Ho incontrato oggi una mia conoscente che non vedevo da
tempo e dopo esserci scambiate reciprocamente gli auguri di Pasqua, lei mi
dice: “Ma sai, noi quest’anno, in parrocchia, non abbiamo neppure celebrato la
Veglia Pasquale…”. “Come mai?”. “Sai, il parroco è dovuto andare in un’altra
delle parrocchie da lui seguite e da noi hanno celebrato le suore e i
diaconi…”.
Mi ha fatto riflettere questo suo “sentire”: senza il
parroco, la comunità non aveva celebrato la Pasqua, anche se in realtà la
“funzione”, i riti, qualcuno li aveva guidati lo stesso. Che ci fossero
presenti suore, diaconi, ministranti e tanto semplice popolo di Dio…non aveva
per lei importanza.
Mi è tornato in mente un libretto semplice, ma carino,
profondo, che avevo letto qualche anno fa, “La Messa, cena del Signore” di
Andrea Gasparino, e che all’inizio si soffermava proprio sul senso delle nostre
liturgie. Diceva l’autore che spesso per noi sono “liturgie” solo quelle
celebrazioni in cui abbiamo file di chierichetti, corali, incensi, più
sacerdoti, magari il Vescovo.. Ecco, allora sì che è una bella Celebrazione,
allora sì che abbiamo celebrato la Pasqua!!
Ma non ci ricordiamo che “liturgia è lasciarsi prendere da
Dio nel più profondo , significa accogliere la sua vita, significa far entrare
la sua vita nella nostra giornata.” (pag. 13)
La liturgia eucaristica, quindi, e ogni altra nostra
liturgia, grande o piccola che sia, non è una serie di cerimonie che dedichiamo
a Dio, ma esce dalla Chiesa per farsi vita con noi: ci accompagna al lavoro,
all’Università, alimenta la nostra carità, cambia le mie relazioni con gli
altri e con il mondo.
“La liturgia è preghiera che diventa carità, è vita fatta
preghiera.”(pag. 15)
La liturgia è vita, la mia, la tua, con le sue gioie e le
sue fatiche, che diventa preghiera, che cerca il senso più profondo di tutto
ciò che siamo e viviamo e lo riporta a Dio.
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