giovedì 7 marzo 2013

Edith Stein, Martire di Cristo per il suo popolo

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Edith Stein, Martire di Cristo per il suo popolo
Da un saggio del simposio internazionale 1998
Di P.Jean Sleiman, ocd


Introduzione
Dieci anni prima, Teresa Benedetta della Croce aveva rilevato profeticamente il legame misterico tra lo Yom Kippur e il Venerdì Santo scrivendo: "il giorno della Riconciliazione dell'Antico Testamento è la figura del Venerdì Santo: l'agnello immolato per i peccati del mondo rappresenta l'Agnello immacolato", il Cristo "accettando di morire vittima, è l'eterno Sacerdote".
La morte di Edith si rivela come il culmine di un lungo itinerario martiriale e la pasqua che incorona un lungo esodo.

Dalla bambina che si cerca, all'adolescente che cerca il senso della vita; dalla giovane che cerca la verità all'adulta ormai cattolica innamorata di Cristo; dall'ardente femminista all'antropologa e teologa della femminilità; dall'insegnante che costruisce la persona alla carmelitana contemplativa che prosegue un cammino ascendente dove l'intelletto è riconciliato con la fede, l'antropologia con la teologia; Edith è una pellegrina della verità, della speranza e dell'amore. Perciò subisce la sorte spesso riservata in questo mondo alla verità e all'amore. Le cattedre universitarie le sono rifutate come donna. L'insegnamento stesso, il suo carisma specifico, le sarà proibito perché giudea. La Germania, sua amatissima patria, le sarà tolta, la sua libertà di cittadina le sarà rifutata, il suo rifugio in Olanda, dove il Carmelo stesso la considererà non come una monaca incardinata ma in traferimento provvisorio, non l'assicurerà una vera incolumità.

Il 2 agosto 1942, in applicazione delle decisioni del Commissario del Reich, per rappresaglia contro la Chiesa cattolica, Edith, sua sorella Rosa e tanti altri vennero arrestati, deportati, uccisi e le loro ceneri sparse al vento.


Il suo martirio che si presenta come vocazione, quella della Sponsa Christi, e che si rivela come offerta per il Popolo ebreo, il Popolo tedesco, la Chiesa, la pace e la sconfitta dell'anticristo, e si consuma come espiazione e redenzione e che permane come testimonianza e profezia.


I- Il martirio, o la vocazione della Sponsa Christi

Donna di desideri infiniti, frutto di una natura ardente e leale, sensibile e intelligente, integra e intrasigente, Edith Stein pensa di realizzarli innanzitutto nella sua ricerca appassionata della verità. Ma come lei stessa dirà più tardi: "chi cerca la verità, cerca Dio". Così sarà presto afferrata da Cristo, che le rivela il Padre e le conferisce lo Spirito. Convertita, Cristo sarà oramai il "punto focale della sua vita". Rigenerata dal battesimo, Edith appare ai suoi contemporanei come rinata dall'alto: questi non hanno "parole per descrivere la purezza, la luce che illuminava Edith Stein nell'epoca della sua conversione, l'assoluta generosità che si percepiva in lei e che manifestò il suo frutto nel martirio".


In realtà, la scelta di Cristo si traduce per Edith nella riconciliazione e l'alleanza dell'"essere finito e dell'Essere Eterno". È anzi convinta che "l'anima è predestinata sin dall'eternità ad essere sposa del Figlio di Dio, partecipando alla vita trinitaria della Divinità. È stato appunto per sposare la sua creatura, che il Verbo Eterno si è rivestito della natura umana: Dio e l'anima dovevano essere due in una sola carne. Così ha luogo nella persona del cristiano una nuova Incarnazione di Cristo" .


"Dio e l'anima dovevano essere due in una sola carne", ma non lo furono e non lo sono sempre. Teresa Benedetta affronta, filosoficamente e teologicamente, la questione del peccato e del male, dell'incarnazione e della redenzione, della espiazione e della sostituzione, dell'opera di Cristo e del ministero della Chiesa, della responsabilità di ogni uomo, uomo e donna, e della vocazione del cristiano, come membro del Corpo Mistico. Perciò, da quando Cristo è diventato per lei "la (sua) vita", non cessa di ripetere che "chi appartiene a Cristo, deve vivere intera la vita di Cristo: deve raggiungere la maturità di Cristo, deve finalmente incamminarsi sulla via della croce verso il Gestsemani e il Golgota. La natura umana che Cristo assunse gli diede la possibilità di soffrire e di morire. La natura divina da lui posseduta dall'eternità diede al soffrire e al morire un valore infinito e una forza redentrice. Il dolore e la morte di Cristo continuano nel suo Corpo Mistico e in ognuno dei suoi membri. Ogni uomo deve soffrire e morire; ma se è un membro vivo del Corpo di Cristo, il suo soffrire e morire acquista, per merito della divinità del Capo, forza redentrice. Questo è il motivo reale per cui tutti i santi hanno sempre desiderato di soffrire ".


Questa sua professione di fede, frutto di una esperienza d'unione divina, ma anche di complesse analisi filosofiche e teologiche, si attua nella sua identità-vocazione di Sponsa Christi: l'espressione, consacrata nella Chiesa, accomuna in un legame analogico identico l'umanità, Eva, Maria, la Chiesa, ogni persona e, in modo particolare, la donna. Tutte queste entità hanno in comune la stessa realtà di esseri creati da Dio, ma per rassomigliarGli, partecipare alla sua azione creatrice che, nella storia della salvezza, diventa redentrice, condividere la sua vita per meritare di "partecipare alla sua misericordia", direbbe Teresa del Bambino Gesù, o come continua la Stein, "per divenire membri del suo corpo, e sotto questa qualifica soffrire e morire con Lui, ma anche per risuscitare con lui alla eterna vita divina. Quella vita sorgerà per noi nella sua pienezza soltanto nel giorno della glorificazione. Tuttavia, sin da adesso "nella carne", noi vi partecipiamo in quanto crediamo che Cristo è morto per noi, per dare la vita a noi. Ed è proprio questa fede che ci fa diventare un tutto unico con Lui, membra collegate al capo, rendendoci permeabili alle effusioni della sua vita. Così la fede nel Crocifisso - la fede viva, accompagnata dalla dedizione amorosa - è per noi la porta d'accesso alla vita e l'inizio della futura gloria".


Edith Stein esprime questa stessa relazione con Dio attraverso l'immagine della filiazione divina che celebra come un ineffabile dono e che cerca di vivere come un necessario impegno: "Essere figli di Dio significa procedere mano nella mano con Dio, fare la volontà del Padre, non la propria, riporre nelle mani di Dio tutti gli affanni e tutte le speranze, non preoccuparsi più di sé e del proprio futuro. Ecco su che riposano la libertà e la letizia dei figli di Dio. Vivere nell'inconcussa fiducia nel Signore si può solo quando questa comprenda la disponibilità ad accettare dalla mano del Signore qualsiasi cosa Il Fiat voluntas tua! Nella sua piena dimensione deve essere la norma di una vita cristiana. Deve regolare il corso della giornata da mane e sera, e il dipanarsi dell'anno, e la vita tutta. Diviene allora anche l'unica preoccupazione del cristiano".


