giovedì 15 maggio 2014

Dall’eucarestia alla sessualità e ritorno



Continuiamo la pubblicazione dell’intervento di p. Timothy Radcliffe (2).

La relazione sessuale è chiamata ad essere una forma di vivere questo dono di se stessi.
Sono qui e mi dono a te, con tutto quello che sono, ora e sempre. Allora l’Eucarestia ci aiuta a capire cosa significa per noi essere individui dotati di sessualità, e la nostra sessualità ci aiuta a capire l’eucarestia. Generalmente si vede l’etica sessuale cristiana come restrittiva rispetto ai costumi contemporanei. La Chiesa ti dice esattamente quello che non è permesso fare!
In realtà, alla base dell’etica sessuale cristiana c’è l’apprendimento di come vivere relazioni di donazione mutua. L’Ultima Cena è stato un momento di crisi inevitabile nell’amore di Gesù per i suoi discepoli. È stato il momento per il quale è dovuto passare nel suo cammino dalla nascita alla resurrezione, il momento in cui tutto è esploso. È stato venduto da uno dei suoi amici; la rocca, Pietro, era sul punto di rinnegarlo e la maggioranza dei suoi discepoli sarebbero scappati correndo. Come sempre, furono le donne a mantenersi tranquille e a rimanere fino alla fine!
Gesù, all’Ultima Cena, non è andato via fuggendo dalla crisi, ma ha preso il toro per le corna. Ha preso il tradimento, il fallimento dell’amore, e l’ha trasformato in un momento di donazione: «Mi consegno a voi. Voi mi avete consegnato ai romani perché mi uccidano. Mi consegnerete alla morte, ma io faccio di questo momento un momento di dono, ora e sempre».
Arrivare ad essere persone mature che amano significa che ci imbatteremo in queste crisi inevitabili, nelle quali il mondo sembra andare in pezzi. Questo succede in modo drammatico quando si è adolescenti, e può succedere in tutta la nostra vita, tanto se ci sposiamo quanto se ci facciamo religiosi o sacerdoti. Spesso questo genere di crisi avviene cinque o sei anni dopo aver preso il proprio impegno, nel matrimonio o nell’ordinazione sacerdotale. Dobbiamo affrontarle. Gesù avrebbe potuto scappare dalla porta di dietro. Avrebbe potuto rifiutare i suoi discepoli e non aver voluto avere niente a che fare con loro. Ma no, egli ha affrontato il momento nella fede. 
E noi saremo capaci di aiutare i giovani a fare questo, solamente se noi stessi saremo passati per momenti così e se li avremo affrontati. Io l’ho fatto! Ricordo che, alcuni anni dopo l’ordinazione, mi innamorai fortemente di una persona. Per la prima volta avevo incontrato una persona con la quale sarei stato felice di sposarmi e che sarebbe stata felice di sposarsi con me. Era questo il momento della mia scelta. Avevo fatto professione solenne con gioia, amavo le mie sorelle e i miei fratelli domenicani, amavo la missione dell’Ordine. Ma quando avevo fatto la professione avevo una piccola fantasia nella testa: «come sarebbe essere sposato?».
Dovetti accettare la scelta che avevo fatto nella mia professione solenne, o, meglio, dovevo accertare la scelta che Dio aveva fatto per me, che era questa la vita alla quale Dio mi chiamava. Fu un momento doloroso, ma anche di felicità. Ero molto felice perché amavo questa persona, e siamo ancora buoni amici. Era un momento di felicità perché stavo per liberarmi dalla fantasia che avevo mantenuto viva durante la professione solenne. Piano piano stavo scendendo dalle nuvole. Il mio cuore e la mia mente stavano per incarnarsi nella persona che sono, con la vita che Dio ha scelto per me, in carne ed ossa. La crisi mi ha riportato con i piedi per terra. Alla maggior parte di noi questo non capita una sola volta. Possiamo attraversare varie crisi di affettività lungo la nostra vita. Io certamente le ho passate e chissà che non ce ne sia una dietro l’angolo. Ma dobbiamo affrontarle, come ha fatto Gesù nell’Ultima Cena, con coraggio e fiducia. Allora, se lo faremo, a poco a poco entreremo nel nostro mondo reale di carne ed ossa.
Un benedettino irlandese chiamato Mark Patrick Hederman scrisse: «L’amore è l’unico impeto che è sufficientemente straripante da forzarci ad abbandonare il confortevole rifugio della nostra beneamata individualità, spogliarci dell’impenetrabile guscio di autosufficienza e farci uscire gattonando nudi verso la zona del pericolo, il crogiolo dove l’individualità viene purificata per farsi persona» (Manikon Eros: Mad Crazy Love, Dublin 2000, p. 66). E se non credete ad un benedettino irlandese, sicuramente crederete in san Tommaso: «La persona che ama deve pertanto allentare questo cerchio che la manteneva all’interno dei propri limiti. Per questo si dice dell’amore che scioglie il cuore: ciò che è sciolto non è contenuto nei propri limiti, al contrario di quello che succede nello stato che corrisponde alla ‘durezza di cuore’» (Comm. on Sentences, III, 25, 1, 1, 4m). Solo l’amore rompe la nostra durezza di cuore e ci dà cuori di carne.

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