giovedì 10 ottobre 2013

RENDERE GRAZIE: CANTARE LA GLORIA E LA RICONOSCENZA



Nel sesto capitolo del libro “Dare la propria vita. Meditazioni sull'Eucaristia”, Pierre Claverie inizia ad approfondire alcune parti del Prefazio, la parte centrale dell'Eucaristia, ciò che “ne costituisce lo stesso fondamento, poiché eucaristia significa rendere grazie. Ciò che noi celebriamo è la meraviglia rappresentata dal nostro Dio, così come ce lo fa conoscere Gesù nel gesto supremo di donare la propria vita per i propri amici.
Abbiamo accolto e ascoltato il dono dell'amore che Dio ci offre continuamente, vi abbiamo risposto fidandoci e offrendo la nostra stessa vita e ora sgorga questo canto di “grazie” per tutte le sue meraviglie, un canto che può essere cantato anche nella sofferenza.
Noi rendiamo grazie a Dio innanzitutto per quello che egli è: quell’Amore creatore che non cessa di dare la vita a un mondo a pezzi e stremato. Crediamo che tutto ciò che ha fatto è per il bene dell’uomo e che tutto può incessantemente contribuire al bene, perché l’Amore può trasfigurare ogni cosa. E se la sofferenza viene a sfigurare la creazione, Dio viene a porsi nel cuore della sofferenza per farne una sorgente d'amore.”
Il nostro Dio non s'impone, non opprime, non giudica, non condanna, non spegne il lumignolo fumigante.. ma ama, ama di un amore così tenero e forte da attirare verso di sé.
È così che egli trascina tutta la creazione verso di sé per darle in sorte la comunione. Noi rendiamo grazie a Dio, perché egli è un Dio di relazione e di comunione e non un Onnipotente solitario e lontano; accoglienza, dono, condivisione e comunione sono nella sua stessa natura, ed egli crea e ricrea ininterrottamente la comunicazione e la comunione, andando incontro a coloro che si sono rinchiusi in sé per aprirli di nuovo alla gioia della condivisione.”
Come non meravigliarci per tutto questo? Come non stupirci e non gioire per questo Dio che in Gesù manifesta questo suo desiderio di relazione, condivide con noi una vita fatta di fiducia, di amore, di verità?
“E il nostro stupore della conoscenza di Dio in Gesù Cristo si prolunga attraverso la conoscenza e l’incontro di tutti coloro, uomini e donne, che sono anche oggi dei segni della sua Presenza. Perché egli stesso l'ha detto: quelli che saranno abitati dal suo Spirito ci interpelleranno in suo nome, a cominciare dai piccoli e dai poveri, che sono il sacramento della sua Presenza reale e vivente nel nostro mondo.”
Noi cantiamo la nostra gioia, profonda, benedicente, perché Dio è presente in mezzo a noi, è presente in questo mondo in cui invece la morte e la sofferenza sembrano avere la meglio.
Sì, c’è anche questo, e la nostra gioia non può tacere la potenza della morte. È la ragione per la quale la nostra gioia è grave e, se essa ci è donata, ciò avviene perché noi vi attingiamo il coraggio di continuare a trasformare questo mondo fatto a pezzi per dilatarvi il Regno dell’amore. Ogni segno di questo Regno è una sorgente d’azione di grazia, ma anche un invito: un invito a entrare ulteriormente nell’azione di grazia perché questo mondo cambi. La nostra azione di grazie è anche un canto di speranza.”
Guardiamoci intorno e scopriremo sicuramente che anche oggi ci sono uomini e donne che stanno offrendo la loro vita nel quotidiano perché il mondo divenga più umano, perché si coltivi la pace e la riconciliazione, perché anche i più poveri si sentano amati, perché le relazioni siano un po’ più giuste.. Tutti segni dell’opera di Dio che prosegue nell’oggi e di cui noi rendiamo grazie e da cui “attingiamo il coraggio di do­nare anche quel poco della nostra vita per completare quel­lo che essi hanno cominciato. Tutto può ancora cambiare, nulla è disperato, fissato, senza futuro. Certo l'annuncio di questa speranza sarà compreso solo se i messaggeri pagheranno di persona perché essa si realizzi e se essi, nel mezzo dei loro sforzi, saranno animati dalla tranquilla serenità di coloro che sanno in chi hanno riposto la propria fiducia. Portatori di speranza e testimoni della gioia di Dio: a questo ci invita l'eucaristia; ma per realizzare effettivamente quella che è la speranza e la gioia di Dio, dobbiamo rileggere le Beatitudini e allora comprenderemo che la gloria del Regno e la gioia della risurrezione nascono nel passaggio della croce.” 
L'eucaristia c'insegna a posare sulla realtà uno sguardo non ottimista, ma tranquillo e sicuro. Essa ci aiuta a guardare con più attenzione e riconoscenza tutto ciò che è positivo, per quanto minimo possa sembra­re: essa privilegia il lato buono delle cose, degli avveni­menti, delle persone. Questo lato buono e positivo è opera di Dio, riflesso del­la gloria di Dio e Dio, il Santo, l'Onnipotente, saprà portare a termine ciò che è iniziato così, nell'oscurità, nel­l'umiltà, nella debolezza apparente.

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