In altri termini, "chi appartiene a Cristo deve vivere fino in fondo tutta la vita di Cristo. Deve crescere sino alla maturità di Cristo, deve intraprendere la Via Crucis, deve passare per il Getsemani e per il Golgota. E tutte le sofferenze che possono venirgli dall'esterno sono nulla a paragone della notte oscura dell'anima, quando la luce divina non brilla più e la voce del Signore non si ode più. Dio è sempre là, ma sta nascosto e Cristo è Dio e Uomo, e chi ha parte con lui, deve aver parte a una vita divina e umana. La natura umana, che egli assunse, gli diede la possibilità di soffrire e di morire. La natura divina, ch'egli possedeva ab eterno, conferì alla sofferenza e alla morte un valore infinito eun potere espiatorio, redentivo. Le sofferenze e la morte del Cristo proseguono nel suo Corpo mistico, e in ognuna delle membra di esso. Soffrire e morire è il destino di ogni uomo. Ma se egli è un membro vivo del Corpo mistico di Cristo, il suo soffrire e il suo morire assumono per tramite della divinità del capo un valore espiatorio, co-redentivo.

Non si tratta di una bramosia perversa di soffrire. Agli occhi della razionalità naturale appare una perversione. Alla luce del mistero ella Redenzione si rivela super-razionale, somma ragionevolezza. Così, colui che è legato a Cristo persevererà inconcusso anche nella notte oscura della soggettiva lontananza da Dio e assenza di Dio; forse l'economia divina della salvezza impiega i suoi tormenti per liberare qualcuno che è oggettivamente incatenato dal peccato. Perciò: Fiat voluntas tua! Anche, e anzi proprio in seno alla notte più tenebrosa".


La Croce non è quindi una fatalità. Abbracciarla è somma libertà. È la risposta più libera ad una chiamata particolare: a "patire con Cristo e per questo a collaborare con lui alla sua opera di redenzione. Se siamo uniti al Signore, siamo membri del Corpo mistico di Cristo; Cristo continua a vivere e soffre in loro; e la sofferenza, portata in unione con il Signore, è una sofferenza, innestata nella grande opera della redenzione e per questo è feconda. Questo è il principio su cui si fonda la vita di tutti gli ordini religiosi e in primo luogo del Carmelo: attraverso una libera e gioiosa sofferenza, intercedere per i peccatori e collaborare alla redenzione dell'umanità".
Una tale vocazione suppone un legame profondo e intimo con Cristo. È quindi più particolarmente la sorte della Sponsa Christi. Una convinzione nata dall'approfondimento filosofico e teologico della vocazione della donna e maturata al Carmelo.


La Sponsa Christi, portando la Croce con lo Sposo, desidera strappare dal mondo il peso del peccato, di ogni peccato e male, dal primo peccato dell'umanità fino all'ultimo. Edith si fa presente sul Getsemani e si unisce, per non lasciare Cristo solo, alla madre di Dio, ai fedeli che lo avrebbero seguito nella sua via crucis e che erano presenti nella sua preghiera sul Monte degli Olivi. Dopotutto la sofferenza cristiana non è un ricordo, è una unione con Cristo: "soffrire e nella sofferenza essere beati; stare sulla terra, percorrere le vie sordide ed aspre di questa terra e tuttavia sedere in trono con Cristo alla destra del Padre; piangere e ridere con i figli di questo mondo e cantare senza posa la lode di Dio con i cori degli angeli, questa è la vita dei cristiani, fino a che sorga l'alba dell'eternità".


Per vivere pienamente questa vocazione di Sponsa Christi, Edith desidera la vita consacrata nel Carmelo il cui "spirito è l'amore" sin dai primi giorni della sua conversione. Per lo stesso motivo vive da consacrata nel mondo. Si abbandona nelle mani del Padre, come Cristo, che lei segue ed imita per essere resa degna dell'unione con Lui, rassomigliarGli e portare la sua Croce: "più l'anima riacquista la somiglianza divina, più la Croce pesa sulle sue spalle. Essa viene associata alla passione del Figlio di Dio, abbandonato sul Getsemani e sul Golgota. Il matrimonio spirituale è l'associazione più perfetta al dolore del Crocifisso "che ha preso su di sé il fardello del peccato umano, abbracciandolo con il suo amore misericordioso e nascondendolo nella sua anima".


II- La Croce, o l'amore del popolo eletto.

Susanne Batzdorff-Biberstein, nipote di Edith, scrive: "Diventando cattolica nostra zia aveva abbandonato il suo popolo; il suo ingresso in convento manifestava di fronte al mondo esterno una volontà di separarsi dal popolo ebreo". Altri invece rivendicano l'ebraicità di Edith e la considerano come vittima giudea della Shoah. Tuttavia, la singolarità di Teresa Benedetta della Croce è la sua autentica conversione al cattolicesimo, l'integrazione perfetta della sua teologia e della sua liturgia senza rinunciare alle sue radici ebraiche. La relazione di Edith al suo popolo rimane un mistero che ella svela con tanta precauzione nei suoi scritti e nei suoi atteggiamenti.


Innanzitutto bisogna ricordare che Edith si considera come "figlia di Israele" e ne rimarrà tutta la vita fiera, perché è il Popolo di Cristo stesso: "Non si può neanche immaginare quanto sia importante per me, ogni mattina quando mi reco in cappella, ripetermi, alzando lo sguardo al crocifisso e all'effigie della Madonna: erano del mio stesso sangue".


Infatti, Edith non si è mai distaccata dal suo Popolo, anche se il suo legame portava la sua propria singolare impronta. Sappiamo che, malgrado la sua nascita e la sua prima educazione in una famiglia ebrea, accerchiata da un ambiente giudeo piuttosto liberale, e malgrado il legame speciale con la madre che le ha trasmesso un vissuto giudaico fondamentale, importante, Edith scopre il giudaismo una volta cattolica. Ne approfondisce il mistero, ne rivera la missione. Come ebrea, affonda le sue radici nel mistero dell'elezione, dell'alleanza; come cattolica, nel mistero dell'incarnazione-passione-risurrezione di Cristo e del suo Corpo Mistico. O meglio le radici della prima Alleanza si avverano pure in quelle della Nuova Alleanza:
"La Chiesa vidi nascere 
"Dal seno del mio popolo. 
"Dal suo cuore spuntare vidi poi, 
"Come tenero tralcio allor fiorito 
"L'Immacolata lei, la tutta Pura, 
"Di David discendente".


