Si dice
di S. Domenico che portava sempre con sé il Vangelo di Matteo e le Lettere di
Paolo e che quasi le conosceva a memoria dal tanto leggerle e studiarle. Avendo
come suo grande ispiratore Paolo, certamente risuonavano in Domenico le parole
dell’apostolo “Noi predichiamo Cristo
crocifisso” ma risuonava anche l’annunzio dell’angelo alle donne che erano
andate al sepolcro, così come lo riporta Matteo “So che cercate Gesù il crocifisso, non è qui, è risorto come aveva
detto”. L’oggetto della predicazione apostolica e, quindi, domenicana, è
l’annunzio cristiano “il crocifisso non è qui, è risorto come aveva detto”.
Vana è la nostra fede e la nostra predicazione se si ferma sul crocifisso. Che
buona notizia sarebbe quella che si ferma sulla vittoria della morte? L’ultima
parola spetta alla risurrezione ma non solo quella di Gesù perché, come dice
Paolo, “Colui che ha risuscitato Cristo
dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito
che abita in voi”. Ecco allora la buona notizia per la quale vale la pena
di percorrere il mondo come fece Domenico.
Forte
della Parola e della speranza, Domenico guardava il Crocifisso non come un
modello da imitare, ma come un amore da annunziare e promuovere perché la passione
di Gesù, liberamente accettata ma non volutamente cercata, è una grande
proclamazione a favore della vita. La vita e l’opera di Domenico sono anch’esse
una grande proclamazione a favore della vita e in lui, questo amore si traduce
in cose pratiche, quotidiane, spicciole quali tenere a distanza un temporale,
conseguire giusto la quantità di pane necessaria per sfamare un confratello,
ritrovarsi al sicuro dentro casa quando, nella notte, le porte erano già
sbarrate…
Per
Domenico, il crocifisso, simbolo di morte, è lo strumento della sua esperienza
di risurrezione perché egli non fissava gli occhi nel crocifisso per pietà
verso il Cristo ma più per compassione verso gli uomini e le donne che per
carestie e per eresie soffrivano o mettevano in rischio la loro salvezza.
Domenico credeva alla risurrezione di Gesù, una risurrezione che si realizzerà
per tutti gli uomini e le donne e assumeva l’annunzio di questa duplice realtà
come sua missione.
Siamo
figlie e figli della risurrezione, dell’amore che, dandosi fino a morire, vince
la morte per sempre. Possiamo anche noi scoprire i germi della risurrezione
presenti intorno a noi, dentro di noi: la fame di verità che ci risveglia, la
speranza che non ci abbandona, la forza o il dono del perdono, il gesto di generosità,
l’esempio di un Papa... Sia, la nostra, una spiritualità di risurrezione, per
l’impegno a favore di una vita terrena migliore, per pronunciare parole di
speranza, per una vita che ci conduce al cielo.
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