Continuiamo la pubblicazione
dell’intervento di p. Timothy Radcliffe (2).
La relazione sessuale è chiamata
ad essere una forma di vivere questo dono di se stessi.
Sono qui e mi dono a te, con
tutto quello che sono, ora e sempre. Allora l’Eucarestia ci aiuta a capire cosa
significa per noi essere individui dotati di sessualità, e la nostra sessualità
ci aiuta a capire l’eucarestia. Generalmente si vede l’etica sessuale cristiana
come restrittiva rispetto ai costumi contemporanei. La Chiesa ti dice esattamente
quello che non è permesso fare!
In realtà, alla base dell’etica
sessuale cristiana c’è l’apprendimento di come vivere relazioni di donazione
mutua. L’Ultima Cena è stato un momento di crisi inevitabile nell’amore di Gesù
per i suoi discepoli. È stato il momento per il quale è dovuto passare nel suo
cammino dalla nascita alla resurrezione, il momento in cui tutto è esploso. È
stato venduto da uno dei suoi amici; la rocca, Pietro, era sul punto di
rinnegarlo e la maggioranza dei suoi discepoli sarebbero scappati correndo.
Come sempre, furono le donne a mantenersi tranquille e a rimanere fino alla
fine!
Gesù, all’Ultima Cena, non è
andato via fuggendo dalla crisi, ma ha preso il toro per le corna. Ha preso il
tradimento, il fallimento dell’amore, e l’ha trasformato in un momento di
donazione: «Mi consegno a voi. Voi mi avete consegnato ai romani perché mi
uccidano. Mi consegnerete alla morte, ma io faccio di questo momento un momento
di dono, ora e sempre».
Arrivare ad essere persone mature
che amano significa che ci imbatteremo in queste crisi inevitabili, nelle quali
il mondo sembra andare in pezzi. Questo succede in modo drammatico quando si è
adolescenti, e può succedere in tutta la nostra vita, tanto se ci sposiamo
quanto se ci facciamo religiosi o sacerdoti. Spesso questo genere di crisi
avviene cinque o sei anni dopo aver preso il proprio impegno, nel matrimonio o
nell’ordinazione sacerdotale. Dobbiamo affrontarle. Gesù avrebbe potuto
scappare dalla porta di dietro. Avrebbe potuto rifiutare i suoi discepoli e non
aver voluto avere niente a che fare con loro. Ma no, egli ha affrontato il
momento nella fede.
E noi saremo capaci di aiutare i
giovani a fare questo, solamente se noi stessi saremo passati per momenti così
e se li avremo affrontati. Io l’ho fatto! Ricordo che, alcuni anni dopo
l’ordinazione, mi innamorai fortemente di una persona. Per la prima volta avevo
incontrato una persona con la quale sarei stato felice di sposarmi e che
sarebbe stata felice di sposarsi con me. Era questo il momento della mia
scelta. Avevo fatto professione solenne con gioia, amavo le mie sorelle e i miei
fratelli domenicani, amavo la missione dell’Ordine. Ma quando avevo fatto la professione
avevo una piccola fantasia nella testa: «come sarebbe essere sposato?».
Dovetti accettare la scelta che
avevo fatto nella mia professione solenne, o, meglio, dovevo accertare la
scelta che Dio aveva fatto per me, che era questa la vita alla quale Dio mi
chiamava. Fu un momento doloroso, ma anche di felicità. Ero molto felice perché
amavo questa persona, e siamo ancora buoni amici. Era un momento di felicità
perché stavo per liberarmi dalla fantasia che avevo mantenuto viva durante la professione
solenne. Piano piano stavo scendendo dalle nuvole. Il mio cuore e la mia mente
stavano per incarnarsi nella persona che sono, con la vita che Dio ha scelto
per me, in carne ed ossa. La crisi mi ha riportato con i piedi per terra. Alla
maggior parte di noi questo non capita una sola volta. Possiamo attraversare varie
crisi di affettività lungo la nostra vita. Io certamente le ho passate e chissà
che non ce ne sia una dietro l’angolo. Ma dobbiamo affrontarle, come ha fatto
Gesù nell’Ultima Cena, con coraggio e fiducia. Allora, se lo faremo, a poco a
poco entreremo nel nostro mondo reale di carne ed ossa.
Un benedettino irlandese chiamato
Mark Patrick Hederman scrisse: «L’amore è l’unico impeto che è sufficientemente
straripante da forzarci ad abbandonare il confortevole rifugio della nostra
beneamata individualità, spogliarci dell’impenetrabile guscio di
autosufficienza e farci uscire gattonando nudi verso la zona del pericolo, il crogiolo
dove l’individualità viene purificata per farsi persona» (Manikon Eros: Mad Crazy
Love, Dublin 2000, p. 66). E se non credete ad un benedettino irlandese, sicuramente
crederete in san Tommaso: «La persona che ama deve pertanto allentare questo
cerchio che la manteneva all’interno dei propri limiti. Per questo si dice dell’amore
che scioglie il cuore: ciò che è sciolto non è contenuto nei propri limiti, al contrario
di quello che succede nello stato che corrisponde alla ‘durezza di cuore’» (Comm.
on Sentences, III, 25, 1, 1, 4m). Solo l’amore rompe la nostra durezza di cuore
e ci dà cuori di carne.
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