Tuttavia l'approfondimento sereno del mistero di Israele è perturbato dalla persecuzione nazionalsocialista. Dal primo istante, l'ebraismo di Edith si trasforma in una umana e teologale "com-passione"per il suo Popolo. Non solo perché lei stessa è perseguitata personalmente ed estromessa dall'insegnamento, ma perché la perversa ideologia minaccia questo "seno" che ha dato la vita alla Chiesa. Ossia si identifica di nuovo con il suo Popolo.
È rimasto famoso il suo racconto del discorso fatto da un suo ospite per una notte , che ignorava la sua identità ebrea: "L'uomo incominciò a parlarmi e raccontò ciò che riferivano i giornali americani sulle atrocità di cui erano vittime gli ebrei. Erano notizie non confermate, che non voglio nemmeno ripetere. Voglio ricordare solo l'impressione che provai quella sera. Avevo già sentito parlare in precedenza di crudeli provvedimenti contro gli ebrei. Ma solo allora mi apparve chiaro all'improvviso che Dio metteva di nuovo duramente alla prova il suo popolo e che il destino di questo popolo era anche il mio destino".


Scossa interiormente e inquieta, Edith cerca di capire. Chiede a Gesù la rivelazione di questo destino: " in quell'anno santo 1933 la passione di nostro Signore veniva commemorata con la massima solennità. Alle otto di sera ci trovammo per l'Ora santa nella cappella del Carmelo di Colonia Mi rivolsi al Redentore e gli dissi che sapevo bene come fosse la sua Croce che veniva posta in quel momento sulle spalle del popolo ebraico: la maggior parte di esso non lo comprendeva, ma quelli che avevano la grazia di intenderlo avrebbero dovuto accettarla con pienezza di volontà a nome di tutti. Mi sentivo pronta, e domandavo soltanto al Signore che mi facesse vedere come dovevo farlo. Terminata l'Ora Santa ebbi l'intima certezza di essere stata esaudita, sebbene non sapessi ancora in che cosa doveva consistere quella Croce che mi veniva imposta".


Queste testimonianze della Stein rivelano bene che ama sempre il suo Popolo, ma lo percepisce con gli occhi e il cuore di Cristo. Si rivolge a Lui e vede che la sua propria Croce è stata messa sulle spalle del Popolo giudeo. In altri termini, la missione di ambedue è identica, la sorte di Cristo con il nazionalsocialismo è pure quella degli Ebrei. È una rivelazione di Cristo alla sua Sposa che non ha mai separato, da quando è stata battezzata, il Messia dal suo Popolo messianico. È qui il fondamento della teologia steiniana del giudaismo. È alla sua luce che bisogna capire il suo amore, la sua compassione e anche le sue critiche che sono più del genere degli "improperi" che di quello di una condanna.


Abbiamo citato poc'anzi il dialogo notturno della regina Ester con la Madre Priora. Edith sulla bocca di Ester, esulta all'idea che la Chiesa è nata dal Popolo eletto, la cui pienezza di grazia sgorga dal cuore di Cristo e fluisce in quello della Vergine, figlia d'Israele pure lei e membro eminente della Chiesa:
"La pienezza di grazia vidi uscire 
"Dal Cuore di Gesù, e da lui fluire 
"Nel cuore della Vergine" .
L'esultanza cambia presto e si muta in rammarico e pena perché
"La Chiesa, sì, è fiorita, 
"Ma il mio popolo in massa 
"È rimasto lontano dal Signore 
"E dalla Madre sua 
"Nemico della croce 
"Va vagando qua e là, senza riposo, 
"Oggetto di ludibrio e di disprezzo".


Queste parole richiedono un commento. Esse sono state scritte nel cuore dello sterminio del Popolo eletto, almeno in Europa. Ma Edith ne cerca la causa aldilà della storia. Rileva la lontananza dal Signore e dalla sua Madre, prima di tutto. Non avendo penetrato il mistero del Messia Gesù, il Popolo eletto si è fatto logicamente nemico della sua Croce ed è diventato oggetto di ludibrio e di disprezzo. Ma ciò non significa che il Popolo ebraico si è meritato la sorte fattagli dal nazionalsocialismo. Al contrario, l'anticristo odia in questo Popolo la sua messianità e quindi il legame profondo, vitale, connaturale con Cristo. Aborrisce la sua etica. Esecra la sua elezione, sigillata nell'Alleanza che Cristo compie ma non distrugge.


Il dialogo di Edith con la mamma, al ritorno dalla sinagoga dopo la preghiera dell'ultimo giorno della festa dei Tabernacoli ci fa fare altri passi in avanti nel sondare l'ebraismo della carmelitana martire e i suoi aspetti teologici:
La mamma chiede "Non era bella la predica? "Sì". "Anche nella fede ebraica si può essere religiosi, non ti pare?". "Certamente, quando non si è conosciuto altro!". Allora replicò desolata: "E tu, perché l'hai conosciuto? Non voglio dir niente contro di lui, sarà stato certamente un uomo molto buono, ma perché si è fatto Dio?".


Questo dialogo traduce il profondo rispetto della cattolica per la fede altrui, la convinzione profonda non solo della legittimità, ma anche della validità della religione ebraica. Tuttavia enfatizza la fede in Cristo che vive e compie l'ebraismo, o meglio, che assume e realizza la missione del Popolo eletto. In questa luce, bisogna capire i rimproveri agli ebrei contemporanei per la loro poca fede nel Messia, la loro inimicizia alla Croce. Ma non per condannarli. Non si tratta di un giudizio né di un rifiuto, ma bensì di un amore grande. Un amore incarnato, ma senza rinchiudersi nei limiti dell'appartenenza etnico-religiosa. In questo senso, Edith appartiene a quella stirpe di ebrei che hanno riscoperto in Gesù il Cristo, i tratti del Messia, figlio di Davide, promesso da Dio ad Israele (cf. Mt 2,2; Mt 9,27; Mt 12,23; Mt 15,22; Mt 20,30; Mt 21,9; Mt 21,15 e CCC, 438).


