Nel
capitolo precedente P. Pierre Claverie aveva approfondito il momento
dell'istituzione dell'Eucaristia, il memoriale della Pasqua di Gesù: il pane e
il vino diventano il segno della sua presenza reale, con la potenza della risurrezione.
Ma è presente anche nell'Assemblea che sta celebrando e che, grazie allo
Spirito, è “corpo stesso di Cristo nella
storia” ed è dall’incontro tra Assemblea e i segni del pane e del vino che
si realizza concretamente la Presenza reale.
“È importante sottolineare innanzitutto che il
corpo eucaristico non diviene Presenza reale del Cristo risuscitato se non in
e mediante il corpo ecclesiale, questo corpo dei discepoli, abitato
dallo Spirito di Dio per essere la prefigurazione del suo Regno d'amore.
Bisogna dunque entrare nel mondo sacramentale perché la trasformazione avvenga:
non si tratta soltanto del pane e del vino che divengono Presenza reale di Gesù risuscitato, corpo e sangue di Cristo,
bensì dell’assemblea tutt’intera che riceve lo Spirito e fa corpo di Cristo.”
Fuori dal contesto di un’Eucaristia
celebrata insieme, non succede nulla se si ripetono le stesse parole su del
pane e del vino. All’origine della Chiesa, il termine “corpo di Cristo”
indicava l’insieme dei credenti e non il pane consacrato: il popolo di Dio era
“il vero corpo di Cristo”, l’ostia “il corpo mistico o sacramentale”.
“Nello
stesso senso, per i primi cristiani il termine comunione evocava la Chiesa che lo
Spirito manteneva nell'unità dell'amore:
avveniva che, per significarlo, «per manifestare che si era in comunione
con le altre comunità cristiane, s'inviava un legato, generalmente un vescovo che, come pegno dell'affetto per questa
Chiesa lontana, portava con sé un pane consacrato che sarebbe stato
aggiunto all'eucaristia locale del paese in cui era stato inviato». La
comunione era dunque la «comune unione» della Chiesa in crescita.”
Pane e vino sono “segni..e
non la realtà a cui conducono e che realizzano”: sono segni di una
Presenza che riempie tutto l’universo (Dio non può essere racchiuso in un luogo
definito). Come per ogni presenza umana: “non
è legata a luoghi, a descrizioni esteriori, a
definizioni. Essa è riconoscibile nella relazione personale e mediante
«segni che interpellano» e ci rendono presenti gli uni agli altri. Non si è
presenti in un posto come una sedia: ci si rende presenti mediante un segno,
che è un invito a entrare in relazione.”
Si diventa segno per gli altri: così Gesù con noi.
Attraverso il pane e il vino si rende segno, ossia ci invita ad entrare in
relazione con Lui così come siamo. “Facciamo corpo con
lui ed egli prende corpo in noi.”
L’adorazione dell’Eucaristia è un modo di entrare in relazione con il
Signore, ma appunto “la Chiesa ha sempre
sostenuto fermamente che il pane, anche esposto all'adorazione, è destinato
alla condivisione e che là risiede il suo significato; per mezzo di questo pane
Gesù c’invita a essere tutt’uno con lui, a entrare con lui nella sua intenzione
espressa alla vigilia della sua passione e a comunicare fra noi mediante la nostra partecipazione a quest’intenzione
di donare la sua vita.”
Cristo ci chiede di donare la nostra
vita per amore, di uscire da noi stessi per andare a Lui, “per
adorarlo e servirlo non solamente in una processione
di comunione, ma anche nell'incontro quotidiano che egli ci propone. Perché, ancora una volta, l'eucaristia è una chiamata per tutta la vita
e se essa ci spinge ad assumere certi comportamenti, è perché noi vi restiamo
fedeli una volta terminata la celebrazione. Sacramento e vita non sono da separare,
perché il sacramento ha il compito di plasmare la vita, di realizzare il Regno
nella vita. Per mezzo dell'eucaristia siamo chiamati, da una parte, a divenire
nel mondo presenza, corpo di Cristo – con il suo Spirito d'amore – e, d'altra
parte, a spezzare il pane dell'amore per tutti, a condividerlo con tutti e
particolarmente con gli affamati. Perché l'ultima cena di Gesù ci ricorda
anche gli altri suoi pasti nel corso dei quali ha spezzato il pane: a casa dei
pubblicani e dei peccatori, per la folla affamata e senza pastore che lo seguiva nel deserto. Il corpo
risuscitato di Gesù ci interpella, ci fa segno nel pane e in tutti
quelli che hanno fame del pane dell'amore.”
1 commento:
«Vuoi onorare il corpo di Cristo? Non trascurarlo quando si trova nudo. Non rendergli onore qui nel tempio con stoffe di seta, per poi trascurarlo fuori, dove patisce freddo e nudità. Infatti, colui che ha detto "questo è il mio corpo" è il medesimo che ha detto "voi mi avete visto affamato e non mi avete nutrito". A che serve che la tavola di Cristo sia sovraccarica di calici d'oro, quando egli muore di fame? Comincia a saziare lui affamato e poi potrai anche ornare la sua tavola.
Tu fabbrichi un calice d'oro e non dai un bicchier d'acqua. Addobbando la sua casa, bada di non disprezzare tuo fratello che soffre, perché questo tempio è più prezioso di quell'altro...
Chi pratica l'elemosina esercita una funzione sacerdotale. Vuoi vedere il tuo altare? Quest'altare è costituito dalle membra che appartengono al corpo di Cristo. E il corpo del Signore diviene per te il tuo altare. Vèneralo. È più augusto che l'altare di pietra dove celebri il santo sacrificio. E tu onori l'altare che riceve il corpo di Cristo e disprezzi quello che è il corpo di Cristo. Quell'altare, ovunque ti è possibile contemplarlo: nelle strade, sulle piazze, e ad ogni ora tu puoi celebrarvi la liturgia» (SAN GIOVANNI CRISOSTOMO).
Posta un commento