La
grande svolta che realizzò S. Domenico fu di pensare un ordine religioso
inserito nella città, anzi nel cuore delle grandi città in piena crescita come
quelle universitarie dell’inizio del XIII sec. La vita religiosa fino a quel
momento rappresentava un movimento di distacco dal mondo. Certo, dalla loro
fioritura in Occidente, i monasteri furono grandi centri di cultura intorno ai
quali si svilupparono piccole città. Ma il movimento religioso dell’età d’oro
del medioevo era più in favore di un ritorno all’essenziale: alla preghiera, a
una vita cristiana vissuta con radicalità evangelica e dunque più libera dalle
preoccupazioni del mondo. Sorgevano così nuovi ordini, a volte frutti di
riforme di ordini preesistenti: Certosini, Cistercensi…
Questo
ideale di ritorno al Vangelo, Domenico lo perseguiva con ardore, come tanti. Ma
ne vedeva la realizzazione in modo molto diverso: il secolo precedente aveva
assistito alla nascita delle prime università. Le città universitarie erano
diventate i nuovi centri di cultura ma anche di convergenza umana perché ci
arrivava una popolazione soprattutto giovane, istruita o desiderosa di esserlo,
venuta da varie regioni dell’Europa. Nel cuore di queste metropoli piene di
vita e di scienza Domenico voleva seminare le comunità dell’Ordine. Perché? Perché
i suoi studiassero e predicassero, ma anche fondassero nuove comunità. Ne
fondarono tante e molti studenti e anche professori si aggiunsero ai Frati.
Visto
con i nostri occhi, si può dire che fu proprio questo il gesto innovatore di
Domenico: cercare, nelle università, nuovi operai del Vangelo. A pensarci bene,
ci vorrebbe oggi un San Domenico per avere il coraggio di parlare di vita
religiosa ai giovani durante una pausa, in un corridoio dell’università di
Bologna o di Torino. Quanto si osa parlare ancora di vita religiosa come scelta
di vita? Se ne parla sempre meno, spesso con un po’ di disagio. “Agli
universitari no, perché ormai non ci pensano più”. “Ai ragazzini pure no, sono
ancora troppo giovani”. Oggi, certo, non siamo più ai tempi di Domenico. Egli
non fu un malinconico desideroso di ritornare al passato ma un appassionato del
Vangelo che lo visse nelle sfide del suo tempo. Ma non è forse una sfida per i
nostri tempi ridare la presenza di una vita religiosa gioiosa di Dio e di
fraternità, che sappia anche dire ai giovani: “Vieni e vedi”?
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