Il mistero della Passione fu la trama su cui si svolse la
vita di Caterina de’ Ricci. Ricevuta la prima educazione dalla zia abbadessa
benedettina a Monticelli (Firenze), a tredici anni Alessandrina entrò in Prato
nel monastero di San Vincenzo del Terz’Ordine Regolare, dove il 18 maggio 1535
ricevette dallo zio padre Timoteo Ricci, l’abito domenicano e il nome di suor
Caterina. Avrebbe finalmente potuto appagare la sete bruciante di perdersi
nella contemplazione di Gesù Crocifisso: per dodici anni (dal 1542 al 1554) nel
suo corpo martoriato dalle stigmate si rinnovò, tra le estasi e gli spasimi più
atroci, la Passione del Salvatore.
La straordinaria abbondanza di carismi celesti si unì ad una
squisita prudenza, a un raro senso pratico, a un equilibrato zelo per
l’osservanza regolare; fu ripetutamente priora e maestra delle novizie.
Al monastero di San Vincenzo accorsero in cerca di consigli
principi e prelati; fu in amicizia con san Carlo Borromeo, san Filippo Neri,
san Pio V, santa Maria Maddalena de’ Pazzi. La sua opera s0inserisce nella
grandiosa riforma che fa capo a Gerolamo Savonarola per il quale nutriva
profonda devozione e alla cui intercessione attribuì una miracolosa guarigione.
Pur dal chiuso del suo convento Caterina esprime la
carità del Cristo non solo con la preghiera e la partecipazione al suo patire,
ma anche moltiplicando le iniziative di carità concreta per i derelitti del suo
ambiente, ad aiuto dei quali sollecita la collaborazione di chi può dare di
più, autorità comprese, per alleviarne le sofferenze, in particolare soccorre i
poveri, i carcerati, le fanciulle in età da marito senza dote, per sovvenire le
quali giunge a chiedere la dispensa dal voto di povertà per amministrare meglio
e con più libertà i donativi ed i lasciti ricevuti a questo scopo.
Sensibile agli affetti, attenta alle sfumature più
segrete degli animi, Caterina con fine intuito previene le reazioni, partecipa
alle gioie ed ai dolori degli altri, si adopera a sanare i conflitti interiori
e le ferite dei cuori, a pacificarli tra loro e con Dio, sempre pronta a
confortare, a ridare fiducia. Compassionevole di ogni pena fisica e spirituale
cerca di lenirla con ogni mezzo, offrendosi come vittima d'amore per tutti
coloro che ha conosciuto in tutto il mondo e perfino nell'oltretomba.
Ha donato alla Chiesa l'esempio di un umanesimo ricco
di una femminilità dolce, sicura, equilibrata, armoniosa, rispettosa della
libertà e delle caratteristiche personali esistenziali e sociali di ciascuno.
Propone una religiosità gioiosa, vissuta come rapporto filiale e confidenziale con Dio, nella letizia e nella magnanimità del cuore, senza angustie, senza scrupoli esagerati, senza penitenze esagerate, con serenità, equilibrio, gradualità, adattandola alle caratteristiche ed alle esigenze vocazionali specifiche di ogni persona.
Propone una religiosità gioiosa, vissuta come rapporto filiale e confidenziale con Dio, nella letizia e nella magnanimità del cuore, senza angustie, senza scrupoli esagerati, senza penitenze esagerate, con serenità, equilibrio, gradualità, adattandola alle caratteristiche ed alle esigenze vocazionali specifiche di ogni persona.
Con un vivacissimo epistolario, ci rimangono i “versetti
della Passione”, specie di meditazione paraliturgica composta di brani della
Scrittura, che i libri corali domenicani hanno conservato e che si cantano in
Creti conventi dell’Ordine ogni venerdì di Quaresima.
Venne canonizzata da Benedetto XIV nel 1746. Il corpo della
Santa è venerato nella basilica di San Vincenzo Ferrer in Prato.
Cantico dei Cantici 2, 10-14¸7, 10-13
10Ora l'amato mio prende a dirmi:
"Àlzati, amica mia,
mia bella, e vieni, presto!
