domenica 23 giugno 2013

Misteri del dolore – PRIMO, L’AGONIA DI GESU’ AL GETSEMANI

E di nuovo, allontanatosi, pregava dicendo: “Padre mio, se questo calice
non può passare da me senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà”..
Mt 26,42

Il Getsemani, o Monte degli ulivi, è uno dei luoghi più venerabili della cristianità. Certo, gli alberi non risalgono al tempo di Gesù; durante l’assedio di Gerusalemme, Tito fece abbattere tutti gli alberi nei vasti dintorni della città. Il Monte degli ulivi, tuttavia, è lo stesso di allora. Chi lì si trattiene, si trova davanti ad un culmine drammatico del mistero del nostro Redentore: qui Gesù ha sperimentato l’ultima solitudine, tutta la tribolazione dell’essere uomo. Qui l’abisso del peccato e di tutto il male gli è penetrato nel più profondo dell’anima. Qui è stato toccato dallo sconvolgimento della morte imminente. Qui il traditore lo ha baciato. Qui tutti i discepoli lo hanno lasciato. Qui Egli ha lottato anche per me.
Dopo la rituale recita in comune dei Salmi, Gesù prega da solo come durante tante notti in precedenza. Lascia, tuttavia, vicino a sé il gruppo dei tre – noto da altri contesti e in particolare dal racconto della trasfigurazione – Pietro, Giacomo e Giovanni. Così questi, anche se ripetutamente sopraffatti dal sonno, diventano testimoni della sua lotta notturna. Marco ci racconta che Gesù cominciò a “sentire paura e angoscia”. Il Signore dice ai discepoli: “La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate!”.
L’appello alla vigilanza è già stato un tema di fondo nell’annuncio a Gerusalemme e adesso appare con un’urgenza molto immediata. Ma pur riferendosi proprio a quell’ora, tale appello rimanda in anticipo alla storia futura della cristianità. La sonnolenza dei discepoli rimane lungo i secoli l’occasione favorevole per il potere del male. Questa sonnolenza è un intorpidimento dell’anima, che non si lascia scuotere dal potere del male nel mondo, da tutta l’ingiustizia e da tutta la sofferenza che devastano la terra.

E’ un’insensibilità che preferisce non percepire tutto ciò; si tranquillizza col pensiero che tutto, in fondo, non è poi tanto grave, per poter così continuare nell’autocompiacimento della propria esistenza soddisfatta.

Ma questa insensibilità delle anime, questa mancanza di vigilanza sia per la vicinanza di Dio che per la potenza incombente del male, conferisce al maligno un potere nel mondo.
Di fronte ai discepoli assonnati e non disposti ad allarmarsi, il Signore dice di se stesso: “La mia anima è triste fino alla morte”. E’ questa una parola del Salmo 43,5.

Benedetto XVI, Gesù di Nazaret 3
pag. 169-173



Una grande solitudine circonda Gesù nel Getsemani, spesso questa solitudine si ripete intorno al Tabernacolo.
                                                      P. Giocondo Lorgna


Signore, insegnami ad attraversare le mie angosce confidando il Te.

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Prego la “decina” del Rosario:
Padre nostro…
Ave Maria…
Gloria al Padre…

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