Infatti, sulla scia di San Paolo e degli Apostoli, Edith è convinta che la salvezza viene prima per i Giudei e da loro si diffonde nel mondo (cf. Jn 4,22; Cfr CCC 528). In ragione della loro elezione divina. Dio invia questo piccolo popolo e lo guida. Anzi fa una Alleanza con lui: da qui deriva la sua identità e sorge la sua missione; è qui che si radica la sua perseveranza. È in questo popolo che il Verbo di Dio si è incarnato. Perciò il grande peccato degli Ebrei per Edith, se si deve parlare di peccato, è di trascurare la loro missione e quindi di tradire la loro identità: popolo messianico, popolo del Messia, ma anche Popolo Messia. Avendo quindi presente alla mente che Edith scopre il mistero d'Israele sotto la Croce, possiamo meglio capire Edith quando collega la catastrofe degli Ebrei con la Passione del Messia: "Devo dirle che ho portato il mio nome da religiosa già da postulante: così come l'ho chiesto mi è stato dato. Sotto la croce ho capito il destino del popolo di Dio, che fin da allora cominciava a preannunciarsi. Ho pensato che quelli che capiscono che tutto questo è la croce di Cristo dovrebbero prenderla su di sé in nome di tutti gli altri. Oggi so un pó più di allora che cosa vuol dire essere sposa del Signore nel segno della croce, anche se per intero non lo si capirà mai, perché è un mistero".


Perciò, scoprire il mistero di Israele sotto la Croce, aldilà del contesto storico, è penetrarne la vocazione, la missione e il destino nel piano della salvezza. Alla luce della rivelazione della Scrittura nei suoi due Testamenti e della teologia, alla luce della sua propria esperienza di Cristo, Edith penetra più in profondità il mistero dell'elezione e dell'alleanza, del peccato del mondo e della responsabilità del Popolo di Dio, non solo come peccatore o perché ha peccato, ma soprattutto come corresponsabile della salvezza dell'umanità con Dio. Il mistero della Croce, che racchiude tutta la storia della salvezza, tutti i misteri di Dio, svela il mistero di Israele come Popolo Messia. Non solo perché non ha accettato Cristo come Messia, ma anche perché non agisce lui stesso da Messia. Anzi: "La fede nel Messia è quasi sparita negli ebrei di oggi, anche nei credenti. E quasi altrettanto la fede in una vita eterna. Per questo, non sono mai riuscita a far capire a mia madre né la mia conversione né la mia scelta di entrare nell'Ordine. Ed è proprio per questo che soffre ancora molto per la nostra separazione, senza che io possa dirle una parola di conforto.".


Il popolo ebreo è sempre eletto. Ma appunto perché emancipato, grazie alla sua elezione, è pienamente responsabile: non può disinteressarsi della salvezza del mondo: "La salvezza viene dai giudei" (Giov 4,22), perché sono "la radice" (Rom. 11,16). Se considera un privilegio di essere giudea di nascita (cf. Ga 2,15), come lo abbiamo ricordato, Edith non considera il dono di Dio come un privilegio di superiorità ma di responsabilità nel mondo dove "tanto Giudei che Greci sono tutti sotto peccato, come sta scritto: "Non c'è alcun giusto, neppure uno" ( Rom 3,9-10).


Se il Popolo ebreo soffre, è perché Cristo soffre. Nella catastrofe della seconda guerra mondiale, poi, non si tratta di una persecuzione classica, ma di una lotta contro il Messia e il suo Popolo. È Cristo che è crocifisso nella Shoah. Ma Cristo ha dato la vita e nessuno poteva toglierGliela. Edith pure, come Cristo, intuendo il mistero messianico nella Shoah, si offre con Cristo, per Cristo e in Cristo. Le parole di San Paolo esplicitano meglio la sua fede: "Io sono stato crocifisso con Cristo e non sono piú io che vivo, ma è Cristo che vive in me; e quella vita che ora vivo nella carne, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me" (Ga. 2,20).
La Sponsa Christi, "dal momento in cui iniziò a capire il destino del popolo di Israele "sotto la Croce" accolse sempre di più il Cristo nel suo profondo mistero di Redenzione, per sentirsi in unità spirituale con i molteplici dolori dell'uomo e aiutare a perdonare le ingiustizie di questo mondo che gridano vendetta agli occhi del cielo ".


III- La croce, oggetto d'odio del Nazismo

Fin da giovane studentessa, Edith Stein è attenta alla storia del mondo. A suo cognato Hans Biberstein scrive: "In questi giorni mi sento portata verso i tempi napoleonici e posso immaginare in quale tensione vivevano i popoli in tutta Europa. Mi domando: vivremo abbastanza per vedere gli eventi odierni divenire storia? Io ho un grande desiderio di vedere tutto questo un giorno alla luce dell'eternità. Perché si realizza allora più chiaramente quanto ciechi siamo riguardo a tutto".


Infatti, avendo approfondito lo studio dell'uomo e della società, dello stato e della cultura in genere, ella ha percepito immediatamente la perversità intellettuale e spirituale del nazismo, che si innesca sul mistero dell'iniquità stesso. Negando la Croce di Cristo, il nazismo odia l'umanità del Verbo di Dio. In questo senso, esso incarna l'anticristo.
In un suo scritto, molto probabilmente del 1934, intitolato "Alcune riflessioni per la festa di S. Giovanni della Croce", Teresa Benedetta dice: "Lo spettacolo del mondo in cui viviamo - le sciagure e la miseria e l'abisso della malvagità umana, - è sempre lì ad offuscare l'esultanza per la vittoria della luce. L'umanità combatte ancora con una marea di fango, ed è pur sempre un piccolo gregge che si è posto in salvo sulle cime più elevate dei monti. Non è ancora terminato il combattimento tra Cristo e l'Anticristo. In questo combattimento i seguaci di Cristo hanno il loro posto. E la prima delle loro armi è la croce".


Il Nazismo si è costruito una antropologia prometeica e ha trasformato, senza nessun rimorso, il mondo in funzione dei suoi propri interessi. Il suo grande peccato è di odiare l'amore. Vi si applica quello che Edith ha scritto sul Faust di Goethe: "Ognuno è capace, per natura, di amare ciò che è amabile e odiare ciò che è degno di odioOdiare ciò che merita amore, però, non è naturale ma propriamente diabolico, e può farlo solo il male stesso o colui che ne è posseduto. Le sue reazioni non scaturiscono né dalla ragione naturale, né dall'individualità, ma unicamente e totalmente dallo dallo spirito del male. L'odio è la reazione specifica del male o, più correttamente, lo specifico atto spirituale, attraverso il quale il male può emanare la sua stessa essenza materiale e deve farlo necessariamente. Il male è un fuoco che consuma. Se rimanesse in se stesso, dovrebbe consumare se stesso. Per questo deve, eternamente e inquietamente desideroso di uscire da sé, cercare un luogo da dominare nel quale possa stabilirsi e portare fuori di sé tutto ciò che viene afferrato da lui e dalla sua particolare inquietudine. Per questo motivo, quando si è votata al regno del male, l'anima non è in se stessa e quindi non è a suo agio neanche in questo regno".