11Perché, ecco, l'inverno è passato,
è cessata la pioggia, se n'è andata;
il tempo del canto è tornato
e la voce della tortora ancora si fa sentire
nella nostra campagna.
13Il fico sta maturando i primi frutti
e le viti in fiore spandono profumo.
Àlzati, amica mia,
mia bella, e vieni, presto!
14O mia colomba,
che stai nelle fenditure della roccia,
nei nascondigli dei dirupi,
mostrami il tuo viso,
fammi sentire la tua voce,
perché la tua voce è soave,
il tuo viso è incantevole".
10Il tuo palato è come vino squisito,
che scorre morbidamente verso di me
e fluisce sulle labbra e sui denti!
11Io sono del
mio amato
e il suo desiderio è verso di me.
12Vieni, amato mio, andiamo nei campi,
passiamo la notte nei villaggi.
13Di buon mattino andremo nelle vigne;
vedremo se germoglia la vite,
se le gemme si schiudono,
se fioriscono i melograni:
là ti darò il mio amore!
Da una <>, contemporaneo di Santa Caterina de’ Ricci, Caterina
vera sposta di Cristo, presso di noi.
Vorreste
avere notizie sicure e attendibili su suor Caterina, fiorentina, suora in San
Vincenzo di Prato, monastero dell’Ordine dei Predicatori, che in mezzo a noi è
una vera sposa di Gesù. Questa vergine benedetta è, per tutte le buone persone
che la conoscono fonte di grande gioia e letizia nel Signore; e le portano
grande rispetto, perché pensano che la Bontà infinita ha volto mostrare anche
nei nostri tempi infelici che egli è lo stesso Onnipotente Dio, generoso
largitore di doni, che è sempre stato. […]
[…]
Nel settembre del 1540 si venne a sapere che suor Caterina soffriva in sé la
passione del Figlio di Dio, cominciando con un lungo rapimento estatico […]
[…]Vede
se stessa insieme a Gesù, mentre questi lascia la santissima Vergine Madre; è
con lui nel viaggio da Betania a Gerusalemme, ed entra nel cenacolo preparato
per l’ultima cena; vede la lavanda dei piedi fatta ai discepoli e l’istituzione
dell’Eucarestia; è presente alla preghiera nell’orto degli ulivi e qui assiste
al bacio traditore di Giuda ed alla cattura di Gesù; assiste poi al processo e
agli insulti, alla flagellazione e all’incoronazione di spine, alla salita al
Calvario e alla crocifissione.
Vede
Gesù elevato in croce per tre ore lo vede in croce vivo; infine assiste alla
deposizione. A tutte queste cose è presente, vede e sente, e soffre ogni cosa
in sé con nostro Signore. E benchè egli abbia patito una volta sola, ella, in
modo miracoloso, ogni giovedì e venerdì patisce dentro di sé ciò che accadde il
venerdì santo.
E
dice che, quando ai suoi sensi, non vorrebbe in alcun modo patire quelle
sofferenze e così è stata udita, nell’estasi, chiedere che Gesù le tolga
qualcuna delle sue croci; ma poi, prevalendo la parte razionale di sé, si è
sentito che sempre in rapimento, ringrazia infinitamente il Signore perché le
concede tali cose per l’immenso amore che le porta, a lei così indegna. E dice
di non poter minimamente esprimere
quanto nostro Signore patisce per noi.
[…]
Le grandi cose che Dio opera in questa sua sposa sono così numerose da non
poter essere contenute in parecchi libri; e non mi sembra giusto di narrare
diffusamente la sua vita. Qui vi accenno soltanto un poco perché se ne possa
dar lode a Dio e ci si sforzi di seguire le sue vie. E a questo ci spinge la
conoscenza di questa santa vergine, sposa di Gesù, che reca impresse nelle mani
e ne piedi le sue stimmate.
Il
Signore ha fatto questo per portarci alla continua meditazione della sua vita e
della passione, e così renderci perfetti.
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