“Non sono più io a vivere, ma Cristo vive in me!”
“Questo è ciò che viviamo nella
celebrazione eucaristica. Questo è ciò che viviamo anche quando viviamo una
vita eucaristica. È una comunione così intima, così santa, così sacra e così
spirituale che i nostri organi di senso non riescono più a percepirla. Non
riusciamo più a vederlo con i nostri occhi mortali, a sentirlo con i nostri
orecchi mortali o a toccarlo con i nostri corpi mortali.”
Come i due discepoli non lo vedono più nel momento in cui lo riconoscono,
così nel momento in cui ci nutriamo del Corpo e del Sangue di Gesù perdiamo il
“contatto” con l’umanità di Gesù, sembra quasi di restare “soli”, per entrare,
invece, in una intimità più profonda.
“Quando mangiamo
del suo corpo e beviamo del suo sangue, accettiamo la solitudine che viene
dal non averlo più alla nostra tavola come un compagno che ci consola nella
conversazione, che ci aiuta ad affrontare le perdite della nostra vita
quotidiana. È la solitudine della vita spirituale, la solitudine del sapere
che egli ci è più vicino di quanto noi possiamo mai esserlo a noi stessi.”
La comunione con Gesù ci porta a diventare come Lui, ad
essere con Lui inchiodati sulla croce e con Lui risorti, ci introduce nel Regno
dove i criteri del separare, del valutare, del giudicare non sono più gli
stessi.
“Là apparteniamo a Cristo e Cristo a noi, e con
Cristo apparteniamo a Dio. All'improvviso i due discepoli, che hanno mangiato
il pane e lo hanno riconosciuto, sono di nuovo soli. Ma non con l'isolamento
con cui avevano cominciato il viaggio. Sono soli, insieme, e sanno che è stato
creato un nuovo legame tra loro. Non guardano più in basso con il volto
triste. Si guardano in faccia e dicono: «Non ci ardeva forse il cuore nel
petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le
Scritture?».”
La comunione con Gesù crea comunità: è Cristo che ci
unisce in un modo nuovo e il suo Spirito ci permette di riconoscere non solo il
Risorto, ma anche gli altri come fratelli e sorelle nel cammino di fede.
“La comunione
ci fa guardare l'un l'altro e parlare l'uno all'altro non delle notizie più
recenti, ma di colui che camminava con noi. Ci scopriamo tutti come persone
che si appartengono, perché ognuno di noi appartiene a lui. Siamo soli, perché
egli è scomparso dalla nostra vista, ma siamo insieme perché ognuno di noi è
in comunione con lui diventando così un unico corpo attraverso di lui.”
Partecipare alla vita intima di Dio ci porta a partecipare
alla vita l'uno dell'altro in modo nuovo: tutti noi che ci nutriamo
dello stesso pane e dello stesso calice siamo diventati un solo corpo, un corpo
spirituale, che si manifesta però “in modi molto concreti: nel perdono, nella
riconciliazione, nel mutuo sostegno, nell'aiuto alle persone nel bisogno,
nella solidarietà con tutti quelli che soffrono e in una preoccupazione sempre
maggiore per la giustizia e la pace. In questo modo la comunione non crea
soltanto comunità, ma la comunità conduce sempre alla missione.”
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