamo invitati alla fine della celebrazione eucaristica ad “andare e annunciare”.
“«Andate e annunziate. Quel­lo che avete visto e sentito non è solo per voi. È per i fratelli e le sorelle e per tutti quelli che sono pron­ti a riceverlo. Andate, non indugiate, non aspettate, non esitate, ma mettetevi ora in cammino e ritornate ai luoghi dai quali siete venuti e fate sapere a quelli che avete lasciato nei loro nascondigli che non c'è niente di cui aver paura, che egli è risorto, veramen­te risorto». È importante rendersi conto che la missione, pri­ma di tutto, è una missione a coloro che non sono estranei per noi.”
La missione è prima di tutto un invio ai ‘nostri’, ai nostri familiari, ai nostri amici..a quelli che ci conoscono così bene, che potrebbero non crederci: “Eppure qui è presente una grande sfida. In qualche modo l'autenticità della no­stra esperienza viene messa alla prova dai nostri ge­nitori, dai nostri consorti, dai nostri figli, dai nostri fratelli e sorelle, da tutti quelli che ci conoscono fin troppo bene.”
Per tanti l’Eucaristia, la Chiesa, Gesù sono state solo “storie”, belle o brutte, ma storie: perché dovrebbero ascoltarci e credere che l’abbiamo incontrato e che ha cambiato la nostra vita? Quelli che ci vivono accanto, conoscono le nostre impazienze, i nostri risentimenti, le nostre gelosie, le nostre infedeltà: come possiamo dire che ora Cristo vive in noi?
“Questa è la ragione per cui non è solo l'eucaristia, ma la vita eucaristica a fare la differenza. Ogni gior­no, ogni momento del giorno, c'è il dolore per le no­stre perdite e l'opportunità di ascoltare una parola che ci chiede di scegliere di vivere queste perdite co­me una via alla gloria. Ogni giorno, inoltre, c'è la pos­sibilità di invitare lo sconosciuto in casa nostra e di fargli spezzare il pane per noi; la celebrazione euca­ristica ci ha riassunto in che cosa consiste la nostra vita di fede e dobbiamo andare a casa per viverla il più a lungo e il più pienamente possibile.”








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