Prosegue nella critica dell'hybris faustiana la sua critica del nazismo, dove prevale l'orgoglio sul pentimento cristiano, trionfa il compiacimento delle sue proprie forze e il preteso "salvarsi da sé". Edith era preoccupatissima del diffondersi del superuomo nella gioventù: i suoi scritti sull'educazione vanno capiti come una resistenza alla dominazione ideologica invadente.
Si può dire lo stesso del patto con il diavolo, denunciato come fulcro della saga faustiana per condannarlo come fulcro del nazismo. Il maligno cerca di penetrare nella creazione di Dio per distruggerla. Nel nazismo, la penetrazione è perfetta e l'identificazione della potenza del male con i poteri regnanti è completa. La sua inimicizia della Croce non poteva non esplodere. Il suo odio per la Chiesa, diffuso nella sua ideologia antireligiosa e specie anticattolica, concretizzato in mille modi, giustifica la qualifica del suo sistema come tirannico: "accettato che persecutori e tiranni dei tempi moderni sono da considerarsi anche le ideologie totalitarie, tutti i Consultori sono convenuti nel riconoscere che il Nazismo, nel suo camuffamento sotto lo 'specimen' politico, nascondeva una tattica ideologica-atea, persecutoria ".


Nemico della Croce, il Nazismo si scagliò contro ogni religione e, particolarmente, contro la fede cattolica, come molte pratiche lo provano: limitazioni pastorali verso gli operai stranieri cattolici, obbligo di imbandierare edifici sacri con bandiere del regime il 15 settembre 1935, misure contro operazioni finanziarie fatte da ecclesiastici per opere assistenziali o altrimenti benefiche, sotto il pretesto di esportazione di capitali o di sovvenzione di enti contrari al regime (i Devisenprozesse), rimozione dei crocifissi dalle scuole del 23 aprile 1941, sequestro di catechismi contro l'ideologia nazista, divieto di critica pubblica, espropri di conventi, imposizione della scuola nazionalsocialista.


Nemico della Croce, vede nel giudaismo, alla luce del suo materialismo darwinistico sociale, il substrato materiale della Chiesa cattolica e del cristianesimo in genere: cercando di sterminare il Popolo dell'Alleanza, intende eliminare la Chiesa, o come lo sostiene Teresa Benedetta, pensa realmente di uccidere Dio stesso. Nella Shoah, c'è una vera "contumelia creatoris": "Al male morale di qualsiasi genocidio si aggiunge, con la Shoah, il male di un odio che mette in discussione il piano salvifico di Dio nella storia. Attraverso quest'odio, la stessa chiesa viene direttamente presa di mira. L'insegnamento di Paolo nella Lettera ai romani ci indica quali sentimenti fraterni, radicati nella fede, dobbiamo nutrire verso i figli di Israele (cf. Rm 9,4-5). L'apostolo lo sottolinea: "a causa dei loro padri" essi sono amati da Dio, i cui doni e la cui chiamata sono irrevocabili (cf. Rm 11,28-29).


Nemico della Croce, il Nazismo combatte Dio stesso e impianta il suo proprio culto che presenta come la Riforma futura, chiamata a sbarazzare il mondo dagli scettici valori cristiani e ad instaurare l'onore al posto dell'amore. Nel distruggere il giudaismo per permettere la soprarazza, il Nazismo stava distruggendo le fondamenta della religione cattolica. Con l'eliminazione della "chrisliche-jüdische Pest" si prometteva d'instaurare il regno della razza ariana: "quando avevo sedici anni andai a Berlino come infermiera della Croce Rossa. Là abbiamo dovuto giurare che consideravamo Hitler come il nostro Dio ed abbiamo dovuto firmare che non saremmo più andate in chiesa. La Chiesa e tutto il resto era soltanto un'impostura. Gli ebrei dovevano essere tutti sterminati. Questo era l'inizio della nostra formazione. Ero troppo giovane per capire le conseguenze di tutto questo".


Che fare?
Abbiamo già accennato alla resistenza dell'Insegnante di Münster all'ideologia dominante. Ricordiamo pure la lettera a Papa Pio XI, chiedendo una udienza e addirittura una enciclica. Ma presto la Sponsa Christi intuisce l'insufficienza di tutti questi passi: " Provai quasi un senso di sollievo al pensiero di essere veramente coinvolta nella sorte generale, ma dovevo naturalmente riflettere su ciò che avrei dovuto fare in seguito.Nelle ultime settimane avevo sempre meditato domandandomi se potessi fare qualcosa aanch'io per il problema degli ebrei. Infine avevo deciso di recarmi a Roma e di chiedere al Santo Padre un'enciclica in un'udienza private. Anche se compiere un passo tanto estremo corrispondeva al mio carattere, in qualche modo sentivo che non era il "vero". Cosa fosse il vero, non lo sapevo tuttavia nemmeno io".
Si è molto speculato su questa famosa lettera al Papa. È molto importante vedere come Edith stessa relativizza questa sua iniziativa. Infatti, più si addentra nella vita contemplativa, più crede che "non è l'attività umana che ci può salvare, ma soltanto la passione di Cristo. Esserne partecipe, questa è la mia aspirazione".
Conscia della gravità della situazione del mondo, Edith è oramai sicura che "in tempi come i nostri, è così necessaria questa corredenzione attraverso il dolore portato con gioia". Perciò, è fiduciosa: "umanamente non ci sarebbe di che consolarsi, ma colui che ci dà la croce sa anche renderci il peso dolce e leggero." Si abbandona nella mani del Signore e offre la sua vita.


IV- La corredenzione o il privilegio della Sposa

L'identificazione del vissuto e del pensiero, della vita teologale e della vita intellettuale, del progetto di vita e della speranza che anima la sua esistenza martoriata, segna l'itinerario di Teresa Benedetta della Croce come singolare, lineare e sempre ascendente. La Sponsa Christi sale intrepidamente, costantemente e amorosamente il Calvario dove spera di abbracciare lo Sposo, di dissetarlo e soprattutto di prendere sulle sue proprie spalle la sua Croce. Abbiamo ricordato nella prima parte il fondamento cristologico della conversione e della scelta di Dio di Edith Stein. Occorre sempre tenerlo presente.


Storicamente, sappiamo bene che la Stein era, dai primi anni trenta, già consapevole della prevista, ed anche perspicacemente intuita, sua tragica fine sotto il regime nazista: "Non soltanto lei interpretò e intuì con occhio di fede gli eventi, ma visse nella sua propria carne il dramma umano-etnico-religioso del momento con totale abbandono ai disegni di Dio, con perseverante fiducia nel valore soddisfattorio della sua immolazione. Tutta la vocazione carmelitana della Serva di Dio dice per sé la sua Speranza straordinaria, cioè la sua inconcussa fiducia nella validità del piano di Dio su di lei e sull'umanità". Ma la ricercatrice della verità, fondamentalmente della verità dell'altro, degli altri (cfr. L'Empatia) per arrivare a quella dell'assolutamente Altro, si domanda:
"Chi ci condurrà 
"dalla notte alla luce? 
"Come finirà il terrore? 
"Dove il tribunale colpirà i peccatori? 
"Quando si volgerà il destino?".
L'interrogazione contiene la risposta. Edith è fiduciosa che il Signore salverà il suo Popolo ma che bisogna intercedere. Come la regina Esther, è sicura di essere stata scelta per questa missione: "Io sono una piccola Esther povera e impotente ma il re che mi ha scelto è infinitamente grande e misricordioso. E questa è una grande consolazione".


