mercoledì 10 aprile 2013

SCENDERE PER POTER COMUNICARE

..."Ma non è questa la nuova visione che Gesù porta nel mondo. Gesù non ci insegna a fuggire ma a scendere fino in basso per scoprire i semi della risurrezione. E' talmente sconvolgente: dobbiamo scendere per essere guariti e per rinascere ed è il povero che ci insegna la comunione.

La comunione è molto diversa dalla generosità. Si può dare e fare molto per gli altri, ma mettersi in comunione significa fermarsi ed entrare in relazione, significa guardare negli occhi e dare la mano, in un dono reciproco, ricevendo e donando. La generosità implica solo il dono senza esigenze diverse dal tempo, dal denaro o dalle competenze, spesso dati per raccogliere gloria. Ma entrare in comunione significa diventare vulnerabili, significa far cadere le barriere le maschere, compresa quella della generosità, e significa mostrarsi così come si è.

Entrare in comunione è riconoscere che si ha bisogno dell'altro, come Gesù, stanco, che chiede alla samaritana di dargli da bere. Gesù non le chiede di cambiare, le dice semplicemente che ha bisogno di lei, la incontra in profondità, entra in comunione con lei, entra in una relazione dove si dà e si riceve, dove ci si ferma e si ascolta. E' più facile dare che fermarsi, soprattutto quando si è angosciati. Certo, il povero ha bisogno di soldi  ma ha soprattutto bisogno, come il bambino, di incontrare un amico felice di essere con lui.

Vivere in un focolare dell'Arca significa trovare la propria gioia, vivendo con il povero, mangiano e bevendo con lui. Gesù dice: << Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici, né i tuoi fratelli, né i tuoi parenti, né i ricchi vicini... Invita i poveri, gli zoppi, gli storpi, i ciechi>> (Lc 14,12-13), perché pranzar con qualcuno significa voler entrare in comunione con lui.

La via discendente perciò ci fa scoprire il segreto dell'universo. Lo constatiamo accanto a uomini e donne che hanno un handicap, che hanno tanto sete di amicizia e che ci introducono nel mondo della comunione. In basso alla scala non sono richieste molte conoscenze, né capacità. E' richiesto l'essenziale: il cuore.

La via discendente è la via della risurrezione ma è molto pericolosa perché ci fa perdere qualcosa. Implica anche di scendere dentro noi stessi ed è ancora più difficile scoprire le proprie ferite e le proprie fragilità. La via discendete ci fa scoprire progressivamente, vivendo con il povero, la nostra povertà, questo mondo di angoscia che abbiamo dentro, la durezza, la nostra capacità di fare anche del male.

Io stesso ho sperimentato davanti a certe persone quest'ondata di potenze violente, nascoste nel più profondo di me ma molto presenti. Davanti all'intollerabile mi sono sentito capace di far male, di ferire il povero. So bene che c'è un lupo ala porta della mia ferita e che può risvegliarsi.
Non si può essere tanto in collera con i torturatori delle prigioni o dei campi di concentramento quando si scoprono, dentro di sé, le proprie capacità di far male a qualcuno e le proprie ferite. Questa via discendente allora è dolorosa ma è la via della salvezza e della guarigione profonda."...

"Lettera della tenerezza di Dio", Vanier

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