venerdì 18 gennaio 2013

A CANA DI GALILEA LA SOLLECITUDINE E LA PREGHIERA DI MARIA

A CANA DI GALILEA LA SOLLECITUDINE E LA PREGHIERA DI MARIA

La Vergine Maria fu presente al primo “segno” che Gesù fece durante le nozze di Cana, segno che doveva aiutare anche la fede dei discepoli, anzi fu la sua iniziativa a favorire questo primo miracolo.
Dalle parole del Papa cogliamo un commento semplice e profondo su questo brano evangelico che tutti conosciamo e di cui troviamo il testo in Gv 2, 1-11.

(Benedetto XVI, 11 settembre 2006, Santuario di Altotting - Baviera)
“Nel brano evangelico (le nozze di Cana) Maria rivolge al suo Figlio una richiesta in favore degli amici che si trovano in difficoltà. A prima vista, questo può apparire un colloquio del tutto umano tra Madre e Figlio e, infatti, è anche un dialogo pieno di profonda umanità. Tuttavia Maria si rivolge a Gesù non semplicemente come a un uomo, sulla cui fantasia e disponibilità a soccorrere sta contando. Lei affida una necessità umana al suo potere, a un potere che va al di là della bravura e della capacità umana. E così, nel dialogo con Gesù, la vediamo realmente come Madre che chiede, che intercede. Vale la pena di andare un po’ più a fondo nell’ascolto di questo brano evangelico: per capire meglio Gesù e Maria, ma proprio anche per imparare da Maria a pregare nel modo giusto.
Maria non rivolge una vera richiesta a Gesù. Gli dice soltanto: “Non hanno più vino” (Gv 2,3). Le nozze in Terra Santa si festeggiavano per una settimana intera; era coinvolto tutto il paese, e si consumavano quindi grandi quantità di vino. Ora gli sposi si trovano in difficoltà, e Maria semplicemente lo dice a Gesù. Non chiede una cosa precisa, e ancor meno che Gesù eserciti il suo potere, compia un miracolo, produca del vino. Semplicemente affida la cosa a Gesù e lascia a Lui la decisione su come reagire.

Vediamo così nelle semplici parole della Madre di Gesù due cose: da una parte, la sua sollecitudine affettuosa per gli uomini, l’attenzione materna con cui avverte l’altrui situazione difficile; vediamo la sua bontà cordiale e la sua disponibilità ad aiutare. E’ questa la Madre, verso la quale la gente da generazioni si mette in pellegrinaggio. A lei affidiamo le nostre preoccupazioni, le necessità e le situazioni penose. La bontà pronta ad aiutare della Madre, alla quale ci affidiamo, è qui nella Sacra Scrittura, che la vediamo per la prima volta.
Ma a questo primo aspetto molto familiare a tutti noi se ne unisce ancora un altro, che facilmente ci sfugge: Maria rimette tutto al giudizio del Signore. A Nazaret ha consegnato la sua volontà immergendola in quella di Dio: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto” (Lc 1, 38). Questo è il suo permanente atteggiamento di fondo. E così ci insegna a pregare: non voler affermare di fronte a Dio la nostra volontà e i nostri desideri, per quanto importanti, per quanto ragionevoli possano apparirci, ma portarli davanti a Lui e lasciare a Lui di decidere ciò che intende fare. Da Maria impariamo la bontà pronta ad aiutare, ma anche l’umiltà e la generosità di accettare la volontà di Dio, dandogli fiducia nella convinzione che la sua risposta, qualunque essa sia, sarà il nostro, il mio vero bene”.

Con l’atteggiamento che impariamo da Maria, nella preghiera di questa settimana ricordiamo il cammino ecumenico delle Chiese cristiane, implorando il dono dell’unità, “perché il mondo creda” come ha detto Gesù.
Tutti dicono che sarà lungo questo cammino verso l’unità tra la Chiesa Cattolica, le Chiese Ortodosse e le Chiese Protestanti ma, se non potremo partecipare a questa “festa”, potremo collaborare a prepararla, attraverso la preghiera e gesti di amicizia verso i “fratelli separati” che forse conosciamo o che potremo incontrare.

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