Consolata, o meglio ancora, stimolata dal Signore e spinta dalla situazione generale, Teresa Benedetta sente che il momento è giunto di realizzare il suo "desiderio ardente di essere holocaustum". Mentre il mondo era più che mai in fiamme, Teresa Benedetta, da Sponsa Christi, si offre in olocausto. Su questo sfondo, bisogna rileggere la sua lettera alla Madre Priora del 26 marzo 1939, domenica della Passione: "Cara madre, mi permetta di offrire me stessa al cuore di Gesù quale vittima d'espiazione per la vera pace: affinché cessi il dominio dell'anticristo, possibilmente senza una Seconda Guerra mondiale, e possa venire instaurato un nuovo ordine. Vorrei farlo ancor oggi, perché è mezzanotte. So di essere un nulla, ma Gesù lo vuole, ed egli chiamerà certamente molti altri in questi giorni".
Questo testo riassume la vita e il pensiero della Stein. Edith ha cercato la verità: era la sua prima preghiera; era anche la sua maniera di vivere per gli altri. Edith, convertita, ha molto pregato; si è impegnata come insegnante in un modo singolarmente apostolico e aperto ai bisogni altrui; si è consacrata nel Carmelo il cui "spirito è l'amore". Tutta la vita, possiamo dire, è stata una offerta. Ma ora che è "mezzanotte", l'ora del regno dell'anticristo, perché regno di tenebre che giunge al suo vertice, non bastano più le "offerte": bisogna semplicemente offrirsi. Per Edith, questo significa accettare la morte, perché la vita non le venga tolta ma che lei, come Cristo, dia la propria vita.


La vita sua, ella l'offre in olocausto al Cuore di Gesù, cioè a Gesù nella sua opera redentrice. Nel cuore della Passione di Cristo, nel più profondo della sua kenosi, la sua Sposa prende definitivamente e totalmente il suo posto accanto a Lui per prendere su di sé il peso della sua Croce, e cioè storicamente, l'ignominia e l'assurdo della Shoah, vero regno dell'anticristo.
L'olocausto della Sposa è Lode; è anche intercessione per la vera pace e perché cessi il regno dell'anticristo che sta distruggendo l'uomo e il suo universo cosmico e culturale, che sta crocifiggendo Cristo di nuovo attraverso l'eliminazione abietta del Popolo del Figlio di Dio, diventato figlio dell'uomo, la distruzione della Chiesa, suo corpo mistico, e lo sconvolgimento del mondo attraverso l'uccisione della pace.


L'olocausto della Sposa è anche una espiazione. È uno scontro frontale con l'anticristo. Edith, a questo proposito, analizza filosoficamente e teologicamente la possibilità di espiare per gli altri. Infatti "nella struttura della persona finita ci sono diversi punti di partenza da prendere in considerazione per l'attività mediatrice. In altri termini, l'essere umano può, in diversi modi, essere utile per la salvezza degli altri uomini". Esiste quindi la "reciproca responsabilità degli esseri umani sulla quale si fonda la chiesa. La chiesa deve la sua esistenza non alle esperienze ma al fatto che il singolo sta dinanzi a Dio e che in virtù dell'incontro e della reciprocità della libertà umana e divina, a lui è data la forza di essere ": uno per tutti e tutti per uno (il ché) costituisce la chiesa".
In altri termini, l'uomo, e soprattutto il Cristiano, è responsabile dell'umanità e del cosmo. Perciò "è chiamato ad essere il redentore di tutte le creature. Può esserlo nella misura in cui egli stesso è salvato". La sua responsabilità, che arriva fino a sostituire gli altri, va assunta con libertà e con amore: "Quanto più uno è riempito dall'amore divino, tanto più è adatto a compiere di fatto la sostituzione, possibile in linea di principio, nei confronti di ogni altro. L'atto libero della preghiera, infatti, è vero ed efficace solo nella misura in cui è fondato sull'amore: sull'amore per Dio, se si tratta unicamente del rapporto della singola anima con Dio, e nel caso della preghiera per un altro, sull'amore per quest'ultimo, cioè sul'amore del prossimo in Dio, al quale è necessariamente legato il desiderio della sua salvezza".


Ma la sostituzione è un privilegio messianico: è il privilegio di Cristo, Verbo incarnato. È la missione del Servo sofferente di Isaia. È soprattutto la missione di Cristo. La Sponsa Christi la condivide, prendendo su di sé, nella sua unione con Cristo, l'apocalittico male della "soluzione finale" come l'aveva teorizzato anni prima. Lo può fare e lo fa perché Cristo lo vuole: "C'è poi un atteggiamento di fronte alla sofferenza inflitta: un rivoltarsi contro di essa o assumersela, subirla volontariamente, nel nostro caso subirla volontariamente come punizione. Questo atteggiamento è libero ed è possibile per esso una sostituzione. Affinché possa avvenire questa relazione di sostituzione, il sostituto deve assumere la sostituzione in un atto libero. Deve dichiararsi disposto a subire la punizione per l'altro. Ma questo non basta. Il giudice deve autorizzare la sostituzione". Perciò, Edith si offre in un atto di ubbidienza per fare la volontà del Padre, rappresentato dalla Priora, come il Figlio. La lettera del 26 marzo e il testamento del 9 giugno seguente, giorno anniversario dell'offerta di sé all'amore misericordioso di Santa Teresa del Bambino Gesù, vanno compresi come un Fiat voluntas tua, concretizzato nell'offrire la sua vita per gli altri.


Infatti, Teresa Benedetta ribadisce, nel suo testamento particolare, questa sua offerta sacerdotale: "Fin d'ora accetto con gioia la morte che Dio mi ha riservato, sottomettdomi pienamente alla sua sacra volontà. Prego il Signore che voglia accettare la mia vita e la mia morte a suo onore e lode, secondo le intenzioni della Chiesa, e affinché il Signore sia accolto dal suo popolo e il suo regno venga con gloria, per la salvezza della Germania e la pace del mondo, infine per i miei cari, vivi e defunti, e per tutti coloro che Dio mi ha affidato: che nessuno di loro si perda".


