lunedì 24 giugno 2013

Scelti

Come possiamo prendere contatto con la realtà del nostro "essere scelti", quando siamo circondati dal ri­fiuto? [continua]

Ho appena detto che questo implica una vera lotta spirituale. C'è qualche norma di comportamento in questa lotta? Vorrei tentare di precisare.

In primo luogo, devi continuare a smascherare il mondo e vederlo com'è: una realtà che manipola, che opprime, affamata di potere e alla fine distruttiva. Il mondo ti dice molte bugie su quello che sei, e tu devi semplicemente essere abbastanza realistico da ricor­darlo a te stesso. Ogni volta che ti senti urtato, offeso o rifiutato, devi osare dirti questo: «Questi sentimen­ti, per quanto forti siano, non mi dicono la verità su me stesso. La verità, anche se non posso afferrarla bene adesso, è che io sono il figlio scelto di Dio, prezio­so agli occhi di Dio, chiamato Amato da tutta l'eter­nità e tenuto al sicuro in un infinito abbraccio».

Secondariamente, devi continuare a cercare perso­ne e luoghi dove la tua verità è detta, e dove ti si ri­corda la tua più profonda identità, cioè l'essere scel­to. Sì, devi preoccuparti di scegliere coscientemente il nostro "essere scelti" e non permettere che le nostre emozioni, sentimenti o passioni ci spingano a rifiuta­re noi stessi. Le sinagoghe, le chiese, le molte comu­nità di fede, i diversi gruppi di sostegno che ci aiuta­no a dedicarci agli altri, la famiglia, gli amici, gli inse­gnanti, gli studenti: ognuna di queste realtà può di­ventare un richiamo alla nostra verità. Il limitato, a volte incerto, amore di coloro con i quali condividia­mo la nostra umanità, può spesso indicarci la verità di ciò che siamo: esseri preziosi agli occhi di Dio. Questa verità non è semplicemente una verità interio­re che emerge dal nostro intimo. Ma è anche la verità che ci è stata rivelata da Colui che ci ha scelto. Questo è il motivo per cui dobbiamo continuare ad ascol­tare i molti uomini e donne che nella storia, attraverso le loro vite e le loro parole, ci riportano a questa verità.

In terzo luogo, devi celebrare il tuo "essere scelto" costantemente. Questo significa dire "grazie" a Dio per avere scelto te, e dire "grazie" a tutti coloro che ti ricordano che sei scelto. La gratitudine è il modo più fecondo per approfondire la tua consapevolezza che non sei un "incidente", ma una scelta divina. È im­portante rendersi conto di quanto spesso abbiamo avuto delle possibilità di essere grati e non le abbia­mo usate. Quando qualcuno è gentile con noi, quan­do una situazione si mette bene, quando un proble­ma è risolto, quando un rapporto è ristabilito, quan­do una ferita è guarita, ci sono ragioni molto concrete per rendere grazie: sii grato con le parole, con i fiori, con una lettera, una cartolina, con una telefonata o con un semplice gesto d'affetto. Nondimeno proprio la stessa situazione può offrirci l'occasione per essere critici, scettici, anche cinici, perché quando qualcuno è gentile con noi, possiamo interrogarci sui suoi mo­tivi; quando una situazione si mette bene, poteva sempre andare ancora meglio; quando un problema è risolto spesso altri emergono al suo posto; quando un rapporto è ristabilito, rimane sempre la domanda: «per quanto tempo?»; anche quando una ferita è gua­rita, può esserci ancora qualche dolore... Dove esiste motivo di gratitudine, si può anche trovare motivo di amarezza. È qui che noi siamo confrontati con la libertà di decisione. Possiamo decidere di essere grati o amari. Possiamo decidere di riconoscere il nostro "essere scelti", oppure possiamo decidere di concentrarci sul lato oscuro. Se persistiamo nel guardare il lato oscuro, alla fine finiremo nell'oscurità. 

Ogni giorno vedo succedere questo nella nostra comunità. Coloro che vi appartengono, uomini e donne con in­fermità mentali, hanno molte ragioni per essere ama­ri. Molti di loro sperimentano una profonda solitudine, il rifiuto da parte di certi membri della propria famiglia o di taluni amici, l'inappagato desiderio di avere un compagno nella vita, e la continua frustra­zione di avere sempre bisogno di assistenza. Eppure, per lo più, essi scelgono di non restare nell'amarezza, ma di essere grati per i tanti piccoli doni che ricevo­no nelle loro vite – un invito a pranzo, qualche gior­no di evasione o il festeggiamento del compleanno e, soprattutto, la loro vita giornaliera nella comunità in­sieme a persone che offrono loro amicizia e sostegno. Essi scelgono la gratitudine al posto dell'amarezza e diventano una fonte di speranza e ispirazione per tut­ti i loro assistenti che, sebbene non siano malati men­tali, devono fare la stessa scelta. Se continuiamo a pretendere la luce, diventeremo gradualmente sem­pre più radiosi. Quello che tanto mi affascina è che ogni volta che decidiamo di essere grati, sarà più faci­le vedere nuove cose per esserlo ancora. La gratitudi­ne genera gratitudine, proprio come l'amore genera amore.

