Il film “Kirikù e la strega Karabà” è
un film d’animazione di Michel Ocelot, uscito nel 1998 con le musiche di
Youssou N’Dour.
Racconta la storia del piccolo
Kirikù nato in un villaggio africano che vive da tempo nel terrore. La perfida
strega Karabà ha divorato tutti gli uomini, pretende dalle donne ori e gioielli
e ha fatto prosciugare la sorgente d'acqua, rendendo difficile il lavoro e la
vita quotidiana. Anche se neonato, Kirikù decide che questo sortilegio deve
finire, lui non ha paura e annuncia di voler partire per sfidare la strega.
Dopo aver superato ostacoli e pericoli, Kirikù arriva finalmente alla Montagna
Proibita. Qui il nonno, conosciuto come il Saggio della Montagna, lo accoglie,
lo elogia per il suo coraggio e quindi gli rivela la verità: Karabà non ha mai
mangiato gli uomini e non è malvagia; fa del male perché soffre, ha una spina
avvelenata nel corpo, che le dà però i poteri di strega. Kirikù decide di
“aiutare” Karabà, riesce ad avvicinarla e a toglierle la spina. Ora Karabà non
soffre più e con i suoi poteri sono spariti anche i suoi sortilegi. Tutto il
villaggio torna a vivere felice, mentre Kirikù e Karabà possono amarsi.
Kirikù è un bambino curioso che chiede sempre perché. Non si
accontenta di risposte vaghe o incomplete e ogni risposta apre una nuova
domanda. Si potrebbe dire che Kirikù rappresenta la ricerca della verità!
Quella ricerca che non si accontenta di risposte preconfezionate e che di
fronte alle risposte vaghe degli adulti, coloro che dovrebbero avere le
risposte o definizioni alle questioni della vita, chiede sempre perché, ricerca
un approfondimento, cerca un’intesa e un dialogo.
La storia di Kirikù non si ferma qui: una volta trovato un
primo perché tanto cercato, una volta scoperta la vera ragione del male Kirikù
non si ferma qui, ad una mera costatazione. Egli decide di aiutare Karabà, di
avvicinarla, di volerle bene e intessere così una relazione basata sull’amore e
non più sull’odio, la violenza, il male.
Alcune citazioni dal
film:
“Il vecchio saggio dice le cose come sono nella realtà, la
strega vuole che crediamo a delle sciocchezze. Più la gente ha paura, più lei è
potente.”
La gente crede che lei abbia mangiato gli uomini, ma è una
diceria e nessuno cerca invece la verità.
Cercare la verità può essere pericoloso (Kirikù rischia di
essere ucciso mentre tenta di raggiungere la Montagna Proibita), ma è solo la
verità che ti fa cambiare, fa cadere le barriere (Kirikù prende coscienza che
deve aiutare Karabà); cercare la verità ti rende anche fragile (Kirikù confessa
al nonno che “a volte sono stanco di essere sempre solo a battermi, e mi sento
piccolo e ho paura” ). E’ più facile credere agli amuleti e alla forza che
“altri” ti possono dare.
Ma il nonno aiuta Kirikù (“mi sono perduto..sono senza
speranza”..) a ritrovare la forza in se stesso: “La tua forza è nell’assenza di
amuleti, nell’innocenza nuda e cruda e nell’intelligenza sempre vigile”.
“Lei vuole tutto il male possibile perché soffre..”. La
presenza della strega impedisce alla vita di crescere, le piante stesse muoiono
al suo passaggio, attorno a lei non ci sono più colori (solo il nero e il rosso
della sofferenza). Ma “il male” più grande che riesce a fare è trasformare gli
uomini in oggetti. E’ la non-relazione: la sofferenza che vive l’ha resa
incapace di “relazioni” e solo l’innocenza di Kirikù, il suo amore gratuito,
riesce a liberarla da questa prigione.
1 commento:
Non pensavo che un semplice cartone animato potesse offrire così tanti spunti di riflessione. Grazie della proposta!
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