Nel suo testamento, Teresa Benedetta rinnova questo supremo atto di libertà, accettando con gioia la sua morte, rimettendo la sua vita nelle mani di Dio, adempiendo la sua volontà. È questa la prima sconfitta all'anticristo che, in realtà, non dispone più dell'esistenza della sua vittima come lo pensava. La sua "soluzione finale" altro non è che lo sterminio e l'annientamento. Il dare la vita schernisce quest'apparente sua vittoria, esorciza l'odio che l'ispira, lascia in eredità una testimonianza di amore sommo e di sapienza immensa. Al male violento e distruttore, risponde un amore solidale dell'umanità, dono generoso, seme di perdono e di riconciliazione.
La morte di Edith comunica pure alla morte di sua sorella e di numerosissime altre persone, sparite nel nulla, questa forza di risurrezione. Essa trasforma l'inferno dello sterminio in lode e onore, faccendosi chiesa, cioè "Popolo di Dio" che intercede per tutta l'umanità, ma in modo speciale per il Popolo ebreo e per la Germania. "Andiamo per il nostro Popolo" ha un senso ben universale. Significa "stare davanti a Dio per tutti".


L'intercessione per il Popolo ebreo è perché non perda mai la sua identità e non rinunci mai alla sua missione, cioè di essere il Popolo del Messia e quindi affinché accolga Cristo Signore, e il Popolo-Messia cioè quello chiamato ad assumere una responsabilità particolare nel mondo, anche sostituendosi ad altri popoli. Perché non rifiuti la Croce di Cristo che è perdono e misericordia: "Perdona loro, non sanno cosa fanno".
L'intercessione per la Germania è molto importante: non si tratta semplicemente di patriottismo. In nome della Germania è scatenata la guerra dell'anticristo. La Germania è vittima dei propri figli. Ossia per Edith rimane sempre una domanda che aspetta una risposta, quella riferita dal P. Hirschman "Chi espia il male inferto al popolo ebraico in nome della nazione tedesca? Chi muterà questa colpa orribile in una benedizione per entrambe le stirpi? Solo chi non permetterà a queste piaghe aperte dall'odio di generare altro odio; chi, pur rimanendo vittima di tanto astio, prenderà su di sé il dolore tanto di chi odia che di chi è odiato".


L'offerta di Teresa Benedetta è stata pure fatta a nome dei propri familiari. Lei che in altri momenti invoca l'intercessione della sua madre, accompagna, con speranza teologale, ma vissuta in un'angoscia, la storia di tutti i suoi familiari, dei suoi amici e conoscenti. Così la Sponsa Christi non dimentica nessuno. Anzi riprende alla fine del suo testamento, la sua propria offerta in una invocazione che sintetizza la preghiera sacerdotale di Cristo ed esprime la sua consapevolezza di essere privilegiata perché associata alla redenzione: "Per tutti coloro che Dio mi ha affidato: che nessuno di loro si perda".


Tra il testamento e l'uccisione scorrono più di tre anni durante i quali il "mondo è in fiamme", mentre Teresa Benedetta rimane vigilante con Cristo nel suo Getsemani o in compagnia di Maria ai piedi della Croce: " Contempla il Signore che pende davanti a te sul legno, perché è stato obbediente fino alla morte di croce. Egli venne nel mondo non per fare la sua volontà, ma quella del Padre. Se vuoi essere la sposa del Crocifisso devi rinunciare totalmente alla tua volontà e non avere altra aspirazione che quella di adempiere la volontà di Dio Il Crocifisso ci fissa e ci chiede se siamo ancora decise a mantenere fede a ciò che gli abbiamo promesso in un'ora di grazia. E non ci interroga senza motivo. Oggi più che mai, la Croce è diventata segno di contraddizione. I seguaci dell'anticristo la offendono più gravemente di quanto non abbiano fatto i Persiani quando la rubarono. Oltraggiando il Crocifisso, fanno tutti gli sforzi per strappare la Croce dal cuore dei cristiani e troppo spesso riescono nel loro intento Il mondo è in fiamme: l'incendio potrebbe appiccarsi anche alla nostra casa, ma al di sopra di tutte le fiamme si erge la Croce che non può essere bruciata. La Croce è la via che dalla terra conduce al Cielo. Chi l'abbraccia con fede, amore, speranza viene portato in alto, fino nel seno della Trinità".


Concretamente, la carmelitana di Colonia, oramai a Echt, vive serenamente l'apocalisse, ma prega intensamente. Più la tragedia cresce, più la situazione rimane incerta, più lei prega trasformando l'orazione in un sacrificio espiatorio: "Da quando sono qui il mio sentimento dominante è la gratitudine: gratitudine per essere qui e perché la casa è quella che è. Inoltre ho sempre presente che non abbiamo un posto durevole quaggiù. Non ho altro desideio che si compia la volontà di Dio su di me e atraverso di me. Lui conosce quanto tempo mi lascerà ancora qui e che cosa succederà poi. In manibus tuis sortes meae. Il futuro è in buone mani e non ho di che preoccuparmi. Ma è necessario pregare molto per restare fedeli in ogni circostanza, soprattutto per i molti che devono passare prove ben più ardue delle mie e non sono così ancorati alla eternità. Per questo sono grata a tutti coloro che pregano in questo senso.".
Esther dei tempi apocalittici moderni, Edith cerca la salvezza, non presso il re che imprigiona il suo Popolo ma presso Dio, l'Alleato eterno:
"Se tu lo dici, sì, vado vagando 
"per il mondo, rifugio ad implorare 
"per un popolo, il mio, ch'è senza patria, 
"scacciato e calpestato 
"sempre, ma pure senza mai morire".


Implora per il Popolo che tutto subisce, ma non muore. Edith pensa al "piccolo resto" dal quale rinasce sempre il Popolo dell'Alleanza. Implora perché spera il trionfo divino e soprattutto l'accettazione e l'amore della Croce: non può rimanere "nemico della Croce", perché ne va della salvezza del mondo, del trionfo di Dio sull'anticristo. Edith spera con Esther che "d'Israele le dodici tribù incontrato avranno finalmente e per sempre il Salvatore". Tuttavia, mentre "il mondo è in fiamme, Teresa Benedetta ripete alle carmelitane: Desideri spegnerle? Contempla la Croce: dal Cuore aperto sgorga il sangue del Redentore, sangue capace di spegnere anche le fiamme dell'inferno .. Contempla il Crocifisso: tu sei la sua sposa. Stretta a lui attraverso l'osservanza dei santi voti, il suo preziosissimo Sangue diventa tuo, unita a lui, diventi onnipresente come lo è lui. Non sarai limitata ad aiutare qua o là come medico, infermiera, sacerdote, ma attraverso la potenza della Croce puoi essere presente su tutti i fronti, in tutti i luoghi del dolore, dovunque ti porta la tua compassionevole carità, quella carità che attingi dal Cuore divino e che ti rende capace di spargere ovunque il suo preziossimo Sangue per lenire, salvare, redimere".


