Nel sesto capitolo del libro “Dare
la propria vita. Meditazioni sull'Eucaristia”, Pierre Claverie inizia ad
approfondire alcune parti del Prefazio, la parte centrale dell'Eucaristia, ciò
che “ne costituisce lo stesso
fondamento, poiché eucaristia significa rendere grazie. Ciò che noi
celebriamo è la meraviglia rappresentata dal nostro Dio, così come ce lo fa
conoscere Gesù nel gesto supremo di donare la propria vita per i propri amici.”
Abbiamo accolto e ascoltato il
dono dell'amore che Dio ci offre continuamente, vi abbiamo risposto fidandoci e
offrendo la nostra stessa vita e ora sgorga questo canto di “grazie” per tutte
le sue meraviglie, un canto che può essere cantato anche nella sofferenza.
“Noi rendiamo grazie a Dio innanzitutto per quello che egli è: quell’Amore creatore che non cessa di
dare la vita a un mondo a pezzi e stremato. Crediamo che tutto ciò che ha fatto è per il bene dell’uomo e che tutto può
incessantemente contribuire al bene, perché l’Amore può trasfigurare
ogni cosa. E se la sofferenza viene a sfigurare la creazione, Dio viene a porsi
nel cuore della sofferenza per farne una
sorgente d'amore.”
Il nostro Dio non s'impone, non
opprime, non giudica, non condanna, non spegne il lumignolo fumigante.. ma ama,
ama di un amore così tenero e forte da attirare verso di sé.
“È così che egli
trascina tutta la creazione verso di sé per darle in sorte la comunione. Noi
rendiamo grazie a Dio, perché egli è un Dio di relazione e di comunione e non
un Onnipotente solitario e lontano;
accoglienza, dono, condivisione e comunione sono nella sua stessa
natura, ed egli crea e ricrea ininterrottamente la comunicazione e la
comunione, andando incontro a coloro che si sono rinchiusi in sé per aprirli di
nuovo alla gioia della condivisione.”
Come non meravigliarci per tutto questo? Come non stupirci e
non gioire per questo Dio che in Gesù manifesta questo suo desiderio di
relazione, condivide con noi una vita fatta di fiducia, di amore, di verità?
“E il nostro stupore della
conoscenza di Dio in Gesù Cristo si prolunga attraverso la conoscenza e l’incontro
di tutti coloro, uomini e
donne, che sono anche oggi dei segni della sua Presenza. Perché egli stesso l'ha detto: quelli
che saranno abitati dal suo Spirito ci
interpelleranno in suo nome, a cominciare
dai piccoli e dai poveri, che sono il sacramento della sua Presenza
reale e vivente nel nostro mondo.”
Noi cantiamo la nostra gioia,
profonda, benedicente, perché Dio è presente in mezzo a noi, è presente in questo
mondo in cui invece la morte e la sofferenza sembrano avere la meglio.
“Sì, c’è anche questo, e la nostra gioia non può tacere la
potenza della morte. È la ragione per la quale la nostra gioia è grave e, se
essa ci è donata, ciò avviene perché noi vi attingiamo il coraggio di continuare a trasformare questo mondo fatto a
pezzi per dilatarvi il Regno dell’amore. Ogni segno di questo Regno è una sorgente d’azione di grazia, ma anche
un invito: un invito a entrare ulteriormente nell’azione di grazia
perché questo mondo cambi. La nostra azione di grazie è anche un canto di
speranza.”
Guardiamoci
intorno e scopriremo sicuramente che anche oggi ci sono uomini e donne che
stanno offrendo la loro vita nel quotidiano perché il mondo divenga più umano,
perché si coltivi la pace e la riconciliazione, perché anche i più poveri si
sentano amati, perché le relazioni siano un po’ più giuste.. Tutti segni
dell’opera di Dio che prosegue nell’oggi e di cui noi rendiamo grazie e da cui
“attingiamo il coraggio di donare anche quel poco della nostra vita per
completare quello che essi hanno
cominciato. Tutto può ancora cambiare, nulla è disperato, fissato, senza
futuro. Certo
l'annuncio di questa speranza sarà compreso
solo se i messaggeri pagheranno di persona perché essa si realizzi e se
essi, nel mezzo dei loro sforzi, saranno animati dalla tranquilla serenità di
coloro che sanno in chi hanno riposto la propria fiducia. Portatori di speranza
e testimoni della gioia di Dio: a questo ci invita l'eucaristia; ma per
realizzare effettivamente quella che è la speranza e la gioia di Dio, dobbiamo
rileggere le Beatitudini e
allora comprenderemo che la gloria del Regno e la gioia della
risurrezione nascono nel passaggio della croce.”
L'eucaristia c'insegna a posare
sulla realtà uno sguardo non ottimista, ma tranquillo e sicuro. Essa ci aiuta a guardare con più attenzione e riconoscenza tutto ciò che è positivo, per quanto minimo
possa sembrare: essa privilegia il lato buono delle cose, degli avvenimenti, delle persone. Questo lato buono e positivo è opera di Dio,
riflesso della gloria di Dio e Dio, il Santo, l'Onnipotente, saprà
portare a termine ciò che è iniziato così, nell'oscurità, nell'umiltà, nella
debolezza apparente.
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