“Il momento
dell'offertorio è quello in cui facciamo il passo fuori di noi stessi, passo che ci
associa al dono che Cristo fa della sua vita. È il momento di aprire le mani:
in altri termini, ora bisogna passare dalla confessione della fede all'atto
di fede. Quando si è scoperta la potenza della fiducia e dell'amore non si può più vivere ripiegati e rinchiusi
in sé: è il momento della povertà.”
L’Eucaristia,
dicevamo all’inizio, ci fa entrare nel Regno di Dio, ma la porta attraverso cui
passare è stretta e dobbiamo via via “abbandonare
l'eccedenza di bagaglio”. Anche l’eccedenza di sicurezze, di onori, di
relazioni, di preoccupazioni.
“La paura di fallire
fa insorgere in noi calcoli e preoccupazioni che poco a poco
invadono il cuore e lo spirito e cancellano progressivamente ogni disponibilità
a prestare attenzione all'altro, nel preciso momento dell'incontro.”
Se è vero che ogni uomo ha bisogno di pianificare e
organizzare la propria vita, è vero anche come ci suggerisce il Vangelo che “non
bisogna che questo pensiero ci preoccupi al punto da non
lasciare più spazio alla gratuità e alla fiducia, perché più si calcola, più si imbastiscono piani e progetti, più si
accumulano sicurezze e beni, più ci si rinchiude mettendosi sulla difensiva.
Si hanno cose da proteggere – ci si vuole proteggere –e l'altro diventa presto un intruso, un possibile aggressore...”.
Un po’ come il giovane ricco incontrato da Gesù, che
cerca di possedere la vita eterna come possiede già i suoi beni, e alla fine se
ne va triste. E’ Dio che si fa carico del nostro futuro: possiamo scommettere
su questa fiducia e vivere, invece, felici e liberi.
“Ma, ben inteso, puntare
la propria vita sull'avvenire di Dio non è affatto incrociare le braccia
attendendo che Dio provveda al necessario. È essenzialmente cercare il regno di
Dio e la sua giustizia. L'atto di fede è atto d'abbandono e impegno incondizionato a seguire Cristo.
L'offertorio è un impegno di tutto il nostro essere al servizio della
buona novella evangelica: noi ci offriamo per essere il pane con cui Dio vuole
nutrire gli affamati d'amore in tutto il mondo.”
E’ un gesto che implica la nostra consapevolezza, perché
apre una breccia nella nostra vita e nel nostro mondo, attraverso la quale la
potenza e la vita di Dio possono entrare e trasformare tutto ciò che
incontrano. Come
il gesto di Maria che permette a Dio di
entrare nell'umanità.
“Ci mettiamo a
disposizione di Dio, con le mani aperte, pronti
a dare ciò che le ingombra, ma pronti anche a darci senza reticenze perché egli compia la sua opera
con noi, in noi e attraverso noi. L'offertorio è il momento della disponibilità, che è la forma essenziale della
povertà fondata sulla fiducia.. L'impegno che l'offertorio reclama è
quello di uomini e donne dalle mani nude, come il loro Maestro, dal cuore aperto
e sgombro, che testimoniano così la loro fiducia in Colui che li chiama e li
invia.”
Ogni nostro “sì” è una porta aperta a
Dio, che attende e bussa e cerca risposte “libere”, di persone che non hanno
nulla da difendere o da accumulare, ma che hanno bisogno di condividere, hanno
bisogno degli altri per vivere.
“L'offerta ci
rammenta anche questo: bisogna saper aprire la
propria porta e donarsi… Guardiamoci
dal non offrire mai nulla, dal non darci che con misura e sperando
sempre di essere ripagati…È il momento di
renderci conto che la nostra vita non ha valore se non nella misura in
cui essa si dona: non soltanto nella messa,
ma nel quotidiano degli incontri e
degli avvenimenti della vita. Donarsi a Dio, ma donarsi anche agli altri, è il
movimento dell'offertorio che sfocia
nella Pasqua e nella comunione dei figli di Dio. Ciò implica una lotta in noi
stessi contro l'istinto di proprietà e, nella nostra società, una breccia da
aprire, attraverso la povertà, nella corsa alla ricchezza e al benessere. Che
lo spirito faccia di noi un'eterna offerta alla gloria di Dio.”
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