Possiamo prolungare ancora per molto tempo questo discorso sulla partecipazione della Sponsa Christi alla Passione del Redentore. Per lei sono giunte in quel 9 agosto 1942 le "nozze dell'Agnello". Ha voluto celebrarle da vera Sposa. Ora, "chi vuole celebrare le nozze dell'Agnello, deve prima lasciarsi inchiodare sulla croce: a questo sono chiamati tutti i segnati con sangue dell'AgnelloCon piena fiducia nella potenza espiatrice di questa sorgente di salvezza, prostriamoci davanti al trono dell'Agnello Attingiamo alle sorgenti della salvezza per noi e per tutto il mondo che muore di sete.".
V- Il profetismo del martirio di Edith Stein

Edith Stein è una donna singolare, una carmelitana prescelta, una santa martire profetica. "Attraverso la sua morte forzata, che lei vede come un atto di obbedienza, Edith Stein testimonia che esiste un'attività al di là di ogni azione, un significato che ognuno di noi ha in se stesso". Edith è martire, innanzittutto, dell'integrità dell'essere umano, e della vericità della sua vita e della verità della sua vocazione, che è la sua relazione con Dio e con gli altri.
Edith è testimone e profeta.


Nel contesto drammatico del 1939, questa offerta di sé stessa quale vittima di espiazione, rivela l'orientamento generale della vita di Edith, figlia di Israele, nata il giorno dello Yom Kippur, fattasi figlia della Chiesa e figlia del Carmelo, predestinata a morire nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau. Essa mette in rilievo la coscienza che aveva della sua missione colei che amava chiamarsi la Sposa di Cristo o la Sposa dell'Agnello. Essa infine ci svela la dimensione cristologica e ecclesiale di un martirio, da molti anni intuito e desiderato, che abbraccia la famiglia, il popolo ebreo, la Germania e il mondo intero. Essa è la sintesi di una vita di "sequela Christi", consegnata nelle mani di Dio e tesa a realizzare la sua redenzione.


La singolarità del martirio di Teresa Benedetta della Croce giace prima di tutto nella sua evidente predestinazione. Abbandonata nelle mani di Dio, come amava ripetere, la Carmelitana di Colonia è convinta che la sua scelta di Cristo era di per sé una scelta della sua Croce. Per via di consequenza, la sua vita andava tutta orientata nello stesso senso: "Ciò che non era nel mio progetto, era nel piano di Dio. E se questo accade ripetutamente, si fa più viva in me la convinzione di fede che per Dio non esiste il caso, che tutta la mia vita è già disegnata nel piano della provvidenza divina fin nei minimi particolari e che è un insieme perfettamente intelligibile agli occhi onniveggenti di Dio. Perciò, fin d'ora attendo con gioia il lume di gloria in cui anche a me sarà svelato questo contesto pieno di significato". Abbandonata nelle mani di Dio non si è lasciata vincere dalla superpotenza del nazionalsocialismo. Ha resistito fino alla fine. L'ultimo scambio di parole con un rappresentante del regime nazista è molto significativo in merito: "Nel campo di concentramento di Westerbork, declinò la sua identità cattolica: "sono cattolica", "non lo sei! Sei una maledetta ebrea!".


Ma la profezia più duratura di questa figlia di Israele divenuta figlia della Chiesa e Sponsa Christi innanzitutto è il suo trionfo sull'assurdità arbitraria di Auschwitz: con Edith Stein Auschwitz non è più la fine della storia, meno ancora l'inizio di una nuova storia, non è lo sterminio della speranza.
Il martirio di Edith Stein rivela una cristologia per dopo-Auschwitz: la pro-esistenza del Figlio, atteggiamento fondamentale di Cristo, il cui paradigma troviamo nell'ultima Cena, che riassume nella sua morte tutta la potenza di vita che egli ha in sé. Esso corrisponde a quello di Dio che non esiste per se stesso. Dopo l'olocausto, la Croce, la radicalizzazione della kenosis dell'Incarnazione, fonda la speranza obbedendo al Padre, Cristo rivela il Dio sim-patico che com-patisce, empatico che è misericordia. Il suo grido è quello della spreranza che tutto punta su Dio. Il grido di Gesù si collega al grido della creazione in San Paolo (Rm 8).


Il martirio di Teresa Benedetta della Croce richiama il valore salvifico della sofferenza di ogni membro del corpo mistico: un valore che deriva dai meriti del Capo. Al professore Peter Wust di Münster, elle parla di una suora che è morta di cancro e ha offerto tutto alle grandi intenzioni odierne: "Sono stato profondamente commossa perché la sofferenza coinvolge gli organi con i quali molti peccati si commettono oggi. Sembra a me come un invito ad una specie di particolare riparazione. Questa vocazione è una grazia straordinaria. Io credo che una tale sofferenza, quando viene accettata con un cuore sincero e portata fino alla fine, è riconosciuta davanti a Dio come un vero martirio".
A questo punto, è l'esistenza stessa di Edith che è una eroicità quotidiana e continua: "In questa vicenda si scorge una peculiare chiamata di Dio, come segno per il mondo ebraico, per gli uomini di buona volontà, per la Chiesa in particolare. Qui c'è il dito di Dio, che, puntato, per così dire, nel battesimo di Edith Stein, è rimasto come costante segnalatore di un cammino da percorrere fino al sacrificio oblativo della vita. Tutto ciò è straordinario, cioè fuori delle risorse della razionalità umana, al di sopra delle possibilità umane; tutto ciò è santo, cioè divino, soprannaturale".
La profezia di Auschwitz è la veracità della sua vita e la verità del suo pensiero. È rarissimo che un pensiero e un vissuto coincidano così a perfezione. Il vissuto di Edith è una dottrina. Il suo insegnamento è vita, verità e via.


All'apocalisse del nazionalsocialismo, Edith oppone "l'oblazione della vitaun atteggiamento di spirito palesemente eroico. Nessuna protesta, nessun chiedersi perché; ma totale accettazione dell'ora di Dio. Ed è proprio questa disposizione oblativa, alimentata per anni con sempre rinnovata dedizione, che - nelle sue condizioni personali e nelle circostanze concrete dell'ora - manifesta il carattere di eroicità" (ib. P. 8). A lei si applicano bene queste parole dell'Apocalisse: "Allora udii una grande voce nel cielo che diceva: "Ora è giunta la salvezza, la potenza e il regno del nostro Dio e la potestà del suo Cristo, poiché è stato gettato giú l'accusatore dei nostri fratelli colui che li accusava davanti al nostro Dio giorno e notte. Ma essi l'hanno vinto per mezzo del sangue dell'Agnello e per mezzo della parola della loro testimonianza; e non hanno amato la loro vita, tanto da esporla alla morte" (Ap 12, 10-11).

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