lunedì 4 marzo 2013

Padre Lataste

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La vita parla più di mille parole. Vi propongo la storia stupenda di un Domenicano che ha creduto davvero a queste semplici parole che ci fanno strada durante la Quaresima: Misericordia e Conversione.


Jean Joseph Lataste nasce a Cadillac-sur-Garonne (Francia) nel 1832 e viene battezzato col nome di Alcide. Compie gli studi umanistici presso il seminario minore di Bordeaux e il collegio di Pons da dove esce quasi ventenne diplomato. Dopo aver accantonato l’idea di farsi sacerdote conduce una vita normale come molti giovani della sua età.

Lavora come impiegato statale all’ufficio delle imposte e contemporaneamente è impegnato nel servizio caritativo con le Conferenze di San Vincenzo fino alla fondazione di nuove comunità. Pensa già al matrimonio, quando la fidanzata, Cecilia de St Germain muore giovanissima di tifo. A questo lutto fanno seguito, a poca distanza, quello per la morte della sorella suora e quello per l’amata nutrice. Tutto ciò determina in lui una profonda crisi interiore che si risolve con un completo abbandono in Dio che in questa circostanza inizia a manifestargli la chiamata alla vita religiosa e sacerdotale. La sua accurata ricerca della volontà di Dio, sostenuta dal padre spirituale lo fa approdare all’Ordine domenicano che dopo la persecuzione della rivoluzione conosce momenti di grande vitalità.


A 25 anni è quindi novizio nell’antico convento di San Massimino di Marsiglia da poco riscattato dal P. E. D. Lacordaire il grande predicatore di Notre-Dame. Nel 1863 viene ordinato sacerdote e due anni dopo grazie alla fiducia dei confratelli è eletto sottopriore conventuale e maestro dei novizi. A quest’ultima carica rinuncia per potersi dedicare alla fondazione dell’opera delle riabilitate che è ormai diventato lo scopo della sua vita.
Nel 1864, infatti era stato mandato dai suoi superiori a predicare un corso d’Esercizi spirituali in un grande carcere femminile, vicino a Bordeaux (Francia), a Cadillac sur Garonne.

Ad ascoltarlo, c’erano quattrocento donne disperate, ergastolane o semplici carcerate. Donne vittime dell’industrializzazione galoppante, umiliate, al bando, emarginate a vita, che reagivano con suicidi a catena o giornate calde di ribellione. Padre Lataste non credeva tanto a questo apostolato. Se entra nel carcere, il 15 settembre 1864, è solo per obbedienza. Scriverà poi il sentimento di ripulsione, di ribrezzo che ha sentito valicando la porta di questa casa della disperazione. Ma nel suo cuore, albergano due amori: un amore folle per Dio ed un doppio amore per la donna: sia quella pura, innocente, come l’ha ammirata nella sua fidanzata, morta anche prima del fidanzamento ufficiale, sia la donna peccatrice, ma salvata al punto di diventare santa, come l’ha scoperta in Maria Maddalena, co-patrona dell’Ordine, durante il suo noviziato.


Lataste ha preparato accuratamente questo corso di esercizi spirituali. Ce lo dimostrano le sue cartelle. Quando inizia a parlare, si trova davanti tutti i capi chini delle detenute che non vogliono incontrare il suo sguardo, anche se tutte sono state lasciate libere di seguire il corso. Parla loro di Dio, del suo Amore misericordioso che le ha portate in questo luogo «per parlare al loro cuore», paragonando il carcere al deserto del profeta Osea e le carcerate alla fidanzata amata da Dio. Propone ad esse di considerarsi subito, sin d’ora come monache di clausura, le quali fanno presso a poco la stessa vita delle carcerate ma, mentre queste sono nella tristezza, quelle sperimentano la gioia: mentre le une sono onorate, le altre sono disprezzate. Il predicatore invece assicura che Dio non fa differenza tra le une e le altre, perché «pesa le anime solo secondo il peso dell’amore».


E le donne ci credettero. Durante l’ultima notte, fecero l’adorazione del santissimo in soli due gruppi: duecento per la prima metà della notte, le altre duecento in seguito. Padre Lataste, sconvolto, scriverà che il loro raccoglimento avrebbe potuto far ingelosire la più fervente delle comunità di contemplative.
Alcune donne gli confidano il desiderio di consacrarsi totalmente a Dio dopo il carcere, giacché lui ha già proposto loro di vivere fin d’ora la carcerazione come una vocazione religiosa. Ma ciò che ha predicato il domenicano non trova riscontro nella Chiesa. Se é vero che Dio non guarda al passato, che «non serve nulla essere stata virtuosa se non lo si é più e che non ha nessuna importanza di essere stata peccatrice se non lo si é più», nella struttura della Chiesa le persone, troppo spesso, rimangono bollate dal proprio passato. Non era possibile nell’800, per una donna che avesse avuto esperienze di prostituzione, carcere, sesso, di entrare in convento. Al massimo, poteva entrare a far parte di una comunità di «pentite», segnate a vita come ex-peccatrici. Ora Padre Lataste aveva predicato il contrario.


Ma Dio non aveva organizzato un tale successo apostolico per nulla. Voleva creare delle cose nuove. Mentre pregava nella cappella del carcere, il domenicano vide delinearsi nelle grandi linee l’opera che doveva far sorgere: bisognava riunire donne pure, provenienti da una vita cristiana onesta, normale, con altre venute da esperienze difficili di carcere, prostituzione...Riunirle senza che ci sia nessuna differenza né discriminazione tra di loro, perché Dio le ama, le ricerca tutte ugualmente.


Due anni dopo, il 14 agosto 1867, nasceva la prima comunità delle Suore domenicane di Betania. All'interno della comunità, non si conoscerà il passato le une delle altre. Dall'esterno nessuno potrà distinguere chi è la ragazza per bene e chi è la ragazza da poco, ma tutte saranno unite da quell'unico Amore che solo può dare il coraggio di cambiare vita, che solo può far nascere fiori dal letame.
Il 1 giugno 2007 la Congregazione per le Cause dei Santi ha pubblicato il decreto sull’eroicità delle sue virtù e Lataste è stato beatificato il 3 giugno 2012 a Besançon.

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