Spero che queste tre norme per entrare in sintonia con il tuo "essere scelto" possano aiutarti nella vita di tutti i giorni. Per me, esse costituiscono le discipline spirituali per la mia vita di persona scelta. Non è faci­le praticarle, specialmente durante i momenti di crisi. Prima di conoscerle, mi ritrovavo a lagnarmi, a rimu­ginare su qualche rifiuto e tramare il modo di pren­dermi la rivincita, ma da quando mi tengo strette al cuore queste discipline, mi sento capace di andare ol­tre le mie ombre, verso la luce della mia verità.

Prima di concludere questi pensieri sull' "essere scelto", voglio inculcarti l'importanza di questa verità per le nostre relazioni con gli altri. Quando noi esi­giamo e pretendiamo di continuo la verità dell'essere scelti, scopriamo presto dentro di noi un profondo desiderio di rivelare agli altri il loro "essere scelti". Invece di far sentire che siamo migliori, più preziosi o più apprezzati degli altri, la coscienza di essere scelti apre i nostri occhi alla realtà che anche gli altri sono scelti. Questa è la grande gioia dell'essere scelti: la scoperta che anche gli altri sono stati scelti. Nella ca­sa di Dio ci sono molte mansioni. C'è un posto per tutti – un posto unico, speciale. Una volta che credia­mo profondamente di essere preziosi agli occhi di Dio, diventiamo capaci di riconoscere la preziosità degli altri e il loro posto unico nel cuore di Dio. Que­sto mi fa pensare a Helen, una delle handicappate della nostra comunità. Quando venne a Daybreak, qualche anno fa, mi sentii piuttosto distante da lei e anche un po' intimorito. Lei viveva in un piccolo mondo tutto suo, emetteva solo dei suoni inarticolati e non riusciva a stabilire alcun contatto personale.
Ma appena la conoscemmo meglio e avemmo fiducia che anche lei aveva un dono unico da offrire, usci gradualmente dal suo isolamento, cominciò a sorri­derci e a diventare una grande sorgente di gioia per l'intera comunità.

Capisco adesso che dovevo essere in contatto con la mia bontà per scoprire la bontà unica di Helen. Per tutto il tempo che i miei dubbi personali e le mie paure mi hanno guidato, non potevo creare lo spazio nel quale Helen potesse rivelarmi la sua bellezza. Ma solo dopo aver rivendicato di essere scelto, potevo stare con Helen come con una persona che aveva molto, veramente molto da offrirmi. È impossibile competere per l'amore di Dio. L'amore di Dio è un amore che include tutti — ognuno nella sua unicità. Soltanto quando abbiamo rivendicato il nostro posto nell'amore di Dio, possiamo sperimentare questo ab­braccio totale, questo amore che non fa confronti, e sentirci al sicuro, non solo con Dio, ma anche con tutti i nostri fratelli e sorelle.
Tu ed io sappiamo come tutto questo rispecchia fe­delmente la nostra vita. Noi siamo amici da molti anni. All'inizio, tra noi, c'erano dei confronti, qualche gelosia, e della competizione. Ma invecchiando e di­ventando più sicuri nella nostra unicità, se non tutta, la maggior parte di questa rivalità è svanita, e siamo diventati più capaci di affermare e far emergere cia­scuno i doni dell'altro. Mi sento bene con te perché so che tu stai bene con me per ciò che sono e non solo per ciò che posso fare per te. Tu ti senti bene quando vengo a farti visita perché sai che ammiro la tua gentilezza, la tua bontà e i tuoi molti doni – non perché mi sono utili, ma semplicemente perché ven­gono da te. La profonda amicizia fa emergere il no­stro "essere scelti" reciproco e la mutua affermazione di essere preziosi agli occhi di Dio. La mia e la tua vi­ta hanno, ognuna a modo proprio, le stesse caratteri­stiche. Nessuno ha vissuto la tua vita o la mia vita prima, e nessuno le vivrà mai dopo. Le nostre vite so­no tasselli unici nel mosaico dell'esistenza – sono sen­za prezzo e insostituibili.


Essere coloro che sono scelti è la base per essere gli Amati. Rivendicare questa verità è una lotta che dura tutta la vita, ma è anche una gioia che dura tutta la vita. Più pienamente la rivendichiamo e più facilmen­te scopriremo un altro aspetto dell'essere Amati: il nostro "essere benedetti". Ora, lascia che ti parli di questo.

Nessun commento: